Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per raccogliere statistiche in forma aggregata e consentire l'accesso a media esterni.
Se non acconsenti all'utilizzo dei cookie di terze parti, alcuni contenuti potrebbero non essere disponibili.
Per maggiori informazioni consulta la privacy policy. Acconsenti all'utilizzo di cookie di terze parti?
Disposizioni in materia di relazioni internazionali, biodiversità, caccia, pesca sportiva, agricoltura, attività produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie, corregionali all’estero, funzione pubblica, lavoro, formazione, istruzione, famiglia, patrimonio, demanio, infrastrutture, territorio, viabilità, ambiente, energia, cultura, sport, salute, politiche sociali e finanze (Legge regionale multisettoriale 2022).
(9-6-2022)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.8 del 9-6-2022
n.11 del 13-6-2022
Politiche infrastrutturali
4-8-2022 /
Impugnata
La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8 – “Disposizioni in materia di relazioni internazionali, biodiversità, caccia, pesca sportiva, agricoltura, attività produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie, corregionali all'estero, funzione pubblica, lavoro, formazione, istruzione, famiglia, patrimonio, demanio, infrastrutture, territorio, viabilità, ambiente, energia, cultura, sport, salute, politiche sociali e finanze (Legge regionale multisettoriale 2022)” presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 126, comma 2, e nell’articolo 128, commi 1, 2, 3 , 4 7, 9.
In particolare, si rileva che l'articolo 126, comma 2, laddove prevede che "Per i medici che accettano incarichi in zone rimaste carenti per almeno due anni consecutivi e che abbiano garantito una permanenza in tali zone di minimo quattro anni, le Aziende sanitarie riconoscono la priorità di scelta in fase di trasferimento", non risulta in linea con l'articolo 34, comma 5, dell'Accordo Collettivo Nazionale (ACN) per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, che individua coloro che possono concorrere al conferimento degli incarichi per trasferimento indicando in particolare:
"i) relativamente ad incarichi di ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta, i medici titolari di incarico a tempo indeterminato del ruolo unico a ciclo di scelta iscritti da almeno due anni in un elenco della Regione che pubblica l'avviso e quelli iscritti in un elenco di altra Regione da almeno quattro anni, che al momento di attribuzione dell'incarico non svolgano altre attività a qualsiasi titolo nell'ambito del SSN, eccezion fatta per l'attività del ruolo unico di assistenza primaria ad attività oraria. Ai fini del computo del suddetto requisito è valutata la titolarità di incarico di assistenza primaria ai sensi dell'A CN 23 marzo 2005 e s.m.i. I trasferimenti sono possibili fino alla concorrenza di un terzo degli incarichi disponibili in ciascuna Azienda e i quozienti frazionali ottenuti nel calcolo di cui sopra si approssimano alla unità più vicina. Il trasferimento può avvenire anche in caso di disponibilità di un solo incarico;
ii) relativamente ad incarichi di ruolo unico di assistenza primaria ad attività oraria, i medici titolari di incarico a tempo indeterminato del ruolo unico ad attività oraria da almeno 2 anni in un'Azienda della Regione che pubblica l'avviso e quelli titolari in un'Azienda di altra Regione da almeno 3 anni che al momento di attribuzione dell'incarico non svolgano altre attività a qualsiasi titolo nell'ambito del SSN, eccezion fatta per i medici titolari di incarico a tempo indeterminato di ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta con un carico inferiore a 650 assistiti.
Ai fini del computo del suddetto requisito è valutata la titolarità di incarico di continuità assistenziale ai sensi dell'ACN 23 marzo 2005 e s.m.i. I trasferimenti sono possibili fino alla concorrenza della metà degli incarichi disponibili in ciascuna Azienda e i quozienti frazionali ottenuti nel calcolo di cui sopra si approssimano alla unità più vicina.
In caso di disponibilità di un solo posto può essere esercitato il diritto di trasferimento".
Ne deriva che la norma regionale in esame invade la sfera di competenza riservata all'ACN.
Al riguardo, si rammenta che la contrattazione collettiva nazionale del settore, che si esprime nell'accordo collettivo ed è fondata sulle previsioni dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, "è certamente parte dell'ordinamento civile", in quanto "si inserisce nel peculiare sistema integrato delle fonti cui la legge statale pone un forte presidio per garantirne la necessaria uniformità" (cfr. Corte cost., sentenza n. 157 del 2019).
Pertanto, l'articolo 126, comma 2, della legge della regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, viola la riserva in materia prevista a favore della contrattazione collettiva, con riferimento all'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, ponendosi in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che attribuisce alla esclusiva competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi), eccedendo dalla competenza legislativa attribuita alla Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia dallo Statuto Speciale adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1,
L’articolo 128, al comma 1, dispone che “le aziende e gli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) possono conferire, in via eccezionale fino al 31 dicembre 2023, incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, sotto la responsabilità del titolare della struttura organizzativa aziendale di assegnazione, a: a) laureati in medicina e chirurgia abilitati; b) medici in formazione specialistica del primo e secondo anno di corso, con tutoraggio da parte del personale strutturato, per un massimo di ventiquattro ore mensili […]” .
L’articolo in esame, oltre a prevedere il compenso per tali contratti (comma 2) e le condizioni per la loro stipulazione (comma 4), al comma 3 stabilisce che “Gli specializzandi svolgono la propria attività al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi”.
Si rileva in generale la mancata coerenza con le vigenti disposizioni dettate dall’art. 7 del d.lgs. 165/2001. Invero, il comma 5 bis del citato articolo 7 dispone “il divieto alle Pubbliche Amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale”. In aggiunta, il successivo comma 6 del medesimo articolo prevede la possibilità per le Amministrazioni Pubbliche di conferire esclusivamente incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo in presenza di specifici presupposti di legittimità che definiscono l’oggetto della prestazione, il preventivo accertamento dell'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili, la natura temporanea e altamente qualificata della prestazione, la non ammissione del rinnovo (l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale) e a condizione che i soggetti incaricati non vengano utilizzati come lavoratori subordinati e non svolgano funzioni ordinarie.
Ma si rileva specificamente che le disposizioni regionali in esame si pongono in contrasto anche con le speciali disposizioni di legge statali che, a fronte delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19, hanno previsto la possibilità per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale di reclutare, tra gli altri, medici specializzandi, iscritti all’ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi (così l’articolo 2-bis del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, i cui termini sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022, dall’articolo 10, comma 1, del d.l. 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52).
Considerando che la vigente normativa statale, con riferimento alle misure urgenti in materia di reclutamento di personale, ne contempla diverse, tutte finalizzate a garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si rileva che la temporaneità e le condizioni poste agli interventi di cui alle disposizioni regionali in esame non sembrano legittimarne la previsione. Si fa riferimento all’articolo 1, comma 547 della legge n. 145/2018 che consente agli specializzandi, a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica, di essere ammessi alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina, e che il comma 548 bis della citata legge consente agli enti del SSN, di assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale degli specializzandi utilmente collocati in apposite graduatoria di cui al comma 547, fino al 31 dicembre 2023. Anche, l’articolo 1, comma 268, lettera a) della legge n. 234 del 2021 consente, previa verifica dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio, nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore, agli enti del SSN di utilizzare le misure straordinarie di cui agli articoli 2-bis del dl n. 18 del 2020 limitatamente ai medici specializzandi – incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa - e 2-ter, commi 1 e 5 del medesimo decreto- legge,-incarichi a tempo determinato con procedure di pubblicità semplificata - anche mediante proroga, non oltre il 31 dicembre 2022.
Rispetto quindi alla legge statale, la normativa regionale in esame estende la platea dei soggetti destinatari e il periodo di applicabilità della misura, determinando – a fronte della identità di problematiche già affrontate dalla legislazione statale in via d’urgenza – una irragionevole disparità di disciplina nell’ambito territoriale di riferimento.
Si evidenzia che l’attribuzione di incarichi a soggetti laureati, neppure iscritti al corso di specializzazione, rischia di compromettere la qualità dell’attività assistenziale erogata e violare il principio di efficienza e di buon andamento dell’amministrazione pubblica.
Si rileva ancora che la possibilità per lo specializzando di prestare ulteriori attività in aggiunta all’attività formativa di medico in formazione specialistica prevista a tempo pieno, viola direttamente il principio di esclusività della specializzazione stabilito dall’articolo 40 del decreto legislativo n. 368 del 1999, in base al quale “Per la durata della formazione a tempo pieno al medico è inibito l'esercizio di attività libero professionale all'esterno delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione ed ogni rapporto convenzionale o precario con il servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private”.
Pertanto, la disposizione regionale, nell’introdurre una deroga al predetto regime delle incompatibilità previste per il medico in formazione specialistica, presenta criticità sotto il profilo ordinamentale, atteso che verrebbe consentito allo specializzando di poter prestare, in aggiunta all’attività formativa di medico in formazione specialistica prevista a tempo pieno, ogni altro rapporto di lavoro -libero -professionale, collaborazione coordinata e continuativa ecc..- il cui impegno orario complessivo potrebbe non essere compatibile con la predetta attività formativa (contratto di formazione specialistica a tempo pieno - art. 37 e segg. D.lgs. 368/99), determinando anche a livello nazionale una disomogeneità di trattamento tra gli specializzandi in formazione specialistica.
Le disposizioni regionali, quindi, contrastano con la normativa statale che richiede la formazione specialistica quale requisito necessario per l’inserimento dei medici nelle strutture ospedaliere del Servizio sanitario nazionale e con la normativa statale che limita il ricorso ai contratti a termine nella pubblica amministrazione; conseguentemente determinano anche delle disparità di trattamento, introducendo un canale di accesso alla professione, seppur di carattere temporaneo, che prescindendo anche dalla mera iscrizione al corso di specializzazione introduce una deroga limitata al territorio regionale in aperta violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione.
E’ da considerare ancora che le disposizioni regionali intervengono a disciplinare una materia di diretta derivazione europea, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato.
Pertanto, i commi da 1 a 4 dell'articolo 128 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, eccedono dalla competenza legislativa attribuita alla Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia in materia di igiene e sanità, assistenza sanitaria ed ospedaliera, di cui all’articolo 5 dello Statuto Speciale adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, ponendosi in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile, nonché con l'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, riguardo all'uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti di cui trattasi, con riferimento all’articolo 2-bis del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, all’articolo 10, comma 1, del d.l. 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, all’articolo 40 del decreto legislativo n. 368 del 1999 e all’articolo 7, commi 5 bis e 6, del decreto legislativo n.165/2001.
L’articolo 128, comma 7, prevede che ciascun ente del SSR, sulla base degli indirizzi regionali, può destinare - nel rispetto del tetto di spesa fissato per il personale degli enti del Servizio sanitario regionale e ferma restando la compatibilità finanziaria - i risparmi derivanti dalla mancata attuazione del piano triennale dei fabbisogni all'incremento delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale anche oltre il limite previsto dall' articolo 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017.
Al riguardo, si evidenzia che l’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, ha posto un limite all’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale parametrato al “corrispondente importo determinato per l'anno 2016”. Tale limite, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 135 del 2018, non opera con riferimento:
a) “agli incrementi previsti, successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 75 del 2017, dai contratti collettivi nazionali di lavoro, a valere sulle disponibilità finanziarie di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dagli analoghi provvedimenti negoziali riguardanti il personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico”;
b) “alle risorse previste da specifiche disposizioni normative a copertura degli oneri del trattamento economico accessorio per le assunzioni effettuate, in deroga alle facoltà assunzionali vigenti, successivamente all'entrata in vigore del citato articolo 23”.
La norma regionale in esame, quindi, presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto introduce a livello regionale una previsione che deroga alla citata diposizione legislativa statale, la quale costituisce, come affermato dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti (cfr. del. 19/SEZAUT/2018/QMIG), una norma di coordinamento della finanza pubblica, con l’obiettivo di una graduale armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle pubbliche amministrazioni.
La previsione regionale, derogando ai principi generali di coordinamento della finanza pubblica espressi dal citato art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, non può considerarsi quale “margine di autonomia regionale” esercitato nel limite della spesa complessiva del personale del servizio sanitario regionale, nè eventuali risparmi possono costituire il presupposto che legittima l’incremento essendo la definizione dei possibili incrementi dei fondi contrattuali demandata alle norme di legge e alla contrattazione collettiva.
Pertanto, il comma 7 dell’art. 128 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, si pone in contrasto con gli articoli 81 e 117, terzo comma, della Costituzione (ordinamento civile e determinazione dei princìpi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica) eccedendo dalla competenza legislativa attribuita alla Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia dallo Statuto Speciale adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, con riferimento all’articolo 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017, e all’articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018.
L’articolo 128, comma 9, prevede che gli infermieri dipendenti degli enti del Servizio sanitario regionale possono effettuare, al di fuori dell'orario di lavoro e in deroga a quanto previsto in materia di esclusività del rapporto di impiego, attività professionale presso le strutture sociosanitarie per anziani, previa stipula di una convenzione tra la struttura e l'azienda sanitaria di riferimento che disciplina le modalità di svolgimento, anche oltre il limite di quattro ore settimanali, fermi restando la garanzia dell'orario svolto alle dipendenze dell'ente pubblico e il rispetto dell'orario massimo di lavoro. Detta disposizione è finalizzata a garantire la copertura del fabbisogno di personale infermieristico allo scopo di assicurare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza all'interno delle strutture sociosanitarie residenziali e semi residenziali.
Al riguardo si rileva che la vigente normativa, di cui all’articolo 3-quater del D.L. n. 127/2021 (Legge n. 165/2021), fino al 31 dicembre 2022 consente agli operatori delle professioni sanitarie - di cui all’articolo 1 della legge 1° febbraio 2006, n. 43, del comparto sanità - di svolgere attività libero-professionale al di fuori dell’orario di servizio e per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore, senza applicazione delle incompatibilità di cui all’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Di contro, la disposizione regionale in esame consente agli infermieri dipendenti degli enti del Servizio sanitario regionale di svolgere la predetta attività libero-professionale sine die e oltre il limite delle quattro ore settimanali.
Si rileva ancora che la predetta possibilità per il citato personale di eseguire le suddette attività in modalità libero-professionale è suscettibile di determinare l’istituzionalizzazione dell’esercizio dell’attività libero professionale anche intramuraria, considerato che al medesimo personale - titolare
di un rapporto unico ed esclusivo con l’amministrazione di appartenenza che non determina nessuna
retribuzione aggiuntiva – è inibito lo svolgimento della libera professione.
Ciò esposto, risulta che la previsione in esame è suscettibile anche di determinare rivendicazioni in ordine al riconoscimento dell’indennità di esclusività prevista per i dirigenti sanitari.
Pertanto, il comma 9 dell’art. 128 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, eccedendo dalla competenza legislativa attribuita alla Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia in materia di igiene e sanità, assistenza sanitaria ed ospedaliera, di cui all’articolo 5 dello Statuto Speciale adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1,si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile, nonché con l'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, riguardo all'uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti di cui trattasi, con riferimento all’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all’articolo 3-quater del D.L. n. 127/2021.
A 50 anni dall'istituzione delle Regioni a statuto ordinario, un volume approfondisce lo stato ed i tempi di sviluppo economico e sociale conseguito a livello regionale, le modalità di confronto tra Stato e Regioni, le opportunità di finanziamento da parte dell'Unione Europea e altri temi rilevanti sul ruolo delle Regioni.
Il Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie è promotore del Progetto ReOPEN SPL, finalizzato a supportare gli enti territoriali con competenze nei settori di acqua, rifiuti e trasporti, anche attraverso attività di ricerca e analisi territoriale.
Un approfondimento sulle Commissioni paritetiche di ciascuna Regione a statuto speciale, con i Decreti di costituzione e l’elenco dei decreti legislativi concernenti le norme di attuazione