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Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale della regione Basilicata legge finanziaria 2010. (30-12-2009)
Basilicata
Legge n.42 del 30-12-2009
n.57 del 31-12-2009
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE
La legge della Regione Basilicata n.42/2009 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale della regione Basilicata legge finanziaria 2010" è stata oggetto di impugnazione governativa, giusta delibera del CdM del 19/02/2010 per vari profili di illegittimità.
Uno degli articoli oggetto di impugnazione è stato l'articolo 72, comma 2 e 3 in materia di personale.
In particolare, l'art. 72, comma 2 nel prevedere che l'unico strumento utilizzato per la gestione ordinaria di programmi comunitari complessi, era il contratto a tempo determinato, si poneva in contrasto con l'articolo 36 del D.Lgs. N.165/2001.
L'art.72, comma 3 nel prevedere una proroga generalizzata di contratti di collaborazione in attesa delle procedure selettive per le assunzioni a tempo determinato, si poneva in contrasto con l'art.7, comma 6 del D.Lgs. N.165/2001, il quale prevede che il ricorso a contratti di co.co.co per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti.
Con la legge regionale n.28/2010, per la quale il Consiglio dei Ministri nella seduta del 24/09/2010 ha deliberato la non impugnativa, la Regione Basilicata si è adeguata ai rilievi governativi ed ha disposto, all'art.19, l'abrogazione dell'art.72, commi 2 e 3 della L.r. n.42/2009.
Per i suddetti motivi, si propone rinuncia parziale all'impugnazione della l.r. n.42/2009, limitatamente, cioè, all'art.72 commi 2 e 3 della l.r. n.42/2009.
19-2-2010 /
Impugnata
La legge regionale in esame è censurabile per i motivi che di seguito si espongono.
- L'art. 11, comma 1 nel modificare l'art. 14, comma 1 della Legge Regionale 24 dicembre 2008, n.31 prevede che "La Regione Basilicata, in armonia con quanto previsto dai commi 550 e 551 dell’art. 2, legge 24 dicembre 2007, n. 244, promuove la stabilizzazione dei lavoratori impegnati in attività socialmente utili (ASU) di cui alle lettere b) e c), comma 3, art. 2 della legge regionale 19 gennaio 2005, n. 2, nella disponibilità dei Comuni e degli enti pubblici utilizzatori da almeno tre anni e promuove altresì la stabilizzazione dei lavoratori ex LSU rivenienti dalla platea regionale LSU che hanno avuto contratti di Co.Co.Co. per la durata di 60 mesi con pubbliche amministrazioni dal 2001 al 2008 ed in essere”.
Così disponendo, la norma regionale amplia la sfera dei destinatari individuati dalla legge regionale n. 31/2008.
Al riguardo si evidenzia un contrasto con i limiti imposti dall’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78/2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102/2009 in base al quale le amministrazioni pubbliche, regioni comprese, possono bandire concorsi, previo espletamento delle procedure fissate dall’art. 35, comma 4, del d.l.vo 165/2001, per assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso in possesso dei requisiti di cui all’art. 1, commi 519 e 558 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) e all’art. 3, comma 90, della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008).
La norma in esame non appare, pertanto, in linea con la vigente normativa nazionale su richiamata e comporta una lesione dei principi stabiliti dall’art. 117 della Costituzione, comma 3 nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la Regione non può derogare, nonché una lesione dei principi di cui agli artt. 3 e 97 Cost.
- L'articolo 54, comma 1, modifica l'art.10, comma 3 della L.r.n. 31/2008 (che a sua volta modifica l'art. 3, comma 2 della L.r. n.9/2007) disciplinando in materia di installazione e la realizzazione di impianti fotovoltaici, di impianti minieolici, di impianti di cogenerazione alimentati a biogas, gas discarica, gas residuati dai processi di depurazione e da biomassa vegetale, di centraline idroelettriche e di impianti realizzati nei limiti della potenza già autorizzata in sostituzione o in conversione di quelli in esercizio alla data di entrata in vigore della legge in esame.
La realizzazione e l'installazione dei suddetti impianti si attuano in deroga a quanto disposto dall'art. 3, comma 1 della L.r. n. 9/2007; quest'ultimo comma 1 prevede che "fino all'approvazione del PIEAR, non è consentita l'autorizzazione di tutti gli impianti che non rientrano nei limiti e non siano conformi alle procedure e alle valutazioni di cui al Piano energetico regionale della Basilicata approvato con Delib. C.R. 26 giugno 2001, n.220".
Se da un lato la modifica oggi in esame sembra autorizzare l'installazione e la realizzazione di impianti in deroga alla sospensione dell'autorizzazione di cui al suddetto riportato comma 1, di fatto continua ad impedire la realizzazione di alcuni impianti sul territorio della Regione, ponendosi in contrasto con la disciplina statale di riferimento che impone una particolare procedura per la realizzazione e l'installazione dei suddetti impianti.
La disposizione regionale, infatti, prevede un blocco generalizzato ed irragionevole al rilascio di nuove autorizzazioni per l'installazione di impianti da fonti rinnovabili superiori a determinate basse soglie di potenza (fissate, ad esempio, in 250 KW per gli idrici ex comma 2, lettera d) art. 3 cit. e in 500 KW per gli impianti di cogenerazione alimentati da determinati materiali, purchè siti in aree agricole e industriali ex comma 2 lett. c) art. 3 cit.) nonché un blocco per gli impianti eolici, eccetto i minieolici indicati dalla lettera b).
Tale norma limita, in contrasto con l'art. 41 Cost., l'attività economica delle imprese operanti in tale settore senza indicare gli imperativi motivi di sicurezza, libertà o dignità umana che sarebbero lesi dagli insediamenti in esame e senza, peraltro, stabilire una misura di salvaguardia per i procedimenti in fase di avanzata istruttoria e una comparazione tra gli interessi pubblici sottesi agli stessi, quali il maggior sfruttamento dell'energia derivante da fonti rinnovabili, necessaria anche al raggiungimento degli obiettivi fissati a livello europeo e la salvaguardia del paesaggio.
Sintomatica è poi l'eccezione alla moratoria prevista a favore degli impianti fotovoltaici non integrati di cui siano soggetti responsabili enti pubblici o società a capitale interamente pubblico di cui al comma 2, lett. a.4 anche utilizzando terreni di proprietà pubblica, del novellato articolo 10, comma 3 (che a sua volta, è bene ribadirlo, modifica l'articolo 3, comma 2, della l.r. n. 9/07).
Tale norma, lesiva dell'art. 3 Cost., si risolve in una misura discriminatoria e anticoncorrenziale in quanto costituisce un indebito, non ragionevole e non proporzionato vantaggio a favore di operatori pubblici che svolgono sul mercato un'attività economicamente rilevante per trarne profitto e non a diretto ed esclusivo vantaggio della comunità locale o di particolari soggetti svantaggiati.
Tale posizione di vantaggio per l'operatore pubblico contrasta con i principi di libertà di iniziativa economica e di tutela della concorrenza garantiti dagli artt. 41 e 117, comma secondo, lettera e) della Costituzione, nonché dell'articolo 3 della Costituzione.
Così disponendo la norma in esame viola anche l’articolo 117, comma 1, della Costituzione, in quanto non coerente con i vincoli derivanti dall’Ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e tutela della concorrenza, violando, rispettivamente gli articoli 43 e 81 del Trattato CE. Nel quadro delle disposizioni del Tratto CE, infatti, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate (art. 43 e ss Trattato CE) e, inoltre, sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi consistenti, tra l'altro, nel limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti (cfr. art. 81 Trattato CE, comma 1, lett. b).
La stessa norma viola, conseguentemente, anche l'articolo 120, comma 1, della Costituzione che fa espressamente divieto al legislatore regionale di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né di limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
E' censurabile, anche, il comma 2 dell'art. 54, che modifica l'art.10, comma 5 della L.r. n. 31/2008, il quale detta norme in materia di costruzione e gestione degli impianti, infrastrutture e opere connesse in zone agricole, prevedendo delle fasce di rispetto e vari vincoli sui terreni destinati all'insediamento per la costruzione e la gestione degli impianti.
Così disponendo, la norma regionale contrasta con l'art. 12, comma 10, del DLGS n. 387 del 2003 che prevede che “In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3”, relativo al rilascio dell'autorizzazione per l'installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Infatti, l'approvazione delle linee guida dei requisiti per l'insediamento e la gestione di impianti è da ritenersi espressione della competenza statale in materia di tutela dell'ambiente, in quanto, inserita nell'ambito della disciplina relativa ai procedimenti sopra citati, ed ha quale precipua finalità quella di proteggere il paesaggio. La Corte costituzionale con la sentenza n. 166 del 2009 ha affermato che “l'art. 12 comma 10 ... non consente alle Regioni, proprio in considerazione del preminente interesse di tutela ambientale perseguito dalla disposizione statale, di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa”, … con conseguente violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
La disposizione in esame, eccede anche dalla competenza legislativa regionale, invadendo quella statale in riferimento ai principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, rinvenibili nella normativa statale su richiamata, violando, così, l'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
- I commi 2 e 3 dell'articolo 72, recante norme in materia di personale, stabiliscono la proroga di contratti a tempo determinato in attesa dell'espletamento delle precedure selettive. In particolare, il comma 2 prevede che "in relazione alla necessità di garantire la trasparenza e valorizzare le competenze professionali, il contratto di lavoro a tempo determinato è di regola lo strumento utilizzato per la gestione ordinaria di programmi comunitari complessi, qualora non sussistano esigenze che richiedano una prestazione altamente qualificata di natura professionale da acquisire mediante applicazione delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 6 e segg. del D.Lgs. n. 165/2001".
Si rileva, al riguardo, che i contratti di lavoro a tempo determinato non rappresentano lo strumento più adeguato di programmazione del lavoro, in quanto detti contratti possono essere stipulati eclusivamente seguendo le disposizioni contenute nell'articolo 36 del D.Lgs. N.165/2001, possono essere stipulati per periodi limitati di tempo e nel rispetto dei criteri contenuti nello stesso articolo 36 del D.Lgs. N.165/2001, in particolare quando l'amministrazione non ha al suo interno adeguate risorse per svolgere l'incarico e lo richiedano esigenze temporanee ed eccezionali.
Parimenti, il comma 3 dell'art. 72 dispone che "sino alla definizione delle procedure selettive di accesso di cui al comma che precede, possono essere prorogati, comunque non oltre il 30 settembre 2010, i contratti dei collaboratori in essere su espressa e motivata richiesta dei competenti dirigenti circa le ragioni e la necessità della proroga".
Tale disposizione, nel prevedere una proroga generalizzata dei contratti dei collaboratori in essere (senza specificarne la natura) su motivata richiesta dei dirigenti, si pone in contrasto con l'art.7, comma 6 del D-Lgs. N.165/2001, il quale dispone che "Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione".
Lo stesso articolo 7, comma 6 del D.Lgs. N.165/2001, inoltre, prevede che il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. È vero che la Corte Costituzionale, con sent. n. 252/09, pronunciandosi su questione non dissimile, ha avuto modo di dire che le Regioni possono prevedere requisiti differenti da quelli previsti dall'articolo 7 del suddetto d. lgs., ma i criteri devono essere previsti dettagliatamente, devono essere razionali e ragionevoli. Nella fattispecie in esame, invece, è prevista proroga incondizionata, seppur non oltre il 30 settembre 2010, dei contratti dei collaboratori in essere su espressa e motivata richiesta dei competenti dirigenti; si rappresenta, peraltro, il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti, ai sensi dell'art. 7, comma 6.
Pertanto, l'articolo 72, commi 2 e 3 nel prevedere, rispettivamente, l'utilizzo del contratto a tempo determinato e la proroga generalizzata dei contratti dei collaboratori, viola quanto disposto dalle norme su richiamate del d. lgs. n. 165/01, e si pone in contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile.
Per i suddetti motivi si propone questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
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