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La legge regionale in esame ha come scopo il mantenimento degli obiettivi perequativi fissati dall'articolo 22 della legge regionale n. 25/1996, maturati nel periodo intercorrente dalla emanazione della suddetta legge sino alla sua abrogazione disposta con legge regionale n. 6/2002.
Tale perequazione prevista dalla citata legge regionale n. 25/96, fu attuata dalla Regione con l'emanazione del regolamento regionale n. 2 del 10.5.2001, che ha disposto l'attribuzione di nuove qualifiche, dirigenziali e non dirigenziali, a circa 480 dipendenti regionali, risultati in possesso dei requisiti previsti dallo stesso regolamento. In attuazione di ciò la regione dispose il conseguente reinquadramento nella qualifica dirigenziale di 475 dipendenti regionali, senza concorso attraverso il procedimento di perequazione. Tale regolamento è stato impugnato dinanzi al TAR del Lazio che, con sentenza n. 3108 dell'11/4/2008, ha dichiarato l'illegittimità del regolamento, in quanto la materia formava oggetto di riserva di legge regionale, disponendo l'annullamento conseguente di tutti gli atti impugnati di inquadramento nella qualifica dirigenziale. La regione Lazio non ha proposto appello avverso la citata sentenza ed il Consiglio di Stato con le ordinanze 3925, 3926 e 3921 del 18 luglio 2008 ha respinto le domande cautelari di sospensione della sentenza stessa.
A seguito di ciò, la Regione con il provvedimento in esame, che può essere considerato a tutti gli effetti una "legge di sanatoria", dispone all'articolo 1 che, in considerazione del processo di riorganizzazione delle strutture regionali e al fine di favorire la razionalizzazione degli organici, venga "fatta salva la qualifica o categoria già attribuita al personale alla data di entrata in vigore della presente legge per effetto dell'applicazione dell'articolo 22, comma 8, della legge regionale 1 luglio 1996, n.25…, purchè lo stesso abbia svolto le funzioni o mansioni corrispondenti alla predetta qualifica o categoria, conferite con atto formale ed effettivamente esercitate per almeno un triennio", applicando tale disposizione al personale dei ruoli in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale e facendo salva la posizione economica per il personale in quiescenza.
Tale disposizione, contravvenendo al giudicato, si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione nonché con il principio costituzionale del pubblico concorso, che offre le migliori garanzie di selezione dei più capaci, in funzione dell'efficienza della stessa amministrazione, anche per l'accesso dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni a funzioni più elevate, come confermato dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 159/2005, n. 205/2004, n.39/2004, n. 194/2002, n.1/99).
Per i suesposti motivi, si ritiene che la legge debba essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale.
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