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Norme per l'esercizio delle attività di pescaturismo e ittiturismo. (30-4-2009)
Calabria
Legge n.15 del 30-4-2009
n.5 del 9-5-2009
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA IMPUGNATIVA
Con delibera del consiglio dei Ministri del 26 giugno 2009 è stata impugnata la legge della Regione Calabria n. 15 del 30/04/2009 in materia di pescaturismo e ittiturismo in quanto alcune disposizioni risultavano invasive delle competenze esclusive statali in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e di tutela della concorrenza di cui all'articolo 117, secondo comma , lettere e) ed s), oltre a violare i principi fondamentali in materia di professioni, la cui determinazione, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma Cost. è riservata allo Stato.
In particolare, la norma contenuta nell’art. 3, comma 4, estendeva le semplificazioni amministrative dei procedimenti autorizzativi per l'esercizio delle attività di pescaturismo e ittiturismo di cui al medesimo articolo 3, alle imprese di acquacoltura. Nella nozione di acquacoltura (allevamento di pesci, molluschi, alghe e piante acquatiche), peraltro non definita dalla norma regionale , rientra certamente l’attività di piscicoltura per la quale la normativa nazionale vigente prevede procedure di verifica ambientale. La formulazione della norma regionale in parola, pertanto, assoggettando gli impianti di acquacoltura alle disposizioni dettate per le attività di pescaturismo ed ittiturismo, senza prevedere norme di salvaguardia in materia di VIA, introduceva una deroga non consentita dall’attuale normativa nazionale di riferimento, operando una indebita esclusione degli impianti di acquacoltura dal campo di applicazione della VIA.
Risultava inoltre censurabile la previsione, contenuta nell'articolo 4 e nei collegati articoli 6, comma 1, lettera c) e 8 comma 5, della legge in esame, che subordinava l'esercizio dell'attività di ittiturismo alla iscrizione in un elenco regionale, iscrizione peraltro possibile solo in presenza di un attestato di frequenza con esito positivo di corsi formativi organizzati dalla Regione. Tali norme sono apparse contrare con l’art. 117 comma 3 della Costituzione che riconosce in capo allo Stato e alle Regioni competenza legislativa concorrente in materia di professione, violando il principio fondamentale per cui spetta allo Stato l' individuazione dei titoli necessari per l'esercizio dell'attività professionali e l'istituzione di albi o elenchi, così come affermato da costante giurisprudenza costituzionale, (sent. nn. 153/2006,424/2006, 179/2008 e 222/2008).
La Regione Calabria ha successivamente emanato la legge regionale n.56 del 28/12/2009 recante Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 aprile, n. 15 "Norme per l'esercizio di pesca turismo e ittiturismo", sulla quale il Consiglio dei Ministri del 04 /02/2010 si è espresso in senso favorevole alla non impugnativa.
Con detta legge è stata introdotto il richiamo esplicito alle procedure di verifica ambientale qualora gli impianti di piscicoltura abbiano le caratteristiche per le quali la normativa statale richiede dette verifiche e sono state modificate le disposizioni in meteria di professioni nel senso indicato dal Governo.
Quanto sopra ha determinato quindi il venir meno delle motivazioni oggetto dell 'impugnativa della l.r. n. 15 del 30/04/2009. Si ritiene quindi che sussistano i presupposti per rinunciare al ricorso avanti la Corte Costituzionale.
26-6-2009 /
Impugnata
La legge regionale , che detta una disciplina dell' attività di pescaturismo e ittiturismo, presenta diversi profili di illegittimità costituzionale perché alcune disposizioni risultano invasive delle competenze esclusive statali in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e di tutela della concorrenza di cui all'articolo 117, secondo comma , lettere e) ed s), oltre a violare i principi fondamentali in materia di professioni, la cui determinazione, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma Cost. è riservata allo Stato.
In particolare :
1) La norma contenuta nell’art. 3, comma 4, estende le semplificazioni amministrative dei procedimenti autorizzativi per l'esercizio delle attività di pescaturismo e ittiturismo di cui al medesimo articolo 3, alle imprese di acquacoltura.
Nella nozione di acquacoltura (allevamento di pesci, molluschi, alghe e piante acquatiche), peraltro non definita dalla norma regionale in esame, rientra certamente l’attività di piscicoltura per la quale la normativa nazionale vigente, al punto 1, lettera e), dell’allegato IV alla parte II del D.Lgs. 152/2006 prevede procedure di verifica ambientale per quei progetti che abbiano una superficie complessiva oltre i 5 ettari.
La formulazione della norma regionale in parola, pertanto, assoggettando gli impianti di acquacoltura alle disposizioni dettate per le attività di pescaturismo ed ittiturismo, senza prevedere norme di salvaguardia in materia di VIA, introduce una deroga non consentita dall’attuale normativa nazionale di riferimento, operando una indebita esclusione degli impianti di acquacoltura dal campo di applicazione della VIA.
La norma regionale presenta quindi profili di illegittimità per violazione dell’art.117, comma 2, lett. s) ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
2) Si premette che, nonostante le Regioni abbiano competenza legislativa residuale in materia di “turismo”, così come stabilito dall’art. 117, comma 4 Cost. e confermato da una consolidata giurisprudenza costituzionale (sent. 197/2003 Corte Cost.), il settore delle professioni turistiche ricade nella materia “professioni”, nella quale Stato e Regioni esercitano una competenza legislativa concorrente ex art. 117, comma 3 Cost. Infatti, in presenza della materia concorrente delle professioni e in base alla configurazione ampia che ne è stata data dalla Corte Costituzionale in varie pronunce, risulta inevitabile l’attrazione in siffatta materia anche del settore delle professioni turistiche che è, pertanto, sottratta alla materia residuale del turismo.
Ciò è stato confermato anche dal Consiglio di Stato che, nel parere n. 3165/2003, chiamato a pronunciarsi su alcune disposizioni del DPCM 13/9/2002, concernente il Recepimento dell’accordo fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome sui principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, in attuazione della l. 135/2001, ha affermato che rientrano nella competenza esclusiva statale per l’esigenza di garantire l’uniformità sul territorio nazionale ed in applicazione del principio del “parallelismo invertito” espresso dalla Corte costituzionale nella sent. n. 303/2003, la disciplina e l’accertamento dei requisiti per l’esercizio delle professioni turistiche tradizionali ed emergenti, la loro qualificazione professionale, nonché i criteri uniformi per l’espletamento degli esami di abilitazione all’esercizio delle professioni turistiche. Sulla base di tale parere è intervenuto il DPR 27/4/2004 con il quale è stato disposto il parziale annullamento del DPCM su richiamato adeguandolo a quanto statuito dal Consiglio di Stato.
A fronte di tali premesse è censurabile la previsione, contenuta nell'articolo 4 e nei collegati articoli 6, comma 1, lettera c) e 8 comma 5, della legge in esame, che subordina l'esercizio dell'attività di ittiturismo alla iscrizione in un elenco regionale, iscrizione che risulta possibile solo in presenza di un attestato di frequenza con esito positivo di corsi formativi organizzati dalla Regione.
Tali norme contrastano con l’art. 117 comma 3 della Costituzione che riconosce in capo allo Stato e alle Regioni competenza legislativa concorrente in materia di professione, violando il principio fondamentale per cui spetta allo Stato l' individuazione dei titoli necessari per l'esercizio dell'attività professionali e l'istituzione di albi o elenchi.
Le norme regionali in esame, infatti, procedendo alla istituzione e tenuta di elenchi professionali nonché alla individuazione dei relativi requisiti minimi necessari per accedervi, come affermato da costante giurisprudenza costituzionale, (sent. nn. 153/2006,424/2006, 179/2008 e 222/2008) eccede la competenza regionale in materia, infatti spettano alla competenza statale sia l’istituzione di nuovi albi, sia l’individuazione dei requisiti per l’esercizio delle professioni ed il conseguente rilascio delle autorizzazioni che devono avere validità sull’intero territorio nazionale e non possono essere circoscritte al solo territorio regionale.
Le limitazioni introdotte dagli articoli censurati comportano, dunque, anche una lesione al principio della libera prestazione dei servizi nonché della libera concorrenza la cui tutela rientra nella competenza esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma lettera e) Cost.
Per tali ragioni la legge in esame deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale, ex art. 127 Cost.
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