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La legge regionale è illegittima per i motivi che di seguito si espongono.
- L'art. 30 recante “misure straordinarie relative agli scarichi di acque urbane” stabilisce una deroga alla normativa statale a fronte della eventuale emergenza sanitaria derivante da una chiusura degli scarichi ad oggi non ancora a norma.
A tal fine, al comma 1 si prevede l’integrazione del piano d’ambito con “un programma di interventi indifferibili ed urgenti per l’adeguamento o la realizzazione di impianti di depurazione delle acque reflue urbane e collettamento a impianti di depurazione, che stabilisce le priorità e le relative tempistiche”.
Al successivo comma 2, si indica la data del 31 dicembre 2015 quale termine ultimo per l’adeguamento strutturale per gli agglomerati con un numero di almeno duemila abitanti equivalenti. Per il periodo necessario alla realizzazione degli interventi in parola e, comunque, non oltre i termini previsti nell’ambito del programma su menzionato, al successivo comma 3, si autorizzano le Province al rilascio di autorizzazioni provvisorie allo scarico.
Di contro, la normativa statale vigente non lascia spazio alcuno alla possibilità di proroghe temporali per mancata conformità ai dettami comunitari e nazionali vigenti che disciplinano il settore del sistema idrico integrato.
A riprova della non conformità normativa della disposizione regionale suesposta, si rammenta che l’ultima data prevista per l’adeguamento o la realizzazione delle fognature e degli impianti depurativi risale al decreto legislativo n. 152/99, il quale fissava, agli articoli 27 e 31, al 31 dicembre 2005 la data ultima per il raggiungimento di tale conformità. Tali disposizioni sono state abrogate dal successivo Codice dell'ambiente (d. lgs. 152/06) e, le disposizioni che sostituiscono i suddetti articoli e disciplinano la materia degli scarichi fognari (artt. 100 e 105), nulla dispongono in merito ad eventuali proroghe.
Derogando, quindi, alla disciplina statale, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza ed invade quella eslusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione.
- L'art. 40, comma 2, nel definire il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, contrasta con l’art. 23 bis, del d. l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica secondo cui “le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali”.
Sul punto è opportuno richiamare la più recente e consolidata giurisprudenza costituzionale che, proprio esprimendosi in tema di Servizio Idrico Integrato, ha stabilito (cfr. 9.2 cons. in diritto, sentenza n. 325/2010) riguardo al “fondamento costituzionale della legge statale che fissa il contenuto della suddetta nozione oggettiva di «rilevanza economica», che detta nozione, al pari di quella omologa di «interesse economico» propria del diritto comunitario, va utilizzata, nell’àmbito della disciplina del mercato dei servizi pubblici, quale criterio discretivo per l’applicazione delle norme concorrenziali e concorsuali comunitarie in materia di affidamento della gestione di tali servizi (come, del resto, esplicitamente affermato dal comma 1 dell’art. 23-bis). Ne deriva che, proprio per tale suo ambito di utilizzazione, la determinazione delle condizioni di rilevanza economica è riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di «tutela della concorrenza», ai sensi del secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost.
Poiché l’ordinamento comunitario esclude che gli Stati membri, ivi compresi gli enti infrastatuali, possano soggettivamente e a loro discrezione decidere sulla sussistenza dell’interesse economico del servizio, conseguentemente il legislatore statale si è adeguato a tale principio dell’ordinamento comunitario nel promuovere l’applicazione delle regole concorrenziali e ha escluso che gli enti infrastatuali possano soggettivamente e a loro discrezione decidere sulla sussistenza della rilevanza economica del servizio (rilevanza che, come piú volte sottolineato, corrisponde per il diritto interno all’interesse economico considerato dal diritto comunitario)”.
In tal modo, quindi, la disposizione regionale viola l'art.117, comma 1 della Costituzione, in riferimento ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, nonché il comma 2 dello stesso articolo, lett. e), in materia di tutela della concorrenza.
- L'articolo 42, comma 7, aggiungendo il comma 1-bis all’articolo 4 della l.r. n. 24/2009 dispone che “I Comuni territorialmente competenti curano le procedure relative all'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 5, comma 4, del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 182 (Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico)”.
Tale disposizione regionale si pone in contrasto con quanto dettato dall’articolo 5, comma 4, del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 182 che prevede, tra l’altro, che sia la Regione a curare le procedure relative all’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti, d’intesa con l’Autorità marittima per i fini di interesse di quest’ultima.
Infatti, la norma statale, oltre a prevedere tale competenza in capo alla Regione, condiziona l’esercizio della stessa alla predetta intesa che si rende necessaria in considerazione delle generali e articolate competenze dell’Autorità Marittima sia in ambito portuale sia di quelle più peculiari e delicate in materia di rifiuti.
Per gli stessi motivi di cui sopra, anche il successivo comma 9 del medesimo articolo 42 è in contrasto con l’ articolo 5, comma 4, del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 182, in quanto ricomprende, tra le funzioni amministrative dei Comuni concernenti la manutenzione dei porti, quella di provvedere alle procedure relative all’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti.
Pertanto, la legge regionale in oggetto, poiché disciplina una materia rimessa alla competenza statale, disponendo in modo non conforme alla legislazione statale in materia ambientale, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 117 Cost., comma 2, lettera s), ai sensi del quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Per i suddetti motivi si ritiene di proporre questione di legittimità costituzionale dinanzi la Corte Costituzionale.
Si richiede, inoltre, per i motivi sopra censurati, alla luce della costante giurisprudenza costituzionale in materia tutela della concorrenza, nonché in riferimento ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (in particolare sent. n. 325/10), di sospendere l'esecuzione della legge censurata, soprattutto in riferimento alle censure relative all'articolo 40, in quanto ricorrono i presupposti previsti dall'articolo 35 della legge n. 87/1953, così come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 131/2003.
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