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La legge della Regione Molise n.3/2010 recante "Legge finanziaria regionale 2010" è stata oggetto di impugnazione governativa, giusta delibera del CdM del 12/03/2010 per vari profili di illegittimità.
Uno degli articoli impugnati è stato l'articolo 18, comma 7 il quale, nel sostituire il comma 6 dell'articolo 3 della legge regionale 13 gennaio 2009, n. 1 (Legge finanziaria regionale 2009), prevedeva che, nelle more della revisione dei sistemi di incentivazione della qualità delle prestazioni lavorative di cui al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, con effetto dal 1° gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, devevano essere ripristinate le misure percentuali delle indennità dell’Area Quadri, relativamente al personale inquadrato nella categoria D nei profili professionali D1 e D3. Così disponendo, la norma si poneva in contrasto con le norme contenute nel Titolo III del D.Lgs. n.165/2001 (da art.40 a 50), le quali obbligano tutte le pubbliche amministrazioni al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire in sede di contrattazione violando, di conseguenza, l’art.117, lett.l) della Costituzione, il quale riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile.
Con la legge regionale n.14/2010, per la quale il Consiglio dei Ministri nella seduta del 17/09/2010 ha deliberato la non impugnativa, la Regione Molise si è adeguata ai rilievi governativi ed ha provveduto all'art.1, comma 1 ad abrogare l'art.18, comma 7 della l.r. n.3/2010.
Per i suddetti motivi, si propone rinuncia parziale all'impugnazione della l.r. n.3/2010, limitatamente, cioè, all'art.18, comma 7.
12-3-2010 /
Impugnata
La legge è censurabile per i motivi che di seguito si espongono.
- L’art. 18, recante norme in materia di personale, al comma 4 prevede che la Giunta regionale adotta con proprio atto una nuova disciplina riguardante le spese per i buoni pasto spettanti al personale dipendente dell'Amministrazione regionale, prevedendo annualmente l'utilizzo di non più di 120 buoni pasto per ogni dipendente e, al personale con mansioni di autista, è assegnata una quota aggiuntiva calcolata su base storica in relazione al servizio svolto. La disciplina riguardante le spese per i buoni pasto è riservata alla contrattazione collettiva, rientrando nella disciplina del trattamento economico, in riferimento all'orario di lavoro. La norma regionale, quindi, contrasta con le disposizioni contenute nel Titolo III del D.Lgs. n.165/2001 (da art. 40 a 50), le quali obbligano tutte le pubbliche amministrazioni al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire in sede di contrattazione. Viola, pertanto, l’art.117, comma 2, lett. l) della Costituzione, il quale riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile.
- L’art.18, comma 7, nel sostituire il comma 6 dell'articolo 3 della legge regionale 13 gennaio 2009, n. 1 (Legge finanziaria regionale 2009), dispone che, nelle more della revisione dei sistemi di incentivazione della qualità delle prestazioni lavorative di cui al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, con effetto dal 1° gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010, siano ripristinare le misure percentuali delle indennità dell’Area Quadri, relativamente al personale inquadrato nella categoria D nei profili professionali D1 e D3. Così disponendo, la norma contrasta con le norme contenute nel Titolo III del D.Lgs. n.165/2001 (da art.40 a 50), le quali obbligano tutte le pubbliche amministrazioni al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire in sede di contrattazione. E’ pur vero che secondo una ricostruzione fatta dalla Corte Costituzionale (sent. n. 2/2004), l’avvenuta privatizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, pur determinando l’attrazione della relativa disciplina nell’ambito della materia “ordinamento civile”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, non esclude, tuttavia, che le regioni – essendo dotate, a seguito della riforma del Titolo V, di competenza legislativa residuale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa regionale (art. 117, comma 4 Cost.) – possano regolamentare aspetti riconducibili alle procedure e alle modalità della contrattazione collettiva, che sono da considerarsi come riservati all’autonomia degli enti direttamente interessati. Nella fattispecie in esame, tuttavia, il legislatore regionale non si limita a disciplinare con provvedimenti normativi il regime procedimentale della contrattazione, ovviamente per la parte di sua competenza, ma incide sulla misura percentuale delle indennità da corrispondere al personale inquadrato nell’area D che deve essere regolata in sede di contrattazione collettiva.
La disposizione regionale lede, pertanto, l’art.117, lett.l) della Costituzione, il quale riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile.
- L’articolo 19 prevede norme sull’organizzazione del Servizio sanitario regionale. Si censurano i commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7.
L’art.19, comma 1 prevede che i contratti del personale di tutto il Servizio sanitario regionale, utilizzato ai sensi del comma 2 dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o assunto a tempo determinato oppure con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, possono essere prorogati, in caso di riscontrata carenza di organico, per la durata massima del Piano di rientro così come prevista dall'intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome concernente il nuovo patto per la salute per gli anni 2010/2012, nel rispetto dei relativi limiti annuali di spesa.
L’art.19, comma 2 prevede che, ai fini dello svolgimento temporaneo delle funzioni di direttore di unità operativa complessa, in mancanza della copertura del posto a tempo indeterminato, per il periodo corrispondente al Piano di rientro e per un termine di sei mesi rinnovabile una sola volta, l'Azienda sanitaria regionale per il Molise può prorogare gli incarichi già conferiti a seguito di apposita selezione.
L’art.19, comma 3 dispone che l'Azienda sanitaria regionale del Molise predispone, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, un piano di riorganizzazione del personale coerente con il piano di riassetto della rete ospedaliera e con il Piano di rientro, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 3 della legge regionale 13 gennaio 2009, n. 1.
Si precisa, al riguardo, che le disposizioni sopra richiamate prevedono una serie di interventi correlati al piano di rientro sanitario (riferito agli anni dal 2007 al 2009) la cui prosecuzione (essendo i relativi obiettivi riferiti all’anno 2009) presuppone l’adozione di specifichi programmi operativi coerenti con gli obiettivi finanziari programmati come disposto dall’art. 2, comma 88 della L. n.191/2009. Le iniziative del legislatore regionale, pertanto, precostituendo vincoli alla futura adozione di tali programmi, pregiudicano la coerenza degli stessi con i suddetti obiettivi programmati compromettendo la piena attuazione del richiamato art. 2, comma 88 che si configura come norma di coordinamento di finanza pubblica. Pertanto, l’art.19, commi 1, 2 e 3 violano l’art.117, comma 3 della Costituzione in materia di coordinamento di finanza pubblica.
Inoltre, i singoli interventi previsti per il personale di cui ai commi 1, 2 e 3 non sono in linea con quanto disposto nel Tavolo tecnico per i programmi operativi del nuovo patto per la salute. Infatti, il programma prevede, per l’anno 2010, il contenimento del costo del personale con il conseguente blocco del turn-over, la rideterminazione dei fondi della contrattazione collettiva nonché la diminuzione delle posizioni organizzative.
Il legislatore regionale, invece, al comma 1 dell’art. 19 prevede la possibilità di prorogare i rapporti di lavoro flessibile, a tempo determinato e di co.co.co per la durata massima del piano di rientro nel rispetto dei limiti annuali di spesa; al comma 2 dispone la proroga di incarichi già conferiti per lo svolgimento di direttore di unità operativa complessa in mancanza della copertura del posto a tempo indeterminato per il periodo corrispondente al piano di rientro; al comma 3 prevede la predisposizione da parte dell’azienda sanitaria di un piano di riorganizzazione del personale coerente con il riassetto della rete ospedaliera e con il piano di rientro anche ai fini dell’applicazione di cui all’art. 3 della L.r. n. 1/2009. Con riferimento a tali interventi si precisa che i contratti di co.co.co., coma chiarito anche dalla Circolare n. 2 dell’11 marzo 2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica, non possono ritenersi prorogabili, se non limitatamente al compimento di un’attività avviata, in quanto la loro durata è predeterminata in relazione allo specifico aspetto o fase dell’attività.
Inoltre, il rinvio diretto all'applicazione dell’art. 3 della Lr n.1/2009 si concretizza nell’attuazione di procedure di stabilizzazione del personale precario non dirigenziale in modo difforme da quelle previste dal legislatore statale di cui all’art.17 commi da 10 a 13 del D.L. n.78/2009, conv. in L. n.102/2009.
Pertanto, l’art.19, commi 1, 2 e 3 violano da un lato l’art.117, comma 3 della Costituzione in materia di coordinamento di finanza pubblica, e, dall'altro gli artt. 3 e 97 della Costituzione in riferimento ai principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione.
L’articolo 19, comma 4 prevede che la Regione Molise, ai fini dell'attuazione di progetti di ricerca sanitaria o di progetti finalizzati alla realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale ex articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e per gli interventi finanziati ai sensi dell'articolo 79, comma 1-sexies, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni ed integrazioni, può stipulare i contratti previsti dall'articolo 15-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
Tali contratti sono configurabili come contratti di diritto privato a tempo determinato a soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale nonché di abilitazione all'esercizio della professione, che possono essere stipulati solo per i progetti finalizzati di cui all’art. 1, comma 34 bis della L. n. 662/1996.
Il legislatore regionale, ampliando l’ambito applicativo della norma statale ed estendendo la sua applicazione anche in altri ambiti non contemplati dall’art. 15-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che devono essere considerati principi fondamentali in materia di tutela della salute, invade la competenza del legislatore statale violando l’art.117, comma 3, in materia di tutela della salute, nonché il comma 2 lett. l) della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile (in riferimento alla diversa apllicazione della norma che disciplina i contratti privati previsti dall'articolo 15-octies).
L’art.19, comma 5 prevede che, ai fini del controllo della spesa farmaceutica e di una corretta informazione sulle prescrizioni farmaceutiche da parte dei medici, la Giunta regionale promuove e disciplina le funzioni dell'informatore medico - scientifico aziendale.
L’istituzione della figura di informatore nell’ambito dell’Azienda sanitaria regionale non contemplata dal vigente assetto ordinamentale del Servizio nazionale Sanitario, si pone in contrasto con l’art.6, comma 3 del D.Lgs. n.502/1992 e s.m.i., che riserva alla competenza statale la definizione delle figure professionali sanitarie.
Così disponendo il legislatore regionale eccede dalla competenza concorrente attribuita alla regione in materia di “professioni” e di “tutela della salute” dall’art. 117, terzo comma, Cost. La disposizione regionale, infatti, definisce il profilo professionale dell'informatore medico - scientifico aziendale, ed individua di fatto una nuova professione sanitaria ponendosi in contrasto con il principio più volte affermato dalla Corte Costituzionale (con le sentenze n.93 del 2008,n 300 del 2007, 40, 153, 423, 424 del 2006, e n. 319 e 355 del 2005 e n. 353 del 2003) secondo il quale l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Ne consegue pertanto che “non è nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali” (sent. n. 300/2007).
Tale giurisprudenza è stata pienamente recepita nel d.lgs. n. 30/2006, che, in attuazione della delega contenuta nell’art. 1 della legge n. 131/2003, agli art. 1, comma 3, e art. 4, comma 2, ha provveduto alla ricognizione dei principi fondamentali della materia “professioni”. Pertanto, l’art. 19, comma 5 viola l’art.117, comma 3 della Costituzione in materia di professioni.
L’art.19, comma 7 prevede che, in attuazione di quanto stabilito dall'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, relativamente alle modalità organizzative dell'attività del commissario ad acta e del subcommissario, nominati dal Consiglio dei Ministri per il Piano di rientro, è applicabile l'articolo 8 della legge regionale 12 settembre 1991, n. 15, come modificata dalla legge regionale 6 aprile 2009, n. 15. È autorizzata l'imputazione della spesa per il compenso spettante al subcommissario ad acta alla UPB n. 198, capitolo 2100.
L’applicazione dell'articolo 8 della legge regionale 12 settembre 1991, n. 15, concernente la disciplina delle segreterie particolari, prevede, tra l’altro, la possibilità di assumere nuovo personale per l’organizzazione amministrativa. Per tale aspetto, quindi, la disposizione regionale ponendosi in contrasto con l’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, nella parte in cui dispone che le regioni provvedono agli adempimenti relativi alla gestione commissariale con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, viola il principio di cui all’art.117, comma 3 della Costituzione in materia di coordinamento di finanza pubblica.
Per le ragioni sopra menzionate si ritiene pertanto che le disposizioni regionali citate debbano essere impugnate dinanzi alla Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.
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