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Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del Piemonte. (7-4-2009)
Piemonte
Legge n.11 del 7-4-2009
n.15 del 16-4-2009
Politiche socio sanitarie e culturali
12-6-2009 /
Impugnata
La legge regionale in esame, volta alla tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del Piemonte, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale.
1) L’art. 1, comma 1, che attribuisce al piemontese il valore di “lingua piemontese”, non solo a fini culturali, come già previsto da altre leggi regionali (l. r. Lombardia n. 27/2008, Emilia Romagna n. 45/1994, Veneto n. 8/2007), bensì anche al fine di parificarla alle lingue minoritarie “occitana, franco-provenzale, francese e walser”, e poterle conferire, con gli articoli seguenti, il medesimo tipo di tutela, eccede dalla competenza regionale. Essa viola l’art. 6 Cost. (secondo il quale “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”) nell’attuazione e nell’interpretazione ad esso data rispettivamente dalla l. n. 482/99 e dalla giurisprudenza costituzionale.
In particolare tale norma regionale contrasta con l’art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (“Norme a tutela delle minoranze linguistiche e storiche”) che, “in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione”, stabilisce il numero e il tipo di lingue minoritarie da tutelare, prevedendo che : “ la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo” e non ricomprende quindi tra le lingue ritenute meritevoli di tutela la lingua piemontese.
Essa contrasta inoltre con la giurisprudenza costituzionale, che pone in capo al legislatore statale la titolarità del potere d’individuazione delle lingue minoritarie protette, delle modalità di determinazione degli elementi identificativi di una minoranza linguistica da tutelare, nonché degli istituti che caratterizzano questa tutela.
La Corte Costituzionale, infatti, pronunciatasi recentemente in ordine a tale materia ha affermato, con sentenza n. 159/2009, che “ l’attuazione in via di legislazione ordinaria dell’art. 6 Cost. in tema di tutela delle minoranze linguistiche genera un modello di riparto delle competenze fra Stato e Regioni che non corrisponde alle ben note categorie previste per tutte le altre materie nel Titolo V della seconda parte della Costituzione, sia prima che dopo la riforma costituzionale del 2001. Infatti, il legislatore statale appare titolare di un proprio potere di individuazione delle lingue minoritarie protette, delle modalità di determinazione degli elementi identificativi di una minoranza linguistica da tutelare, nonché degli istituti che caratterizzano questa tutela, frutto di un indefettibile bilanciamento con gli altri legittimi interessi coinvolti ed almeno potenzialmente confliggenti (si pensi a coloro che non parlano o non comprendono la lingua protetta o a coloro che devono subire gli oneri organizzativi conseguenti alle speciali tutele). E ciò al di là della ineludibile tutela della lingua italiana”.
In proposito la Consulta aveva del resto già affermato che il legislatore statale «dispone in realtà di un proprio potere di doveroso apprezzamento in materia, dovendosi necessariamente tener conto delle conseguenze che, per i diritti degli altri soggetti non appartenenti alla minoranza linguistica protetta e sul piano organizzativo dei pubblici poteri – sul piano quindi della stessa operatività concreta della protezione – derivano dalla disciplina speciale dettata in attuazione dell’art. 6 della Costituzione» (sentenza n. 406 del 1999).
Dopo tale importante premessa la Consulta ha ritenuto (nella menzionata sentenza n. 159 del 2009) che la legge n. 482 del 1999 costituisca il quadro di riferimento per la disciplina delle lingue minoritarie e non sia modificabile né da parte delle Regioni ordinarie, né da parte delle Regioni a statuto speciale, salvo che per queste ultime le norme derogatorie alla suddetta disciplina statale siano introdotte, in attuazione di disposizioni statutarie, con le norme di attuazione dello Statuto, e quindi promanino, seppure a seguito di un procedimento di emanazione atipico, dal legislatore statale.
Conseguentemente alla descritta illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, si rivelano incostituzionali le seguenti disposizioni che attribuiscono alla “lingua piemontese” lo stesso tipo di tutela riservato alle lingue minoritarie della legge 482/1999. In particolare:
1)L’articolo 1, comma 3, nella parte in cui rinvia alle procedure delineate dalla l. n. 482/1999 per la delimitazione territoriale dell’ambito di tutela della lingua piemontese, si riferisce ad una lingua esclusa da tutela e contrasta, per tale aspetto, con l’art. 3 di tale legge statale che circoscrive la delimitazione degli ambiti alle sole lingue individuate nell’art. 2 della legge stessa.
2) L’art. 2, comma 2, lett. c), nella parte in cui prevede la facoltà per gli enti locali di introdurre progressivamente accanto alla lingua italiana l’uso della lingua piemontese negli uffici degli enti locali ed in quelli dell’amministrazione regionale presenti sul territorio, viola l’art. 9 della legge 482/1999, che consente tale uso solo alle lingue minoritarie individuate dall’art. 2 della stessa legge.
3) L’articolo 2, comma 2, lett. g), disponendo “l’attuazione di intesa con le emittenti pubbliche di trasmissioni culturali in piemontese”, contrasta con l’art. 12 della legge 482/1999, che consente “convenzioni con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo” per le sole lingue minoritarie ammesse a tutela dall’art. 2 della l. n. 482 del 1999.
4) L’art. 3, comma 5, e l’art. 4, prevedendo rispettivamente il ripristino delle denominazioni storiche dei Comuni e l’apposizione di segnali stradali di localizzazione territoriale che utilizzino idiomi locali in aggiunta alla denominazione in lingua italiana, riconoscono tale forma di tutela anche alla lingua piemontese e contrastano pertanto con l’art. 10 della l. 482/1999, che consente la toponomastica bilingue alle sole lingue e nei soli territori individuati rispettivamente dagli artt. 2 e 3 della l. n. 482/1999.
Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni sopra menzionate debbano essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.
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