Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per l'attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art. 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2011. (23-12-2010)
Lombardia
Legge n.19 del 23-12-2010
n.52 del 27-12-2010
Politiche economiche e finanziarie
23-2-2011 / Impugnata
La legge regionale è illegittima per i motivi che di seguito si espongono.

- L'art.3, comma 2 modifica l'art.25, comma 6 della l.r. n.20/2008, disponendo che le economie risultanti dalla riduzione dell'organico complessivo della dirigenza possono essere destinate alle valorizzazioni delle posizioni organizzative in aggiunta alle risorse annualmente stanziate ai sensi del vigente CCNL di comparto.
Si rappresenta, al riguardo, che tale materia è riservata alla contrattazione collettiva e, pertanto, la disposizione regionale si pone in contrasto con le norme contenute nel Titolo III (da art.40 a art.50) del D.Lgs. N.165/2001, le quali indicano le procedure da seguire in sede di contrattazione collettiva nonché l'obbligo del rispetto della normativa contrattuale.
Così disponendo, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza ed invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile riconosciuta dall'art. 117, comma 2 lett. l) della Costituzione.

- L’ art. 14, rubricato “Modifica alla L.R. n. 26/2003, concernente disposizioni in materia di grandi derivazioni ad uso idroelettrico”, è censurabile per i motivi che di seguito si espongono.
In particolare sono censurabili i seguenti commi:

- L'art.14, comma 3, prevede che “La Regione, in assenza e nelle more dell'individuazione dei requisiti organizzativi e finanziari minimi e dei parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti le procedure di gara, di cui all'art. 12, comma 2, del D.Lgs. 79/1999, provvede a determinare i suddetti requisiti e parametri entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo”.
Così disponendo, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza ed invade quella esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, comma 2, lett. e).
La previsione regionale, infatti, riguarda le procedure di gara e non la produzione, trasporto e distribuzione dell’energia. In altri termini, la disposizione non regola affatto il modo di produrre l’energia, ma detta unicamente misure che incidono sulle procedure di scelta del concessionario. Sul punto, giova richiamare la sentenza n. 1/2008 della Corte costituzionale, che ha chiaramente affermato che, in tema di concessioni idroelettriche, la disciplina dell’espletamento delle gare ad evidenza pubblica, rientra nella materia della «tutela della concorrenza» di competenza esclusiva dello Stato (punto 7.3, cons. in dir.). D’altra parte, secondo la stessa Corte, basta rilevare al riguardo che la gara pubblica costituisce uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza (sentenza n. 401 del 2007). Nella stessa sentenza n. 1/2008, la Consulta ha inoltre rilevato che la determinazione dei “requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri di aumento dell’energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara, è un atto che, da un lato, è riconducibile alla indicata competenza statale in materia di tutela della concorrenza, dall’altro, interferisce su aspetti organizzativi, programmatori e gestori della materia, di competenza concorrente, della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia (art. 117, terzo comma, della Costituzione)” (punto 7.3, cons. in dir.). Inoltre, “In ordine a tale potere, che indirettamente potrebbe coinvolgere, per il suo concreto atteggiarsi (aumento dell’energia prodotta e della potenza installata), anche aspetti di gestione del territorio, deve riconoscersi la necessità di assicurare un potere specifico degli organi dello Stato, chiamati a tutelare la concorrenza nel settore economico di riferimento, nonché interessi unitari alla produzione e gestione di una risorsa strategica qual è l’energia idroelettrica, ma, al contempo, anche la necessità di un coinvolgimento, sul piano amministrativo, delle Regioni (v. sentenza n. 383 del 2005). Va rimessa alla discrezionalità del legislatore la predisposizione di regole che comportino il coinvolgimento regionale nell’adozione del decreto in questione (v. sentenza n. 231 del 2005)” (punto 7.3, cons. in dir., sent. N. 1/2008). A tale indicazione del giudice costituzionale, il legislatore statale ha pienamente ottemperato introducendo la nuova formulazione del comma 2 dell’art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999, a tenor del quale “Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio provvedimento ed entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell’interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo” (comma così sostituito, da ultimo, dalla lettera c) del comma 6-ter dell’art. 15, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione);

- Sono censurabili i commi 7, 8, 9 e 10 del medesimo art.14.
Tali previsioni regionali stabiliscono che gli impianti afferenti l’utilizzazione delle acque pubbliche demaniali delle grandi derivazioni idroelettriche sono direttamente conferiti a società pubbliche patrimoniali di scopo (comma 7); che la Regione, anche per il tramite di tali società, affida l’esercizio industriale di detti impianti mediante procedure di evidenza pubblica, ovvero direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata (comma 8); che le concessioni idroelettriche ricadenti nei territori delle province montane, ovvero delle provincie abbiano il 50 per cento del territorio ad una quota superiore a 500 metri sul livello del mare, siano affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata (comma 9); che la concessione per l’uso delle acque pubbliche è rilasciata, di diritto, in favore dei soggetti affidatari degli impianti. Tali norme regionali prefigurano un sistema di affidamento di impianti afferenti alle grandi idroelettriche e non invece un sistema di affidamento, tramite gara, delle concessioni idroelettriche. Ciò si pone in aperto contrasto con il regime delle concessioni idroelettriche e degli impianti ad essi afferenti, quale prefigurato dall’art. 12 del d.lgs. N. 79/1999 nonché dall’art. 25 del T.U. delle leggi sulle acque e impianti elettrici (r.d. 1775/1933). Ora, poiché tali norme statali costituiscono principi fondamentali della materia di competenza concorrente “energia”, la loro violazione si riverbera in una violazione dell’art. 117, comma 3, Cost.
Inoltre, va osservato che il richiamo, operato nell’art. 14 della legge regionale in oggetto, al decreto legislativo n. 85/2010 (sul “federalismo demaniale”) non vale a giustificare l’intervento regionale sugli impianti di cui sopra. Tali impianti, infatti, non rientrano nella disponibilità della Regione, non essendo ricompresi nel novero dei beni pubblici regionali indicati dal precitato decreto legislativo.
Ad ogni buon conto, una parte rilevante dei sopra citati commi 7, 8, 9 e 10, prevedendo affidamenti diretti (ovvero senza gara), si pone in contrasto con i principi generali dell’ordinamento nazionale e comunitario in tema di concorrenza e costituisce, quindi, violazione dell’art. 117, comma 1, Cost.
Va infine osservato che la disciplina delle procedure di affidamento di beni e servizi rientrano nella competenza esclusiva del legislatore statale in materia di concorrenza. Sul punto è dirimente la sentenza n. 401/2007, in cui la Corte costituzionale ha in particolare affermato che “la procedura di affidamento – volta allo scopo di garantire i […] principi diretti a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti – è fondamentalmente riconducibile alla materia della tutela della concorrenza” (punto 6.7). Nella stessa sentenza, la Corte ha inoltre rilevato come “la tutela della concorrenza […] abbia natura trasversale, non presentando i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di «una funzione esercitabile sui più diversi oggetti» (sentenza numero 14 del 2004; si vedano, altresì, le sentenze numeri 29 del 2006; 336 del 2005 e 272 del 2004). Nello specifico settore degli appalti deve, però, ritenersi che la interferenza con competenze regionali si atteggia, in modo peculiare, non realizzandosi normalmente un intreccio in senso stretto con ambiti materiali di pertinenza regionale, bensì la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa. Ne consegue che la fase della procedura di evidenza pubblica, riconducibile alla tutela della concorrenza, potrà essere interamente disciplinata […] dal legislatore statale” (punto 6.7, cons. in dir.).

Così disponendo, il legislatore regionale eccedendo dalla propria competenza, viola l'art.117, comma 1 della Costituzione per i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, l'art.117, comma 2 lett.e) della Costituzione in materia di tutela della concorrenza nonché l'art.117, comma 3 della Costituzione in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia.
Inoltre, limitatamente al comma 7 dell'art.14 si rileva anche una violazione dell'art.117, comma 2, lett.s) ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

Per i suddetti motivi si propone questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

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