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Disciplina sull'assetto programmatorio, contabile, gestionale e di controllo dell'Azienda sanitaria regionale del Molise - Abrogazione della legge regionale 14 maggio 1997, n. 12. (22-2-2010)
Molise
Legge n.8 del 22-2-2010
n.6 del 1-3-2010
Politiche socio sanitarie e culturali
23-4-2010 /
Impugnata
La legge regionale in esame, recante la “Disciplina sull’assetto programmatorio, contabile, gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale del Molise”, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento agli articoli 31, 32 e 33.
Al riguardo è opportuno premettere che la Regione Molise, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all'articolo 1, comma 180, della l. n. 311/04, nonché dall'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’articolo 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella riunione del 24 luglio 2009, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina del Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Lazio, individuando lo stesso nella Persona del Presidente della Regione pro tempore.
Stante l’intervenuto commissariamento, i menzionati articoli 31, 32 e 33 della legge regionale in esame, che attribuiscono alla Giunta regionale rispettivamente il “Controllo regionale”, il “Visto regionale di congruità” e “L’attività di controllo regionale in materia amministrativo-contabile”, sono costituzionalmente illegittimi.
Infatti le previsioni in essi contenute, secondo le quali è la Giunta regionale ad esercitare il controllo su tutti gli atti del Direttore Generale ASREM (art. 31, comma, 2), prevedendo, tra l’altro, che gli atti adottati dalla Giunta nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza non siano soggetti a controllo (art. 31, comma 3,) e che la Giunta possa deliberare la risoluzione del contratto con il Direttore Generale, e la sua contestuale sostituzione, qualora questi non provveda nei termini all’adozione del bilancio e/o alla proposta per la copertura della perdita d’esercizio (art. 31, comma 8, lett. c), si pongono in contrasto con l'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159/07, che attribuisce al Commissario ad acta la facoltà, nell'esercizio dei suoi poteri, di disporre la “sospensione dalle funzioni” dei Direttori generali. Tali disposizioni regionali violano pertanto, integrando una menomazione delle attribuzioni del Commissario ad acta, l’art. 120, secondo comma, Cost.
In tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 2 del 2010, ha ritenuto illegittima la proroga automatica dei direttori generali delle aziende sanitarie locali disposta dalla legge regionale del Lazio n. 14 del 2008, affermando che “In forza di quanto disposto dal citato art. 4, comma 2, rientra tra le facoltà del commissario ad acta – dopo la modifica apportata al testo di tale norma dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154 (Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 dicembre 2008, n. 189 – il potere non già soltanto di proporre alla Regione «la sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere», bensì quello di «motivatamente disporre» la «sospensione dalle funzioni» dei direttori generali, facoltà che implica, evidentemente, anche quella della loro sostituzione, trattandosi di assicurare, con tale misura, la continuità nello svolgimento di incarichi che – per il loro carattere apicale – non tollerano alcuna vacatio. Ricorre, dunque, anche in questo caso la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost., in quanto la disciplina recata dalle norme impugnate integra una menomazione delle attribuzioni del commissario ad acta”. Nella medesima sentenza inoltre la Consulta ha precisato che: “la scelta di riservare esclusivamente agli organi ordinari della Regione la modifica delle disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili, pur quando esse presentino profili di interferenza con l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, si risolve in un obiettivo di svuotamento dei poteri del Commissario ad acta, e dunque in una violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.”
Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni censurate debbano essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 127 Cost.
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