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Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza. (12-2-2010)
Toscana
Legge n.10 del 12-2-2010
n.9 del 17-2-2010
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia parziale
La legge regionale n. 10 del 17/2/2010 della Regione Toscana, recante “Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza" è stata impugnata dinanzi alla Corte costituzionale, ex art. 127, Cost., con delibera del Consiglio dei Ministri in data 16 aprile 2010.
Le ragioni dell'impugnativa erano da ricondurre alla violazione della competenza esclusiva statale nella materia di "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" di cui all'articolo 117, commi 1 e 2, lett. s) Cost. e al contrasto con la normativa comunitarie di riferimento. Talune disposizioni della l.r. n. 10/2010 non risultano infatti conformi a quanto previsto, in materia di VAS e di VIA, dal decreto legisltivo n. 152/2006.
Successivamente il Consiglio della Regione Toscana ha provveduto a modificare alcune disposizioni della l.r. 10/2010, tra cui quelle oggetto di impugnativa, attraverso la l.r. n. 69 del 30/12/2010 pubblicata sul Bur n. 55 del 31/12/2010.
L’art. 1 della legge regionale suindicata apporta modifiche all’ art. 5 della l.r. n. 10/2010 :
- in particolare, al comma 3, lett. c) si provvede ad eliminare la parte che limitava la procedura di verifica di assoggettabilità alla VAS solo in relazione ai piani e ai programmi che presiedono all'approvazione dei progetti sottoposti a VIA, rendendo tale disposizione conforme alla normativa statale in materia prevista dal d. lgs. n. 152/2006.
- viene poi modificato tutto il comma 4 e, per quanto riguarda il punto oggetto di impugnazione, il nuovo comma 4 ter rinvia, per la valutazione ambientale dei piani regolatori portuali, all'applicazione di quanto stabilito dall'art. 6 del d. Lgs. n. 152/2006, facendo venir meno i motivi di impugnazione.
L'art. 2 della l.r. 69/2010 modifica l'articolo 26, comma 3 della l.r. 10/2010, nel senso di rendere obbligatoria la revisione di piani o programmi su cui sia intervenuto un parere motivato, in aderenza a quanto previsto dall'articolo 15 del d. lgs. 152/2006.
L'art. 3 della l.r. 69/2010 modifica l'art. 43, comma 2, lett c) della l.r. n. 10/2010, eliminando il periodo che stabiliva che il proponente avrebbe potuto non richiedere l'attivazione della procedura di verifica se non avesse ravvisato la possibilità di effetti negativi significativi sull'ambiente delle varianti proposte. In tal modo viene meno il contrasto con quanto disposto dal d. lgs. n. 152/2006 che non prevede una fase preliminnare alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA.
Quanto sopra ha determinato quindi il venir meno delle motivazioni oggetto del ricorso avanti la Corte Costituzionale relativamente agli articoli: 5, comma 3, lett c), 5, comma 4, 26, comma 3 , 43, comma 2, lett. c).
Permane invece l'ultimo motivo di impugnativa relativo all'articolo 43, comma 6 che consente, con una particolare procedura, di non sottoporre a VIA alcuni rinnovi di autorizzazioni o concessioni, in quanto la Regione Toscana non ha ritenuto di apportare alcuna modifica alla disposizione oggetto di impugnazione.
Pertanto, alla luce di quanto su esposto, quest’Ufficio ritiene che ricorrano i presupposti per rinunciare, parzialmente, al ricorso.
16-4-2010 /
Impugnata
La legge regionale, che detta norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza, presenta aspetti di illegittimità costituzionale relativamente alle seguenti disposizioni :
1) L’articolo 5, comma 3, lett. c) stabilisce che l’effettuazione della Valutazione ambientale strategica (VAS) è subordinata alla preventiva valutazione, effettuata dall’autorità competente secondo le disposizioni di cui all’articolo 22, della significatività degli effetti ambientali, tra gli altri, nei seguenti casi:
“c) per i piani e programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, e per le loro modifiche, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione di progetti sottoposti a VIA o a verifica di assoggettabilità a VIA, di cui agli allegati II, III e IV del D.Lgs. 152/2006; rientrano in questa fattispecie solo i piani e programmi, e le relative modifiche, elaborati per settori diversi da quelli elencati al comma 2, lettera a)”.
Al riguardo, l’art. 6, comma 3-bis, del d.lgs. n. 152/2006, stabilisce che “L’autorità competente valuta, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull'ambiente”.
Pertanto, l’ambito di applicazione della disciplina in materia di VAS individuato dalla norma regionale risulta meno ampio rispetto al perimetro tracciato dalla normativa statale.
In proposito, occorre rilevare che, in base alla normativa nazionale, l’ambito di applicazione della VAS è definito dagli artt. 5, comma 1, lett. e) e 6, commi 2, 3 e 3-bis del d.lgs. n. 152/2006 che riportano, pedissequamente, le disposizioni di cui agli art. 2, par. 1, lett. a) e 3, paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva 2001/42/CE, “concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente”. In attuazione delle citate disposizioni, i piani ed i programmi di cui all’art. 6, comma 2 devono essere obbligatoriamente sottoposti alla procedura di VAS ai sensi degli art. 11 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, mentre i piani ed i programmi di cui ai commi 3 e 3-bis sono eventualmente assoggettati a VAS, solo ad esito della procedura di verifica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 152/2006.
In particolare, si evidenzi che ricondurre la parola “progetti” ai soli progetti di cui agli allegati II, III e IV del d.lgs. n. 152/2006, come ha indicato il legislatore regionale, rappresenta un’interpretazione eccessivamente restrittiva dell’ambito di applicazione della normativa statale in materia di VAS. Ne è conferma, sul piano letterale, la circostanza che, ove il legislatore statale avesse voluto davvero restringerne la portata, lo avrebbe fatto in via espressa, come accaduto nel caso di cui al comma 2 dell’art. 6 del d.lgs. n. 152/2006.
Inoltre, come risulta dalla “Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni” del 14.9.2009, COM (2009) 469, la Commissione Europea ritiene che siano assoggettati alla procedura di verifica di assoggettabilità a VAS anche “(…) i piani ed i programmi che definiscono il quadro per successive autorizzazioni relativamente a progetti (non esclusivamente quelli indicati nella direttiva VIA; cfr. punto 1) (…)” (v. Relazione p.to 3.1). .
In riferimento alla locuzione “diversi da quelli di cui al paragrafo 2”, si ritiene, inoltre, che questa si riferisca non ai “settori”, bensì ai “piani e i programmi”, come identificati dalle lettere a) e b) del comma 2 dell’art. 6 da ultimo citato. Di conseguenza, alla luce di quanto brevemente sin qui evidenziato, come affermato anche dalla Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 225/2009, l’ambito di applicazione del citato comma 3-bis deve considerarsi riferito anche ai piani ed ai programmi (nei settori tematici elencati al comma 2 dell’art. 6 del d.lgs. n. 152/2006) tesi a definire il quadro di riferimento di progetti anche diversi da quelli indicati nella direttiva VIA.
2) L’articolo 5, comma 4, lett. c) della legge in esame prevede che, in applicazione del principio di non duplicazione delle valutazioni, non sono sottoposti a VAS né a verifica di assoggettabilità a VAS “(…) i piani regolatori dei porti di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), per i quali è necessaria la VIA o la verifica di assoggettabilità a VIA per effetto delle norme vigenti, a condizione che non prevedano varianti o modifiche ai piani e programmi sovraordinati”.
Tale disposizione, anche se persegue obiettivi di semplificazione delle procedure, non risulta tuttavia conforme alla normativa nazionale vigente dettata dalla legge n. 84/1994 e dal d.lgs. n. 152/2006 e non coglie l’effettiva natura di atto di programmazione che riveste il piano regolatore portuale. Infatti, in base al combinato disposto dell’art. 5, comma 4 della legge n. 84/1994 e dell’art. 6 del d.lgs. n. 152/2006, i piani regolatori portuali sono sottoposti ad entrambe le procedure di VAS e di VIA.
Infatti, a seguito del recepimento nell’ordinamento nazionale della disciplina di origine comunitaria in tema di VAS (direttiva 2001/42/CE), i Piani regolatori portuali sono interessati da entrambi i procedimenti, rientrando tra i piani e programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e, nel caso abbiano contenuti tali da potere essere considerati come progetti ai sensi del d.lgs. n. 152/2006, anche nell’ambito di applicazione della disciplina in materia di VIA.
In particolare, l’art. 6, comma 2, lettera a) del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che sono sottoposti a VAS tutti i piani e i programmi “che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto”. Inoltre, ai sensi dell’articolo 6 e degli Allegati II, III e IV della Parte Seconda del d.lgs. n. 152/2006, sono sottoposti alla disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale i seguenti progetti, nonché le modifiche agli stessi che possano produrre effetti negativi ed apprezzabili sull’ambiente:
-“11) Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare per il carico e lo scarico dei prodotti, collegati con la terraferma e l’esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto), che possono accogliere navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, comprese le attrezzature e le opere funzionalmente connesse. (v. allegato II, punto 11)
-l) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d’acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri (v. allegato III,lettera l);
-f) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili;(v. allegato IV, punto 7, lettera f);
-q) porti turistici e da diporto, quando lo specchio d’acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonché progetti di intervento su porti già esistenti;(v. allegato IV, punto 7, lettera q).
Sul piano della disciplina in materia portuale, l’art. 5, comma 4 della citata legge n. 84/1994, stabilisce che “4. Il piano regolatore relativo a porti di cui alla categoria II, classi I, II e III, esaurita la procedura di cui al comma 3, è sottoposto, ai sensi della normativa vigente in materia, alla procedura per la valutazione dell'impatto ambientale ed è quindi approvato dalla regione”.
Pertanto, la disposizione regionale di cui all’art. 5, comma 4, lettera c) non risulta conforme alla normativa nazionale vigente in materia di VAS e di VIA.
3) L’articolo 26, comma 3 della legge regionale in oggetto stabilisce che: “3. Il proponente, ove necessario alla luce del parere motivato, predispone in collaborazione con l’autorità competente, una proposta di revisione del piano o programma da sottoporre all’approvazione dell’autorità procedente. A tal fine il proponente informa l’autorità competente sugli esiti delle indicazioni contenute nel parere motivato, ovvero se il piano o programma sia stato soggetto a revisione o se siano state indicate le motivazioni della non revisione”.
La disposizione nazionale di riferimento è quella di cui all’art. 15, comma 2 del d.lgs. n. 152/2006, il quale stabilisce che: “2. L'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità competente, provvede, ove necessario, alla revisione del piano o programma alla luce del parere motivato espresso prima della presentazione del piano o programma per l'adozione o approvazione”. Al riguardo, si rileva che, sebbene non esplicitamente affermato, il parere motivato previsto dall’art. 15 citato sia da intendersi quale parere obbligatorio e vincolante per l’autorità procedente. In tal senso, si richiamano le considerazioni della Commissione europea che, nella lettera di costituzione in mora dell’8 ottobre 2009, nella procedura di infrazione n. 2009/2235, ammette che gli Stati membri godono di ampi margini di discrezionalità nello stabilire in che modo gli studi effettuati e le consultazioni condotte nel corso della procedura di VAS debbano influire sulla decisione finale .
4) L’articolo 43, comma 2, lett. c) stabilisce che sono sottoposti alla procedura di verifica di assoggettabilità ai sensi dell’articolo 48 della legge medesima: “i progetti concernenti modifiche a opere o impianti che siano ricompresi nelle tipologie di cui agli allegati A1, A2, A3, B1, B2 e B3, realizzati, in fase di realizzazione, o autorizzati, qualora dette modifiche possano avere effetti negativi significativi sull’ambiente. Nei casi in cui il proponente, non ravvisando la possibilità di tali effetti, non richieda l’attivazione della procedura di verifica, è necessario che una dichiarazione in merito, adeguatamente motivata, a firma di tecnico con idonea qualifica, sia allegata alla richiesta di autorizzazione alla realizzazione dell’opera. Sia il proponente, sia l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’opera, possono in ogni caso richiedere all’autorità competente di esprimersi preventivamente circa la sussistenza delle condizioni di cui sopra”.
La disposizione è in contrasto con la normativa nazionale in materia di VIA che, all’art. 20 del d.lgs. n. 152/2006, disciplina nel dettaglio la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA.
Come rilevato dalla stessa Corte Costituzionale, la suddetta procedura di verifica “è praticabile a sua volta, in ipotesi contraddistinte da parametri suscettibili di apprezzamenti opinabili, legati alla prognosi circa le indicate ripercussioni negative. E’ comunque possibile riscontrare, all’interno del sistema normativo, elementi che contribuiscono a formare un parametro di valutazione il più possibile oggettivo, in modo da ridurre il margine di opinabilità insito nella formula prognostica suddetta” (cfr Corte Cost., sentenza n. 120/2010).Infatti, afferma la Corte che “Al fine di stabilire, dunque, se siano oggetto di verifica di assoggettabilità alla procedura di VIA «le varianti di tracciato concordate con i proprietari dei fondi interessati e le amministrazioni interessate», non sembra in primo luogo che il consenso dei proprietari interessati e delle amministrazioni possano costituire valide ragioni giustificative, dato che i primi sono motivati da logiche individuali (connesse alle modalità con cui si procede all’espropriazione del fondo o all’imposizione di servitù e alla determinazione delle relative indennità: artt. 9, 10 e 11 della stessa legge regionale n. 25 del 2008), e le seconde sono istituzionalmente preposte alla cura di interessi (in primo luogo attinenti al governo del territorio: art. 12, comma 4, della stessa legge regionale), non necessariamente coincidenti con la tutela dell’ambiente”.
Pertanto, la procedura prevista dal citato articolo 43, comma 2, lett. c) della legge regionale in esame si pone in contrasto con l’impianto normativo di cui alla Parte Seconda del d.lgs. n. 152/2006 che non prevede una fase preliminare alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA peraltro, libera da ogni forma di pubblicità ed informazione per il pubblico.
5) Infine, l’art.43, comma 6 della legge regionale prevede che: “6. Le domande di rinnovo di autorizzazione o concessione relative all’esercizio di attività per le quali all’epoca del rilascio non sia stata effettuata alcuna valutazione di impatto ambientale e che attualmente rientrino nel campo di applicazione delle norme vigenti in materia di VIA, sono soggette alla procedura di VIA, secondo quanto previsto dalla presente legge. Per le parti di opere o attività non interessate da modifiche, la procedura è finalizzata all’individuazione di eventuali misure idonee ad ottenere la migliore mitigazione possibile degli impatti, tenuto conto anche della sostenibilità economico-finanziaria delle medesime in relazione all’attività esistente. Tali disposizioni non si applicano alle attività soggette ad autorizzazione integrata ambientale (AIA)”.
Al riguardo, la Corte Costituzionale ha recentemente affermato che le garanzie sottese ad una domanda di rinnovo “riposano, appunto, sulla necessità di verificare se l’attività estrattiva a suo tempo assentita risulti ancora aderente allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della "proroga" o del "rinnovo" del provvedimento di autorizzazione” (cfr. Corte Cost., sentenza n. 67/2010). In particolare, in merito alla fattispecie di cui al citato art. 43, comma 6, secondo periodo e, cioè, i casi in cui oggetto della procedura siano “le parti di opere o attività non interessate da modifiche”, la limitazione delle finalità della procedura di VIA ivi disposta, seppur apprezzabile sotto il profilo economico-finanziario, risulta contrario “all’effetto utile” della direttiva 85/337/CEE. In proposito, la Corte Costituzionale ha affermato che “proprio in tema di autorizzazioni "postume," la giurisprudenza della Corte di giustizia europea appare ispirata a criteri particolarmente rigorosi (sentenza 3 luglio 2008, procedimento C-215/06), essendosi ribadito che, «a livello di processo decisionale è necessario che l’autorità competente tenga conto il prima possibile delle eventuali ripercussioni sull’ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, dato che l’obiettivo consiste nell’evitare fin dall’inizio inquinamenti ed altre perturbazioni, piuttosto che nel combatterne successivamente gli effetti” (cfr. Corte Cost., sentenza n. 67/2010).
In via generale, infatti, occorre rilevare che la finalità che il legislatore persegue quando assoggetta a rinnovo un’attività già autorizzata ovvero data in concessione è proprio quella di consentire all’amministrazione di valutare nuovamente se l’interesse del privato a proseguire l’attività sia ancora compatibile con la tutela dei vari interessi pubblici compresenti. In questa attività di contemperamento tra interessi pubblici e privati, l’amministrazione può considerare preminente anche l’interesse alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e, conseguentemente, negare la prosecuzione dell’attività indicando rigorosamente le motivazioni di prevalenza dell’interesse pubblico.
Del resto la Corte Costituzionale riconosce alla tutela dell’ambiente la natura di interesse primario e assoluto, comprensivo di tutte le risorse naturali e culturali (aria, acqua, suolo, territorio in tutte le sue componenti), da tutelare in via unitaria e contestuale in quanto elemento determinativo della qualità di vita dell’uomo che può costituire anche un limite alla libertà di iniziativa privata prevista dall’artt. 41, Cost. (cfr., Corte Cost., sentenze nn. 167/2009, 190/2001, 196 del 1998, 641/1987, 356/1994).
Alla luce di quanto evidenziato, considerato che, come affermato dalla Corte Costituzionale, gli istituti della VAS e della VIA rientrano indubbiamente nella materia della tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, comma secondo, lett. s), Cost. (Corte Cost., sentenze nn. 225/2009, 127/2010), la legge regionale , dettando disposizioni in contrasto con la normativa nazionale vigente e con le disposizioni comunitarie di riferimento, presenta profili di illegittimità per violazione dell’art. 117, comma 1 e 2, lett. s), Cost. ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.
Per questi motivi la legge deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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