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La legge regionale in esame, riguardante la “disciplina dell’apprendistato”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
1) L’art. 6, comma 4, e l’ art. 29, comma 1 e 2 e 3, nel disciplinare la formazione professionale, contengono alcune disposizioni che, regolando la formazione interna alle aziende, eccedono la competenza regionale in materia di “istruzione e formazione professionale”, e violano la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile”, di cui all’art. 117, comma 2, lett. l), Cost.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, infatti, “la formazione da impartire all’interno delle aziende attiene precipuamente all’ordinamento civile, mentre la disciplina di quella esterna rientra nella competenza regionale” (sent. 425/2006). Più precisamente, la competenza esclusiva regionale riguarda l’istruzione e la formazione professionale pubbliche, che possono essere impartite negli istituti scolastici a ciò destinati, o mediante strutture proprie, o ancora in organismi privati con cui sono stipulati accordi, mentre non vi è ricompresa la disciplina dell’istruzione e della formazione professionale che i privati datori di lavoro somministrano in ambito aziendale ai propri dipendenti (Corte Cost. sent. n. 50/2005).
In particolare, l’art. 6, comma 4, lett. b), e l’art. 29, comma 1 e 2 e 3 che fissano l’ambito definitorio della capacità formativa interna dell’impresa, sancendone al contempo precisi requisiti ritenuti necessari per l’erogazione della formazione formale all’interno della struttura, si pongono rispettivamente in contrasto con l’art. 48, comma 4, lett. c) e con l’art. 49, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 276/2003, in base ai quali la valutazione della capacità formativa delle aziende è rimessa alla contrattazione collettiva.
2) L’art. 25, comma 1, che riserva l’attività di formazione correlata all’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione ai giovani che abbiano compiuto i quindici anni di età, eccede dalle competenze regionali e viola le norme generali e i principi fondamentali in materia di istruzione, di cui agli artt. 117, secondo comma, lett. n), e 117, terzo comma, Cost., che disciplinano l’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
Tale disposizione regionale contrasta in particolare con la previsione contenuta nell’art. 1, comma 622, della l. n. 296 del 2006, che ha elevato da quindici a sedici anni l’età per l’accesso al lavoro, ritenendo obbligatoria l’istruzione impartita per almeno dieci anni.
3) L’art. 25, comma 2, prevedendo che la Giunta regionale possa disciplinare unilateralmente i profili formativi dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione “nelle more della regolamentazione prevista dall’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 276/2003”, attribuisce alla regione un potere di regolamentazione interinale non previsto dalla legge e in contrasto con quanto previsto dallo stesso art. 48, comma 4, citato, secondo il quale “ La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative”. Tale disposizione regionale eccede pertanto dalle competenze attribuite alla regione in materia d’istruzione e formazione professionale e viola le norme dell’ordinamento civile, nonché i principi fondamentali in materia di istruzione e in materia di tutela e sicurezza del lavoro, espressi nel menzionato comma 4 dell’art. 48, e riconosciuti allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lett.l), e terzo comma, Cost. Detta disposizione regionale inoltre, eludendo il principio dell’intesa con i Ministeri e dell’obbligatoria acquisizione dei pareri sindacali,viola atresì il principio della leale collaborazione individuato dalla Corte Costituzionale (nella citata sentenza n 50 del 2005) quale strumento per la composizione delle interferenze in tutte le ipotesi, come quella in esame, in cui si verifichi la concorrenza di varie competenze. Secondo la Corte infatti, “la previsione che le Regioni debbano regolamentare i profili formativi dell'apprendistato d'intesa con i ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative (comma 4), non lede le competenze regionali e costituisce corretta attuazione del principio di leale collaborazione”. La Consulta precisa inoltre che i contratti a contenuto formativo (disciplinati dalla regione nell’ambito della propria competenza in materia di istruzione e formazione professionale), tradizionalmente definiti a causa mista, per un verso rientrano nell’ampia categoria dei contratti di lavoro, la cui disciplina fa parte dell’ordinamento civile, riservata allo Stato, per altro verso, considerato il collegamento permanente che sotto alcuni aspetti si è venuto a stabilire tra gli schemi contrattuali di lavoro a contenuto formativo, in particolare dell'apprendistato, e l'ordinamento dell'istruzione e della tutela e della sicurezza del lavoro, subiscono i limiti posti dai principi fondamentali della legislazione statale in tali materie.
4) L’art. 28, comma 1, pur richiamando formalmente il citato art. 49, comma 5, del d.lgs. n. 276/2003, stabilisce che i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante siano disciplinati con provvedimento della Giunta regionale “tenuto conto” di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e dagli accordi interconfederali, e contrasta pertanto con la disciplina contenuta nel citato art. 49, comma 5, secondo il quale la regolamentazione dei profili formativi avviene d’intesa con i sindacati più rappresentativi a livello regionale, e la determinazione delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione nelle singole aziende è demandata ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale. La disposizione regionale in esame pertanto, analogamente a quella censurata al punto 3), eccede dalle competenze attribuite alla regione in materia d’istruzione e formazione professionale e viola le norme dell’ordinamento civile, nonché i principi fondamentali in materia di istruzione e in materia di tutela e sicurezza del lavoro, espressi nel menzionato comma 5 dell’art. 49, e riconosciuti allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lett.l), e terzo comma, Cost .
Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni regionali sopra menzionate debbano essere impugnate dinanzi la Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.
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