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Attività estrattive nel territorio della Regione Calabria. (5-11-2009)
Calabria
Legge n.40 del 5-11-2009
n.20 del 10-11-2009
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA IMPUGNATIVA
Nella riunione del Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 2009, il Governo ha deliberato l' impugnativa della legge della regione Calabria n. 40 del 5 novembre 2009, recante: " Attività estrattive nel territorio della Regione Calabria"
Il Governo aveva rilevato, relativamente alla disposizione riguardante la classificazione mineraria - art. 2 - che la prevista esclusione dei materiali e le sostanze “provenienti da riutilizzazioni dei materiali lapidei di demolizione o di risulta o di lavori edili stradali, in conformità con quanto previsto dalle norme di tutela ambientale” dal regime dei rifiuti avesse come conseguenza quella di restringere indebitamente il campo di applicazione della disciplina dei rifiuti, in contrasto con la vigente normativa comunitarie e nazionale di settore e quindi in violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione nonché dell' art. 117, co. 2, lett s),cost per il quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia d i«tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».
Successivamente, la Regione Calabria, con legge n. 53 del 28 dicembre 2010, ha abrogato la disposizione oggetto di censura eliminando, quindi, i motivi di illegittimità costituzionale.
Il Consiglio dei Ministri, in data 4 febbraio 2010, ha deliberato la non impugnativa della legge regionale n. 53 del 28 dicembre 2009.
Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno condotto all'impugnativa della l.r. n. 40/2009, si ritiene che sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso.
17-12-2009 /
Impugnata
La legge, che detta la disciplina regionale delle attività estrattive è censurabile relativamente alla disposizione contenuta nell’articolo 2, comma 3, lettera c).
Tale norma afferma che appartengono alla categorie delle cave anche i materiali e le sostanze “provenienti da riutilizzazioni dei materiali lapidei di demolizione o di risulta o di lavori edili stradali, in conformità con quanto previsto dalle norme di tutela ambientale” , esclude detti materiali aprioristicamente e genericamente dal regime dei rifiuti ed ha come conseguenza quella di restringere indebitamente il campo di applicazione della disciplina dei rifiuti. Così facendo, contrasta la vigente normativa nazionale di settore ed in particolare con la definizione di “rifiuto”, così come stabilita, in ambito nazionale, dalla Parte IV del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed , in ambito comunitario, dalla Direttiva 2006/12/CE.
Si precisa che l’oggetto e la sfera di applicazione della Parte IV del Dlgs 152/06 e delle altre disposizioni specifiche, complementari, particolari e speciali è individuato dalla definizione di “rifiuto” congiuntamente alla disposizione che prevede i limiti di applicazione della stessa.
In tal senso, l’articolo 183, comma 1, lettera a), del Dlgs 152/06 definisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie di cui all’allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Mentre l’art. 185 del Dlgs 152/06, rubricato “Limiti al campo di applicazione”, precisa le categorie di rifiuti esclusi da campo di applicazione della Parte IV e le relative condizioni di esclusione. Tale ultima norma non comprende i materiali in questione ed avendo essa natura eccezionale non può essere applicata oltre i casi considerati.
Secondo tali definizioni, risulta evidente che i suddetti materiali rientrano nella definizione di rifiuto (Codice CER 17). Né può considerarsi sufficiente a sottrarre detti materiali dalla disciplina in materia di rifiuti la “riutilizzazione” degli stessi.
Si ricorda che la Corte di Giustizia europea - in merito all’applicazione della definizione di rifiuto recata dell’art.1, paragrafo 1, lettera a) della Direttiva 12/2006/CE - ha più volte ribadito che la sfera di applicazione della vigente Direttiva 12/2006/CE in materia di rifiuti è determinata congiuntamente dalla definizione di rifiuto e dall’art. 2, paragrafo 1, della stessa direttiva, che indica quali tipi di rifiuti sono o possono essere esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva. Inoltre la Corte ha precisato che la sfera di applicazione non può essere limitata dalle norme nazionali mediante disposizioni che traviserebbero necessariamente l’ambito di applicazione della direttiva stessa e che “sono le circostanze specifiche a fare di un materiale un rifiuto o meno e che pertanto le autorità competenti devono decidere caso per caso” .
Quanto sopra affermato è stato anche ribadito dalla Commissione Europea nella “Comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti” (Bruxelles, 21.2.2007 COM(2007) 59) destinata al Parlamento ed al Consiglio Europeo. Nella citata Comunicazione la Commissione ha infatti chiarito che non esiste “una distinzione netta tra i materiali e rifiuti ” e che “per applicare la normativa sui rifiuti occorre tracciare caso per caso , una linea chiara tra le due situazioni giuridiche stabilendo se il materiale di cui si tratta costituisce rifiuto o meno”.
Per le ragioni sopra esposte si ritiene che far rientrare nella categoria delle “cave” i materiali “lapidei di demolizioni o di risulta o di lavori edili stradali”, così come prospettato dalla legge regionale in esame, significa escluderli automaticamente dalla categoria dei rifiuti in maniera non coerente con la normativa nazionale e comunitaria sui rifiuti.
Tale articolo, pertanto, viola il vincolo del rispetto comunitario - derivante dall'art. 117, primo comma, della Costituzione – rappresentato nella materia dei rifiuti dalla Direttiva 2006/12/CE e dai principi generali stabiliti dalla Corte di giustizia europea in ordine alla definizione di "rifiuto".
Infine, l’interpretazione restrittiva della definizione di rifiuto, oltre a contrastare con il principio di precauzione, favorisce il rischio di una gestione incontrollata dei rifiuti con gravi conseguenze per la salute e per l’ambiente.
Soltanto a seguito di un esame caso per caso e qualora sussistano le condizioni ed i requisiti stabiliti dall’art. 183, comma 1, lett. p) del Dlgs 152/06, tali materiali potrebbero essere tutt’al più essere considerati sottoprodotti.
Diversamente, i materiali e le sostanze in questione dovranno essere qualificati rifiuti ed assoggettati al regime giuridico dei rifiuti, cosa, questa, che non esclude la possibilità che gli stessi siano utilizzati in attività di recupero autorizzate, come, ad esempio, quelle previste dal DM 5 febbraio 1998 – Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi.
Conclusivamente, la norma regionale in oggetto, dettando disposizioni difformi dalla normativa nazionale di riferimento afferente alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, co. 2, lett s), per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, presenta profili di illegittimità costituzionale
Per questo motivo la legge deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
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