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Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), in attuazione dell'articolo 2, comma 186 bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. (27-12-2010)
Lombardia
Legge n.21 del 27-12-2010
n.52 del 28-12-2010
Politiche infrastrutturali
23-2-2011 /
Impugnata
La legge in esame che, in attuazione dell’art. 2, comma 186 bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, detta modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26, recante la disciplina dei servizi locali di interesse economico generale e norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche, presenta diversi profili di illegittimità costituzionale relativamente alla disposizione di cui all’art. 1, comma 1, lettera t).
L’art. 1, comma 1, lettera t) della legge in esame novella l’art. 49, della l.r. n. 26/2003, in tema di organizzazione del servizio idrico integrato. Il nuovo articolo 49 della legge regionale n. 26/2003 risulta quindi censurabile relativamente ai commi 2 e 4 per i seguenti motivi:
1) La norma contenuta nel novellato art. 49, comma 2, stabilisce che gli enti locali possono costituire una società patrimoniale di ambito ai sensi dell’art. 113, comma 13, del d.lgs. 267/2000, a condizione che questa società sia unica per ciascun ATO e vi partecipino, direttamente o indirettamente, i comuni rappresentativi di almeno i due terzi del numero dei comuni dell’ambito, mediante conferimento della proprietà delle reti, degli impianti, delle altre dotazioni patrimoniali del servizio idrico integrato e, in caso di partecipazione indiretta, del relativo ramo d’azienda.
Tale disposizione contrasta con l’art. 143, comma 1, del d.lgs. 152/2006, secondo il quale gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli art. 822 e ss del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.
Il trasferimento della proprietà, come previsto dalla norma regionale, ad una società che è soggetto di diritto privato comunque in posizione di alterità soggettiva rispetto agli enti pubblici soci, si pone in contrasto non soltanto con la citata disposizione statale, bensì anche con gli art. 822, 823, 824, del cod. civ., dalla lettura combinata dei quali si evince che gli acquedotti provinciali e comunali sono soggetti al regime del demanio pubblico che, per l’appunto, ne prevede la inalienabilità se non nei modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
La norma regionale risulta inoltre violare l’art. 23 bis comma 5 del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 133 del 2008 , in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, dove si afferma che resta ferma la proprietà pubblica delle reti .
In proposito, si evidenzia, che il comma 13 dell’art. 113 del d. lgs. 267/2000, richiamato dalla norma regionale, pur non esplicitamente abrogato dall’ art. 12 del DPR n. 168 del 2010, recante il regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica , prevede espressamente che la disciplina in esso contenuta si applichi “nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore”. Sennonché, come si è detto, l’art. 143, comma 1, del d. lgs. 152/2006 , parimenti estraneo al catalogo delle norme espressamente abrogate di cui al combinato disposto degli artt. 23-bis, comma 10, lett. m., del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 133 del 2008 e 12 del DPR n. 168 del 2010, costituisce norma di settore che prevale sul disposto del citato comma 13 dell’articolo 113 del TUEL e rende quindi illegittima la previsione di un trasferimento della proprietà degli impianti ad una società, ancorché a partecipazione pubblica.
Pertanto, anche quando non si ritenga implicitamente abrogato il comma 13 dell’articolo113 del d.lgs. n. 267 del 2000, la clausola di salvezza ivi contenuta riguardo alle discipline di settore determina la prevalenza del citato art. 143, comma 1, del d. lgs. 152/2006, e (di riflesso) il contrasto fra quest’ultimo e la norma della L.R. in oggetto. Le medesime illegittimità si rilevano in ordine al collegato comma 6, lettera c) del novellato articolo 49 che dispone che l’ente responsabile dell’ATO definisca i criteri per il trasferimento dei beni e del personale delle gestioni esistenti.
2) Il nuovo comma 4, dell’art. 49, stabilisce che in ogni caso la società patrimoniale pone a disposizione del gestore incaricato della gestione del servizio le reti, gli impianti, le altre dotazioni patrimoniali, e l’ente responsabile dell’ATO può assegnare alla società il compito di espletare le gare per l’affidamento del servizio, le attività di progettazione preliminare delle opere infrastrutturali relative al servizio idrico e le attività di collaudo delle stesse.
La nuova formulazione del comma 4, nella parte in cui consente di sottrarre all’ATO la competenza ad aggiudicare la gestione del servizio idrico integrato, contrasta con le disposizioni della normativa statale di riferimento, di cui l’art. 150, comma 2, del d.lgs. 152/2006 e l’art. 12, comma 1, lettera b), del DPR n. 168/2010, che prevedono che sia L’autorità d’Ambito ad aggiudicare la gestione del servizio idrico integrato. Del resto, la riserva alla legge statale del potere di attribuire ad altri le funzioni già di competenza degli ATO è confermata anche dalla l. n. 191/2009, all’art. 2, comma 186 bis, la quale, nel prevedere la soppressione delle AATO e la successiva attribuzione delle relative funzioni, ha previsto la loro attribuzione in blocco ad altro, unico soggetto, anziché, come invece previsto dalla disposizione regionale in parola, l’enucleazione di una singola attribuzione da devolvere a soggetto formalmente privato isolatamente dalle rimanenti competenze (quale, ad es., la redazione del Piano d’ambito, che come noto costituisce una sorta di antecedente logico, giuridico, economico e tecnico-operativo degli atti, ad iniziare dal bando, necessari alla indizione e celebrazione della gara per l’affidamento).
Le richiamate disposizioni regionali, dunque, risultando non conformi alla citata legislazione di settore, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 117 Cost., comma 2, lettera e), m) ed s), ai sensi del quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e della tutela della concorrenza e della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
La legge deve quindi essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione
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