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Disciplina dell'attività di cattura di uccelli da richiamo appartenenti alla specie cacciabili per l'anno 2010 ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e dell'articolo 34 della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"). (6-10-2010)
Toscana
Legge n.50 del 6-10-2010
n.41 del 11-10-2010
Politiche infrastrutturali
18-11-2010 /
Impugnata
La legge regionale 6 ottobre 2010, n.50, che disciplina l’attività di cattura di uccelli da richiamo appartenenti alla specie cacciabili per la stagione venatoria 2010, presenta diversi aspetti di illegittimità costituzionale.
Si premette che, nonostante le Regioni abbiano una competenza in materia di autorizzazione alla approvazione del piano di cattura dei richiami vivi, secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 3 della l. 157/1992 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), tale potestà deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario, di cui all'art. 117, comma 1, Cost., nonché dei principi stabiliti dal legislatore statale nella normativa richiamata, contenente gli standards minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale, secondo quanto disposto dall' art. 117, comma 2, lettera s, Cost.
Sulla base di tali premesse la legge in esame è censurabile relativamente all'articolo 2 ed all'Allegato A da esso richiamato, per le seguenti ragioni.
In primo luogo, l'autorizzazione all’attività di cattura, nei quantitativi suddivisi per provincia, per tipo di impianto e per specie, così come risulta dall'Allegato A, avviene in assenza dei presupposti e delle condizioni poste dall'art. 9 della direttiva 409/79/CEE, configurandosi, pertanto, la evidente violazione del vincolo comunitario, di cui all'art. 117, comma 1, Cost. Infatti, la cattura degli uccelli da richiamo può essere effettuata solamente ricorrendo al regime di deroga previsto dall’art. 9 della dir. 409/79/CEE, in quanto tale attività viene praticata utilizzando reti, ovvero mezzi di cattura vietati dalla direttiva stessa, ai sensi dell’art. 8, poiché ritenuti non selettivi. Di conseguenza, stante l’applicazione dell’art. 9 della dir. CEE, la possibilità di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantità, è subordinata alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di condizioni rigidamente controllate e all'impiego di modalità selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura in cui siano strettamente necessarie a soddisfare le richieste del mondo venatorio. Si tratta di misure non rispettate dalla Regione, come confermato dal parere negativo dell'ISPRA, formulato con nota del 25 agosto 2010.
In secondo luogo, la normativa in esame ha disposto l'autorizzazione dell’attività di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria in corso, in assenza del parere favorevole dell'ISPRA, il che contrasta con l'art. 4, comma 3 della l. 157/1992, che lo richiede espressamente. In effetti, l’ISPRA, nello svolgere il compito di certificazione e controllo dell’attività degli impianti assegnatogli dalla legge statale, indica , alle diverse Regioni interessate, la necessità di rispettare alcuni presupposti essenziali per ottemperare agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria. Nel caso di specie, nel parere obbligatorio reso alla Regione Toscana, l’ISPRA, esprimendo un parere sfavorevole, ha specificato che i dati relativi ai richiami vivi disponibili in Regione mostrano come la riproduzione in cattività non solo rappresenta una valida alternativa alla cattura, ma costituisce anche la principale fonte di approvvigionamento per i cacciatori toscani. Pertanto, data la situazione regionale, a giudizio dell’ISPRA, è preclusa la possibilità di prevedere forme di prelievo in natura, in applicazione dell’art. 9, comma 1, della dir. 409/79/CEE, che prevede la possibilità del ricorso al prelievo in deroga “sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti”.
Si ricorda che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 266/2010, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la legge della stessa regione Toscana, dagli analoghi contenuti, valida per la stagione venatoria 2009. Al riguardo, la Corte Cost. (al p. 6 del Considerato in diritto) afferma che, in base all’art. 9 della citata direttiva, gli Stati membri, sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, possono derogare alle misure di protezione poste dalla medesima direttiva per il conseguimento di una serie di interessi generali tassativamente indicati, fra i quali quello di consentire, in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo, la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di uccelli di piccole quantità. La Corte chiarisce anche che si tratta di un potere di deroga esercitabile in via eccezionale , che ammette l’abbattimento o la cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima, alle condizioni e ai fini di interesse generale indicati dall’art. 9.1 della stessa direttiva, e secondo le procedure e le modalità di cui al successivo art. 9.2. La Corte richiama, inoltre, la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale, l’autorizzazione agli Stati membri a derogare al divieto generale di cacciare le specie protette è subordinata alla adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall’art. 9, paragrafi 1 e2.
Alla luce di tali considerazioni, il rispetto del vincolo comunitario, derivante dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE, impone l’osservanza dell’obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate, e ciò a prescindere dalla natura del tipo di atto in concreto utilizzato per l’introduzione della deroga. Nel caso di specie, tale onere non risulta rispettato. Inoltre, il mancato assolvimento di tale onere risulta ancora più evidente se si considerano le puntuali osservazioni svolte dall’ISPRA.
Le richiamate norme regionali risultano quindi violare l'articolo 117, primo comma della Costituzione, che impone alle Regioni il rispetto dei vincoli comunitari, e l'lo stesso articolo 117, secndo comma lettera s) Cost. che riserva allo Stato la competenza in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
Per questi motivi la legge deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'art. 127 Cost.
Si richiede, inoltre , la sospensione dell'esecuzione della legge censurata in quanto, ricorrono i presupposti previsti dall'articolo 35 della legge n.87/1953, così come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 131/2003.
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