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Norme per l'accoglienza, l'integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana. (9-6-2009)
Toscana
Legge n.29 del 9-6-2009
n.19 del 15-6-2009
Politiche socio sanitarie e culturali
15-7-2009 /
Impugnata
La legge regionale in oggetto, recante “Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana”, contiene alcune disposizioni, preannunciate dal comma 2 dell’art. 2, che prevedono specifici interventi in favore di cittadini stranieri immigrati privi di regolare permesso di soggiorno, ed eccede in tal modo dalla competenza regionale.
Tali disposizioni, infatti, disciplinando ed agevolando il soggiorno degli stranieri che dimorano irregolarmente nel territorio nazionale, incidono sulla disciplina dell’ingresso e del soggiorno degli immigrati che, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 50 del 2008, n. 156 del 2006, n. 300 del 2005), è riservata allo Stato, in quanto ricompresa nelle materie “diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea” e “immigrazione”, previste rispettivamente alle lett. a) e b) dell’art. 117, comma 2, Cost.
Dette disposizioni regionali contrastano in particolare con i principi fondamentali stabiliti in tale materia dal d. lgs. n. 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione), che, agli artt. 4, 5, 10, 11, 13 e 14, sancita l’illegittimità del soggiorno degli immigrati irregolari (alla quale consegue il respingimento, l’espulsione o la detenzione nei centri di identificazione ed espulsione), stabilisce altresì (ad es. all’art. 19 e 35) alcune specifiche deroghe all’adozione di tali provvedimenti, le quali, costituendo misure eccezionali, devono ritenersi tassative.
Ne consegue pertanto che la legge regionale non può in alcun modo incidere in tale ambito normativo, tantomeno predisponendo interventi volti al riconoscimento o all’estensione di diritti in favore dell’immigrato irregolare o in attesa di regolarizzazione, cioè non può disporre, attraverso regimi di deroga non previsti dalla normativa statale, casi diversi ed ulteriori di non operatività della regola generale della condizione di illegittimità dell’immigrato irregolare.
1. In particolare, la legge regionale presenta i profili di illegittimità costituzionale sopra evidenziati con riferimento alle seguenti norme:
a) L’art. 2, comma 4, disponendo che “gli interventi previsti dalla presente legge sono estesi anche a cittadini neocomunitari compatibilmente con le previsioni normative vigenti, fatte salve norme più favorevoli”, stabilisce una misura nei confronti dei cittadini comunitari che era già contenuta nel testo unico sull’immigrazione, e che è stata abrogata dall’articolo 37, comma 2, del d.l. 112/2008 convertito in legge 133/2008. Così disponendo l’art. 2 della legge in esame pertanto viola, oltre ai principi costituzionali sopra enunciati, anche la competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, comma 2, lett. a), in materia di rapporti dello Stato con l’Unione europea.
b) L’art. 6, comma 35, nel prevedere “interventi socio assistenziali urgenti ed indifferibili” in favore di “tutte le persone dimoranti nel territorio regionale, anche se prive di titolo di soggiorno”, comporta il riconoscimento allo straniero irregolarmente presente sul territorio italiano di una serie di prestazioni non esattamente individuate, rimettendo alla Regione la fissazione dei richiamati criteri di urgenza ed indifferibilità e, quindi, del contenuto stesso di quelle prestazioni.
Ciò trova conferma anche nel rinvio, per le concrete modalità di erogazione dei servizi socio-assistenziali, al piano di indirizzo per le politiche sull’immigrazione, di cui al precedente art. 5, predisposto annualmente dalla Giunta regionale ed approvato dal Consiglio. Si tratta di uno strumento frutto di unilaterale elaborazione da parte della Regione, che prescinde da qualsiasi forma di raccordo con lo Stato, e dal contenuto non fisso, ma variabile di anno in anno, di per sé inadeguato, dunque, a scongiurare i concreti rischi di “invadenza” delle competenze statali.
In tal modo, la norma, introducendo una disciplina specifica, volta ad instaurare un sistema socio-assistenziale parallelo per i cittadini stranieri irregolari, eccede dalla competenza legislativa regionale e si pone in contrasto con la normativa statale. Infatti, l’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998 dispone che “Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate” unicamente “le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali (…) per malattia ed infortunio”. Inoltre, l’art. 41 del medesimo decreto legislativo prevede, ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, l’equiparazione ai cittadini italiani solo con riferimento agli “stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché ai minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno”.
c) L’art. 6, comma 51, stabilendo che “La rete regionale di sportelli informativi supporta i comuni nella sperimentazione, avvio ed esercizio delle funzioni relative al rilascio dei titoli di soggiorno”, non si limita ad assicurare un supporto nell’informazione relativamente agli adempimenti per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, ma prevede l’estensione della rete regionale in merito a funzioni che la legge statale non attribuisce ai comuni.
La norma, pertanto, appare in contrasto con l’art. 5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286/1998, che attribuisce le funzioni di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno alle Questure.
d) L’art. 6, comma 55, lett. d), garantendo “l’iscrizione al servizio sanitario regionale per i soggetti di cui all’art. 2, comma 3” (cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo, status di rifugiato, protezione sussidiaria o ragioni umanitarie), “nella fase di ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego del riconoscimento dei relativi status”, incide in un ambito – quello della posizione, in relazione all’assistenza sanitaria, dei soggetti menzionati – integralmente di competenza statale, senza peraltro alcun richiamo o rinvio alla normativa statale di riferimento, eccedendo, pertanto, dalla competenza legislativa regionale. Al riguardo si ricorda che la disciplina nazionale di riferimento è dettata dal d.lgs. 251/2007, recante “norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta” e dal d.lgs. 25/2008, così come modificato dal d.lgs. 159/2008, recante “Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”. In particolare l’art. 10 del d.lgs. 25/2008 rimanda ad un regolamento statale per la definizione delle prestazioni sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle.
2. Ulteriori profili di illegittimità costituzionale, inoltre, sono riscontrabili con riferimento all’art. 6, comma 11, in base al quale “la Regione promuove intese e azioni congiunte con le istituzioni europee e le agenzie delle Nazioni Unite competenti nella materia delle migrazioni”, ed all’art. 6, comma 43, ai sensi del quale “La Regione, in conformità alla legislazione statale, promuove intese volte a facilitare l’ingresso in Italia di cittadini stranieri per la frequenza di corsi di formazione professionale o tirocini formativi”, disposizioni che si pongono entrambe in contrasto con l’art. 6, commi 2 e 3, della legge n. 131 del 2003. Tale norma statale, infatti, nel disciplinare l’attività internazionale delle Regioni, per un verso, non include gli organismi internazionali tra i soggetti con cui esse possono instaurare rapporti, e per altro verso, limita il ruolo della Regione in ambito internazionale alle sole materie di propria competenza, tra le quali non rientrano le politiche migratorie. Così disponendo, le norme regionali violano pertanto l’art. 117, comma 9, Cost. (di cui la normativa statale richiamata è attuativa), ai sensi del quale “Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato”, ed inoltre incidono sui flussi migratori, invadendo le competenze statali in materia di immigrazione, sopra più volte richiamate.
Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni regionali sopra menzionate debbano essere impugnate dinanzi la Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.
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