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Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2022 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali. (27-5-2022)
Veneto
Legge n.12 del 27-5-2022
n.65 del 27-5-2022
Politiche socio sanitarie e culturali
21-7-2022 /
Impugnata
La legge della regione Veneto 27/05/2022, n. 12 – “Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2022 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali” - presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’articolo 12, comma 2, e all’articolo 21, commi 1, 2, 3.
L’articolo 12, comma 2 della legge della regione Veneto n. 12 del 2022 modifica l'allegato alla legge regionale 28 dicembre 2018, n. 48, "Piano socio sanitario regionale 2019-2023"; precisamente, inserisce un paragrafo rubricato "Incremento del massimale di scelte degli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici in formazione specifica in medicina generale" al Capitolo XIII della seconda parte del citato Allegato del seguente tenore:
"In relazione alla contingente carenza di medici di medicina generale, aggravata dagli effetti della recente emergenza epidemiologica da COVID-19 al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e di scongiurare la possibilità di interruzioni di pubblico servizio nell'assistenza territoriale, le aziende del servizio sanitario regionale possono prevedere nelle convenzioni concernenti gli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale un massimale di scelte fino ad un massimo di 1.000 assistiti per il primo anno, e di 1.200 assistiti per gli anni successivi al primo. Le ore di incarico di assistenza primaria risultanti dalla convenzione sottoscritta dal medico iscritto al corso di formazione specifica in medicina generale con l'azienda saranno computabili quali attività pratiche del corso".
Al riguardo, si fa rappresenta che la possibilità così riconosciuta dalla disposizione regionale ai medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale di assumere gli incarichi ivi previsti costituisce una deroga ai principi generali che prevedono, invece, l'incompatibilità del corso di formazione con lo svolgimento di attività lavorative.
Attualmente la normativa statale prevede due sole distinte fattispecie di deroga al predetto principio generale.
Nel dettaglio, il riferimento va all'art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della 24 aprile 2020, n. 27, che ha previsto:
"1. Per la durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, come stabilita dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, ai medici iscritti al corso di formazione in medicina generale è consentita l'instaurazione di un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale. Le ore di attività svolte dai suddetti medici devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo, previsto dall'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368.
2. Per la durata dell'emergenza epidemiologica da CO VID-19, come stabilita dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione o ai corsi di formazione specifica in medicina generale possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed essere iscritti negli elenchi della guardia medica e della guardia medica turistica e occupati fino alla fine della durata dello stato di emergenza. Le ore di attività svolte dai suddetti medici devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo previsto dall'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368. In caso di assunzione di incarico provvisorio che comporti l'assegnazione di un numero di assistiti superiore a 800, l'erogazione della borsa di studio è sospesa. Il periodo di attività, svolto dai medici specializzandi esclusivamente durante lo stato di emergenza, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione. Le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti".
Le previsioni dei commi appena riportati sono state prorogate dall'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15.
Il riferimento va, inoltre, all'art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018, così come modificato dal dall'art. 12, comma 3-bis, lett. a), del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, che, al fine di far fronte alla carenza registrata sul territorio nazionale, prevede quanto segue:
"Fino al 31 dicembre 2024, in relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. La loro assegnazione è in ogni caso subordinata rispetto a quella dei medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale, in forza di altra disposizione. Resta fermo, per l'assegnazione degli incarichi per l'emergenza sanitaria territoriale, il requisito del possesso dell'attestato d'idoneità all'esercizio dell'emergenza sanitaria territoriale. Il mancato conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale entro il termine previsto dal corso di rispettiva frequenza fatti salvi i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale e la decadenza dall'eventuale incarico assegnato".
Il successivo comma 2 precisa che "Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, prevedono la limitazione del massimale degli assistiti in carico fino a 1.000 assistiti, anche con il supporto dei tutori di cui all'articolo 27 del medesimo decreto legislativo n. 368 del 1999, o del monte ore settimanale e possono organizzare i corsi anche a tempo parziale, garantendo in ogni caso che l'articolazione oraria e l'organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale. Le ore di attività svolte dai medici assegnatari degli incarichi ai sensi del compia I devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo previsto dall'articolo 26, comma 1, del citato decreto legislativo n. 368 del 1999".
Le citate disposizioni statali hanno carattere speciale ed eccezionale, essendo ancorate a una situazione contingente e temporanea quale è la carenza dei medici di medicina generale registrata, in particolare, durante la pandemia da Covid-19. Le stesse disposizioni non sono quindi suscettibili di applicazione estensiva; esse indicano in modo puntuale e circostanziato i presupposti in presenza dei quali è consentito ai medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale di assumere, rispettivamente, "incarichi temporanei" così come definiti nell'ambito dell'ACM di settore (art. 9, D.L. n. 135/2018), che si trasformano in incarichi a tempo indeterminato a decorrere dalla data di conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale e in incarichi a tempo determinato, "incarichi provvisori o di sostituzioni" (art. 2-quinquies - D.L. n. 8/2020), che il medico ricopre limitatamente al periodo di assenza del titolare.
Allo scopo di non pregiudicare l'attività formativa del medico in formazione, peraltro, il legislatore statale, nell'ipotesi di incarichi temporanei ex art. 9, del decreto-legge n. 135/2018, ha previsto un limite di assistiti (1000); per l'ipotesi in cui l'incarico provvisorio comporti l'assegnazione di un numero di assistiti superiore a 800, è, comunque, prevista la sospensione della borsa di studio.
Ciò posto, le disposizioni introdotte dalla regione Veneto, nel disciplinare gli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale prevedono un massimale di scelte fino a 1.000 assistiti per il primo anno, e di 1.200 assistiti per gli anni successivi al primo, in tal modo discostandosi dalle disposizioni di cui al citato art. 9 e quindi in violazione di principi fondamentali dettati dal legislatore statale nelle materie concorrenti della "tutela della salute" e delle "professioni, ingenerando il rischio dell'erogazione di prestazioni sanitarie di livello non adeguato e incidendo sul percorso formativo del medico, con profili di criticità in relazione all'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza (articolo 3, Cost.), che richiede di garantire l'uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti di cui trattasi.
Pertanto, l’articolo 12, comma 2 della legge della regione Veneto n. 12 del 2022, si pone in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione e con i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nelle materie concorrenti della "tutela della salute" e delle "professioni" di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, con riferimento all’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, come modificato dall'articolo 12, comma 3-bis, lett. a), del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, all’articolo 2-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ed all’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo17 agosto 1999 n. 368.
L’articolo 21, comma 1, della legge della regione Veneto n. 12 del 2022 prevede che "Al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito del sistema di emergenza-urgenza, il comma 1 dell'articolo 23 della legge regionale 24 gennaio 2020, n. I "Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2019 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali" è prorogato fino al 31 gennaio 2024. Il servizio previsto dal comma medesimo, comprovato da contratti a tempo determinato, da contratti di collaborazione coordinata e continuativa, da rapporti in convenzione o da altre forme di rapporto di lavoro flessibile, ovvero le attività documentate da un numero di ore equivalente ad almeno quattro anni di servizio del personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, possono essere maturati fino al 30 giugno 2022 e nei quindici anni precedenti presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale".
Il richiamato articolo 23, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2020 a sua volta stabilisce che: "1. Al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito del sistema di emergenza-urgenza, il personale medico del servizio sanitario regionale che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia maturato, negli ultimi dieci anni, almeno quattro anni di servizio, anche non continuativo, comprovato da contratti a tempo determinato, da contratti di collaborazione coordinata e continuativa o da altre forme di rapporto di lavoro flessibile, ovvero un documentato numero di ore di attività equivalente ad almeno quattro anni di servizio del personale medico del servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del servizio sanitario regionale, accede alle procedure concorsuali indette dagli enti del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre 2021, per la disciplina di 'Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza', ancorché non sia in possesso di alcuna specializzazione. 2. Una volta assunti, i medici accedono in soprannumero alla scuola di specializzazione in medicina d'emergenza-urgenza, sulla base di specifici protocolli d'intesa tra Regione e Università ove ha sede la scuola di specializzazione per la disciplina del numero di posti attivabili, delle modalità di frequenza al corso di specializzazione, dello svolgimento presso l'università delle attività teoriche e presso l'Azienda di appartenenza delle attività pratiche e di tirocinio".
Il combinato disposto delle citate disposizioni regionali non risulta in linea con le regole che governano il pubblico concorso per l'accesso alla dirigenza sanitaria come dettate dall'art. 15, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992 in cui è stabilito che "alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 ivi compresa la possibilità di accesso con una specializzazione in disciplina affine.... (omissis..)..".
Più in particolare l'art. 24 del D.P.R. n. 483 del 1997, nell'individuare appositi requisiti di ammissione al concorso per titoli ed esami per il primo livello dirigenziale medico, precisa che "i requisiti specifici di ammissione al concorso sono i seguenti:
a) laurea in medicina e chirurgia;
b) specializzazione nella disciplina oggetto del concorso;
c) iscrizione all'albo dell'ordine dei medici-chirurghi, attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto a quella di scadenza del bando".
Al riguardo, pur comprendendo che le norme regionali proposte hanno il precipuo obiettivo di fronteggiare la nota carenza di personale medico nei servizi di emergenza urgenza, non si può non evidenziare come le stesse, laddove prevedono procedure concorsuali per il reclutamento di dirigenti medici che prescindono dalla verifica del possesso del requisito della specializzazione, incidono sulle condizioni volte ad assicurare oltreché il buon andamento dell'amministrazione, anche la qualità dell'attività assistenziale erogata (in tal senso, Corte Cost., sent. n. 181/2006), nei servizi di emergenza-urgenza.
Rileva, infatti, in tale prospettiva la stretta inerenza che tutte le norme de quibus presentano con l'organizzazione del servizio sanitario regionale e, in definitiva, con le condizioni per la fruizione delle prestazioni rese all'utenza, essendo queste ultime condizionate, sotto molteplici aspetti, dalla capacità, dalla professionalità e dall'impegno di tutti i sanitari addetti ai servizi.
Al riguardo, si richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 38 del 2020, con la quale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., l'art. 135 della legge regionale Piemonte n. 19 del 2018, che consentiva al personale medico, in servizio presso le strutture del sistema di emergenza-urgenza territoriale 118 delle aziende sanitarie regionali e con un'anzianità lavorativa di almeno tre anni, ma privo dell'attestato di formazione in medicina generale, di accedere alle procedure di assegnazione degli incarichi convenzionali a tempo indeterminato nell'emergenza sanitaria territoriale.
Nello specifico, la Corte costituzionale, in quell'occasione ha ritenuto che l'art. 21 del d.lgs. n. 368 del 1999 - in base al quale per l'esercizio dell'attività di medico chirurgo di medicina generale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN) è necessario il possesso del diploma di formazione specifica in medicina generale - venisse in rilievo quale principio fondamentale della legislazione statale in materia, considerata l'importanza che la formazione del medico assume ai fini dello svolgimento delle relative funzioni.
A parere della Consulta, la norma impugnata dal Governo in quell'occasione, sebbene si prestasse ad incidere su una pluralità di materie, andava ascritta, per la sua stretta inerenza con l'organizzazione del Servizio sanitario regionale, con prevalenza a quella della "tutela della salute", in cui spetta allo Stato la fissazione dei principi fondamentali.
Le criticità evidenziate riguardo alla norma regionale in esame, che proroga di ulteriori tre anni la possibilità di indire procedure concorsuali per assumere medici senza specializzazione, destinati a prestare servizio negli enti del servizio sanitario regionale anche a tempo indeterminato e quindi in maniera stabile, risultano aggravate dalla circostanza che la proroga in questione è accompagnata dalla contestuale abrogazione - ad opera dell'articolo 21, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2022 - del comma 2 dell'articolo 23 della legge n. 1 del 2020, del seguente tenore: "2. Una volta assunti, i medici accedono in soprannumero alla scuola di specializzazione in medicina d'emergenza-urgenza, stilla base di specifici protocolli d'intesa tra Regione e Università ove ha sede la scuola di specializzazione per la disciplina del numero di posti attivabili, delle modalità di frequenza al corso di specializzazione, dello svolgimento presso l'Università delle attività teoriche e presso l'Azienda di appartenenza delle attività pratiche e di tirocinio".
Il mantenimento di tale previsione avrebbe consentito di attenuare gli effetti della portata derogatoria della disposizione in esame, assicurando comunque il contestuale avvio del necessario percorso formativo attraverso l'immediato accesso in sovrannumero al corso di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza.
Pertanto, il comma 1 dell’articolo 21 della legge della regione Veneto n. 12 del 2022, si pone in contrasto con le disposizioni legislative vigenti che statuiscono quale requisito specifico per l’accesso ai ruoli del SSN il possesso della specializzazione nella disciplina di "Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza”, con riferimento a quanto disposto dall'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e dall'art. 24 del D.P.R. n. 483 del 1997, in contrasto conseguentemente con il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, l’articolo 117, comma 2, lett. l) della Costituzione, sulla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, nonché con i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia concorrente della "tutela della salute" di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
L’art. 21, comma 3, della legge della regione Veneto n. 12 del 2022 prevede che, per il triennio 2022-2024, i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione, fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 "Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE.", possono prestare, al di fuori dell'orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l'assolvimento degli obblighi formativi, attività di supporto presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario regionale tramite contratti libero professionali o di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile. Tale disposizione regionale introduce una deroga al regime delle incompatibilità previste per il medico in formazione specialistica, consentendo allo specializzando di poter prestare, in aggiunta all’attività formativa di medico in formazione specialistica prevista a tempo pieno, ulteriori attività di supporto ai servizi di emergenza urgenza che si pongono – per quanto la disposizione intenda far salve le disposizioni del decreto legislativo n. 368 del 1999 - in contrasto con la disciplina prevista dall’articolo 40 del medesimo decreto legislativo n. 368 del 1999. La previsione del comma 3 dell’art. 21 della legge della regione Veneto n. 12 del 2022 determina delle disparità di trattamento nella platea dei medici, delineando – in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo 21 – un canale di accesso alla professione, che prescindendo dal possesso della specializzazione medica, risulta irragionevolmente diverso da quello previsto su tutto il territorio nazionale, con una deroga, limitata al territorio veneto, del principio generale di esclusività della specializzazione stabilito dalla legge dello Stato: ciò in violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione.
E’ da considerare ancora che le disposizioni regionali intervengono a disciplinare una materia di diretta derivazione europea, con incidenza quindi anche sulla sfera di competenza esclusiva dello Stato.
Pertanto, l’articolo 21, comma 3, della legge della regione Veneto n. 12 del 2022, con riferimento a quanto disposto dall’articolo 40 del decreto legislativo 17 agosto 1999 n. 368, si pone in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, con l’articolo 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, sulla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, nonchè con i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia concorrente della "tutela della salute" di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione,
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