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Ulteriori disposizioni in materia sanitaria. (15-1-2009)
Calabria
Legge n.1 del 15-1-2009
n.1 del 21-1-2009
Politiche socio sanitarie e culturali
13-3-2009 /
Impugnata
La legge regionale in esame, recante disposizioni in materia sanitaria, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
1) l’art. 7, prevedendo l’inquadramento nei ruoli della dirigenza medica dei medici incaricati nell'emergenza sanitaria, che abbiano maturato cinque anni di attività in regime di convenzione e risultino in servizio alla data di entrata in vigore della legge in esame, protrae l'efficacia della norma transitoria contenuta nell'art. 8, comma 1-bis, del d. lgs. n. 502 del 1992, che ha ormai esaurito i suoi effetti. Così disponendo l'art. 7 della legge regionale in esame si pone pertanto in contrasto con il principio fondamentale in materia di tutela della salute, che emerge dalla disposizione statale richiamata, secondo il quale l’inquadramento dei dirigenti medici è consentito, in deroga al principio del pubblico concorso, solo qualora ricorrano particolari condizioni e riferimenti temporali. La norma statale è pertanto eccezionale e quindi insuscettibile di applicazione estensiva o analogica. Di conseguenza la previsione regionale che opera l’estensione dell’inquadramento a fattispecie non contemplate da tale norma statale eccede dalla competenza concorrente in materia di tutela della salute e viola l’art. 117, terzo comma, Cost.
L'art. 7 della legge in esame, inoltre, prevedendo un inquadramento nei ruoli dei dirigenti medici non consentito dalla legislazione statale, si pone inoltre in contrasto con l'obiettivo di contenimento della spesa di personale di cui all'art. 1, comma 565, della l. n. 296 del 2006, che, essendo principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, costituisce limite alla competenza concorrente riconosciuta alla regione in tale materia dall'art. 117, terzo comma, Cost.
La medesima disposizione regionale contrasta altresì con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione in quanto elude - al di fuori dei casi espressamente contemplati dall’art. 8, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 502/1992 - il principio di eguaglianza dei cittadini ed il principio del concorso pubblico, quale strumento ineludibile di accesso al pubblico impiego, come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale, ed a creare, in ambito nazionale, difformità di applicazione della disposizione statale richiamata.
2) Gli artt. 8 e 9, nel prevedere l’inquadramento in ruolo dei medici titolari, in virtù di convenzione, della ‘continuità assistenziale’ e della ‘Medicina dei Servizi’, che presentino determinati requisiti, eccedono dalle competenze regionali. Tali disposizioni regionali configurano infatti una sostanziale stabilizzazione dei dirigenti medici che non è consentita dalla legislazione statale. In particolare:
- Esse contrastano innanzitutto con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica contenuti nell’art. 3, comma 94, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) e nell’art. 1, comma 558, e commi da 513 a 543 (ai quali il comma 565 fa rinvio), della menzionata l. n. 296 del 2007, che, nel disciplinare la stabilizzazione del personale precario escludono espressamente l’applicabilità delle relative procedure al personale dirigente.
Tali disposizioni regionali eccedono pertanto dalle competenze regionali in materia di coordinamento della finanza pubblica e violano l’art. 117, comma 3, Cost.
- Inoltre tale stabilizzazione del personale dirigenziale contrasta con la necessità che alla dirigenza sanitaria si acceda per concorso pubblico per titoli ed esami, stabilita dall’art. 15 del d.lgs. 502/1992, che costituisce normativa di principio in materia di tutela della salute (ai fini dell’art . 117, comma 3, Cost.) secondo quanto può evincersi anche dall’art. 19, comma 1, della stessa legge, che la qualifica espressamente come tale.
- Esse, in fine, potendo dar luogo ad un trattamento differenziato rispetto al personale precario di altre amministrazioni pubbliche violano altresì i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché il principio del pubblico concorso, di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost. In
particolare, con specifico riferimento al principio del pubblico concorso, la Corte Costituzionale ha recentemente ribadito (sent. n. 81/2006) che “il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l'accesso all'impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possano essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico” (si vedano in argomento anche le sentenze n. 159 del 2005, n. 205 e n. 34 del 2004). Nella medesima pronuncia la Corte ha altresì escluso che tali peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico possano essere ravvisate nella personale aspettativa degli aspiranti, pur già legati da rapporto d’impiego con la Pubblica Amministrazione.
I principi generali enunciati dalla Consulta in materia di pubblico concorso conducono a ritenere che le misure relative alla stabilizzazione del personale precario contenute nelle leggi finanziarie statali debbano considerarsi eccezionali e, in quanto tali, non suscettibili di interpretazione estensiva o analogica che consenta una loro applicazione a fattispecie dalle stesse leggi non contemplate.
Per i motivi esposti le disposizioni regionali censurate debbono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale.
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