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Disposizioni a sostegno dei diritti e dell'integrazione dei cittadini stranieri immigrati. (26-5-2009)
Marche
Legge n.13 del 26-5-2009
n.53 del 4-6-2009
Politiche socio sanitarie e culturali
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA IMPUGNATIVA
Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 15 luglio 2009, il Governo ha deliberato l'impugnativa della legge
della Regione Marche n. 13 del 26 giugno 2009, recante "Disposizioni a sostegno dei diritti e dell'integrazione dei cittadini stranieri immigrati".
E' stata sollevata questione di legittimità costituzionale in quanto alcune sue disposizioni, prevedendo (all'art. 2, comma 1, lett. c)) una serie di interventi in favore dei "cittadini stranieri immigrati in attesa della conclusione del procedimento di regolarizzazione", e attribuendo alla Regione (all'art.14 2, comma 1) il ricorso ad ogni strumento riconosciutole dall'ordinamento per evitare la realizzazione nel territorio di centri di identificazione ed espulsione, eccedevano dalla competenza regionale incidendo sulla disciplina dell'ingresso e del soggiorno degli immigrati che, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 50 del 2008, n. 156 del 2006, n. 300 del 2005) è riservata allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, Cost., lett. a) e b).
Successivamente la Regione Marche, con la legge n. 28 del 30 novembre 2009, recante "Modifiche alla legge regionale 26 maggio 2009, n. 13 "Disposizioni a sostegno dei diritti e dell'integrazione dei cittadini stranieri immigrati" ", ha disposto, all'art. 1, l'abrogazione della lettera c) del comma 1 dell'art. 2 della legge regionale n.13/2009 e, all'art. 2, l'abrogazione del comma 1 dell'articolo 14 della legge regionale n. 13/2009, eliminando, pertanto, i motivi di illegittimità costituzionale della legge medesima.
Il Consiglio dei Minsitri, in data 22 gennaio 2009, ha deliberato la non impugnativa della legge regionale n. 28 del 30 novembre 2009.
Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno condotto all'impugnativa della l.r. n. 13/2009, si ritiene che sussistano i presupposti per rinunciare al ricorso.
15-7-2009 /
Impugnata
La legge regionale in esame, recante “Disposizioni a sostegno dei diritti e dell’integrazione dei cittadini stranieri immigrati”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
1. prevede una serie di interventi in favore non solo di cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio regionale, ma rivolti anche, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c), a “cittadini stranieri immigrati in attesa della conclusione del procedimento di regolarizzazione”.
In tal modo la legge regionale adotta una locuzione che non trova alcuna corrispondenza nel d.lgs. n. 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione), facendo riferimento ad una fattispecie non contemplata dalla normativa statale.
Infatti la legislazione statale vigente in materia di immigrazione non consente la regolarizzazione degli immigrati irregolarmente presenti sul territorio italiano, ossia privi di visto d’ingresso (o con visto d’ingresso ormai scaduto) e privi di permesso di soggiorno. Essa inoltre prevede circa i procedimenti di rilascio del nullaosta al lavoro, che il lavoratore straniero deve trovarsi all’estero e che il rapporto di lavoro può essere regolarmente instaurato unicamente quando il cittadino straniero dispone di un visto d’ingresso rilasciato dalla rappresentanza diplomatico-consolare italiana all’estero e di un corrispondente permesso di soggiorno (come previsto dagli artt. 4 e ss. del d.lgs. 286/1998).
Pertanto la legge regionale in esame non può che riferirsi alla condizione giuridica dell’immigrato che, ancora privo di regolare permesso di soggiorno, chiede la regolarizzazione in un eventuale regime di eccezionale “sanatoria”, che potrebbe essere disposta dallo Stato, e risulta pertanto sprovvisto dei documenti necessari affinché la sua presenza sul territorio nazionale possa essere qualificata, ai sensi della normativa statale, come legittima.
In tale ipotesi, la norma citata e tutte le disposizioni ad essa collegate (ad es. artt. 13 e 16, nella parte in cui recano misure a favore degli immigrati irregolari) eccedono dalla competenza regionale, in quanto, disciplinando ed agevolando il soggiorno nel territorio nazionale degli stranieri non ancora regolarizzati, incidono sulla disciplina dell’ingresso e del soggiorno degli immigrati, che, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 50 del 2008, n. 156 del 2006, n. 300 del 2005), è riservata allo Stato, in quanto ricompresa nelle materie “diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea” e “immigrazione”, previste rispettivamente alle lett. a) e b) dell’art. 117, comma 2, Cost.
Dette disposizioni regionali risultano in contrasto in particolare con i principi fondamentali stabiliti in tale materia dal d.lgs. n. 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione), che, agli artt. 4, 5, 10, 11, 13 e 14, sancita l’illegittimità del soggiorno degli immigrati irregolari (alla quale consegue il respingimento, l’espulsione o la detenzione nei centri di identificazione ed espulsione), stabilisce altresì (ad es. agli artt. 19 e 35) alcune specifiche deroghe all’adozione di tali provvedimenti, le quali, costituendo misure eccezionali, devono ritenersi tassative.
Ne consegue pertanto che la legge regionale non può in alcun modo incidere in tale ambito normativo, tantomeno predisponendo interventi volti al riconoscimento o all’estensione di diritti in favore dell’immigrato irregolare o in attesa di regolarizzazione, cioè non può disporre, attraverso regimi di deroga non previsti dalla normativa statale, casi diversi ed ulteriori di non operatività della regola generale della condizione di illegittimità dell’immigrato irregolare.
2. L’art. 14, comma 1, prevedendo che: “la Regione, nell’ambito delle proprie competenze, ricorre ad ogni strumento riconosciutole dall’ordinamento ed esercita ogni facoltà e potere riservatole dalla Costituzione e dalla legge al fine di evitare la realizzazione nel territorio regionale di centri di identificazione ed espulsione o, comunque, di centri di detenzione per migranti, nei quali lo stato di reclusione e la limitazione delle libertà personali siano disposte al di fuori del medesimo quadro di garanzie previsto a tutela dei cittadini italiani”, eccede dalle competenze regionali ed incide nella materia “condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea” e “immigrazione”, riservate alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, comma 2, lett. a) e b), Cost.
La disposizione in esame, infatti, affermando che la Regione non è disponibile ad accogliere sul proprio territorio i centri di identificazione ed espulsione degli stranieri extracomunitari immigrati, interferisce con le attività di controllo dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri sul territorio statale, che la Costituzione, come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 300 del 2005 e n. 156 del 2006), assegna in via esclusiva alla competenza statale.
Più in particolare la disposizione regionale in esame contrasta con l'art. 14 del d. lgs. n. 286 del 1998 ( Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), modificato dall'art. 9 del d.l. n. 92 del 2008, convertito in legge n. 125 del 2008, che attribuisce al Ministro dell'interno - che vi provvede con decreto, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - l'individuazione e la costituzione dei centri di identificazione e di espulsione degli stranieri nei quali lo straniero è trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità.
La disposizione regionale in esame rende pertanto inattuabile la normativa statale che prevede l'esistenza di tali centri per regolare la fase preliminare dell’immigrazione con l'ulteriore conseguenza che se tutte le Regioni adottassero un’analoga disposizione, lo Stato vedrebbe svuotate le proprie possibilità di intervento e vedrebbe sottratto al proprio controllo l’intero territorio nazionale.
Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni regionali sopra menzionate e le altre norme ad essa collegate debbano essere impugnate dinanzi la Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.
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