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Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione (Legge finanziaria 2011). (29-12-2010)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.22 del 29-12-2010
n.1 del 5-1-2011
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011, è stata impugnata da parte del Governo la legge della Regione Friuli Venezia Giulia n. 22 del 29 dicembre 2010, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione (Legge finanziaria 2011)", per vari profili di illegittimità.
Tra le varie censure è stata sollevata questione di legittimità costituzionale in quanto l'art. 2, comma 1), e comma 8) nel prevedere, al comma 1, un meccanismo agevolativo nella forma di credito di imposta a valere sull'Irap, si pone in contrasto con l'art.16 del D.lgs. N.446/1997 e, nel disporre, poi, al comma 8, che per le suddette agevolazioni si utilizza il criterio della residenza anagrafica, lede non solo i principi tributari ma anche le norme comunitarie del Trattato con conseguente violazione dell'art.117, comma 1 della Costituzione.
Successivamente la Regione Friuli Venezia Giulia, con l'art. 2, comma 1, lett.a) della L.r. n.4/2011 recante "Modifiche alle leggi regionali 22/2010, 11/2009, 4/2005, 3/2001 e 13/2009 in materia di agevolazioni alle imprese, di sportello unico per le attività produttive e di accordi di programma", ha modificato l'art.2, comma 1 della l.r. n.22/2010.
Inoltre, all'art.2, comma 1, lett.d) della L.r. n.4/2011 ha abrogato la disposizione contenuta nell'art.2, comma 8 della L.r. n.22/2011 eliminando in tal modo i motivi di illegittimità costituzionale.
L'Ul Finanze ha formulato parere favorevole sia con riferimento alla modifica dell'art.2, comma 1 che all'abrogazione del comma 8 dello stesso articolo della L.r. n.22/2010.
Pertanto, considerato che sono venute meno le ragioni che hanno determinato l'impugnativa della legge regionale indicata in oggetto, sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso.
Con la stessa delibera del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011 è stata sollevata poi questione di legittimità costituzionale in merito alle disposizioni contenute negli art.3, comma 37 e 4, comma 68 della L.r. n.22/2010.
In particolare, l'art.3, comma 37, nel prevedere che la Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale dell'ambiente, autorizzi lo svolgimento di manifestazioni sportive motoristiche all'interno di tutte le aree protette, anche in deroga alle disposizioni previste dalla l.r. n.17/2006, si pone in contrasto con l'art. 11 della legge 6 dicembre 1991, n. 394” il quale al comma 2, lettera c) dispone che “il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo” sia disciplinato dal regolamento del parco".
Inoltre, comportando interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di specie tutelati ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e della Direttiva 2009/147/CE, viola anche l'art.117, comma 1 della Costituzione, nella parte in cui il legislatore regionale non rispetta i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.
L'articolo 4, comma 68, nel disporre che i rifiuti urbani prodotti in Regione possono circolare liberamente sul territorio regionale e possono essere trattati anche in impianti non appartenenti all'ambito territoriale ottimale di produzione, si pone in contrasto con l'art.182 bis del d. lgs. n.152/2006, il quale afferma il principio di autosufficienza per lo svolgimento di attività di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani non pericolosi.
Il legislatore regionale, nel porsi in contrasto con tale principio, eccede dalla propria competenza di cui agli artt.4 e 5 dello Statuto di autonomia, ed invade la competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di cui all'art.117, comma 2, lett.s) della Costituzione.
Successivamente la Regione Friuli Venezia Giulia, con l'art. 20, comma 1, lett.d) della L.r. n.6/2011 recante "Disposizioni in materia di attività estrattive e di risorse geotermiche", ha disposto l'abrogazione delle sopra citate norme regionali, eliminando in tal modo i motivi di illegittimità costituzionale.
L'Ul Ambiente, pur precisando che la legge regionale n.6/2011 presenta profili di illegittimità costituzionale in merito agli artt.1 e 24, peraltro oggetto di impugnazione governativa, nulla ha osservato sulle abrogazioni degli artt.3, comma 37 e 4, comma 68 della l.r. n.22/2010.
Pertanto, considerato che sono venute meno le ragioni che hanno determinato l'impugnativa della legge regionale indicata in oggetto, sussistono i presupposti per rinunciare ai suddetti motivi di impugnativa.
Permangono ancora validi, invece, gli altri motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011.
3-3-2011 /
Impugnata
La legge regionale è illegittima per i motivi che di seguito si espongono.
- L'art.2 rubricato "Finalità 1 - attività economiche" prevede, al comma 1, la facoltà per l'amministrazione regionale di concedere, per finalità di sostegno alle attività economiche e di incremento occupazionale, contributi nella forma di credito di imposta a valere sull'imposta regionale sulle attività produttive a favore di microimprese e piccole imprese operanti nel territorio regionale, e alle condizioni previste dai commi successivi.
Il legislatore regionale, introducendo un meccanismo agevolativo, eccede dalla propria competenza statutaria ed invade quella esclusiva dello Stato in materia di sistema tributario di cui all'art.117, comma 2 lett.e) della Costituzione.
Infatti l'articolo 2, comma 1, non circoscrive espressamente l'operatività delle suddette misure di agevolazione entro l'ambito dei soli tributi regionali, estendendo quindi la misura del credito d'imposta anche ai tributi erariali; tale estensione è preclusa al legislatore regionale.
La Corte Costituzionale, con la sent. n. 123/2010, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art.12 della l.r. Campania n.1/2009 (norma questa che introduceva agevolazioni fiscali sotto forma di crediti di imposta) ha chiarito che la previsione di un'agevolazione tributaria nella forma di credito di imposta applicabile a tributi istituiti e disciplinati dalla legge statale, costituisce una integrazione della disciplina dei medesimi tributi erariali, preclusa alle regioni. Ciò in quanto allo stato attuale della normativa, non risultano sussistere tributi regionali "propri", ma tributi regionali "derivati", cioè tributi istituiti e disciplinati con legge statale e il cui gettito è attribuito alle regioni. Con riferimento all'Irap, la stessa Consulta ha osservato (cfr. sent. n.357/2010) che anche dopo la sua regionalizzazione, tale imposta resta un tributo erariale, in quanto lo Stato continua a regolare compiutamente la materia e a circoscrivere con precisione gli ambiti di intervento regionali (cfr. sent. N.216/2009).
Pertanto, alla luce dei principi espressi dalla Corte Costituzionale, l'art.2, comma 1 che introduce un meccanismo agevolativo nella forma del credito di imposta a valere su un tributo regionale "derivato" quale l'Irap, in ordine al quale l'art.16 del d.Lgs. N.446/1997 prevede la sola possibilità per gli enti territoriali di variazione dell'aliquota, viola l'art.117, comma 2 , lettera e), della Costituzione, che riserva allo Stato competenza esclusiva in materia di sistema tributario.
Inoltre, con la suddetta norma, il legislatore regionale eccede anche dalla sua competenza statutaria di cui agli artt.4 e 5 dello Statuto di autonomia. Peraltro, l'art.5 dello statuto prevede, al n.3, che la Regione, in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole materie, ha potestà legislativa nell' istituzione di tributi regionali prevista nell’articolo 51 dello stesso statuto. Tuttavia, l'art.51, al comma 3 lett.a) dispone la facoltà per la Regione, peraltro solo "con riferimento ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilità", di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni dal pagamento, detrazioni d'imposta e deduzioni della base imponibile. Si evidenzia che i meccanismi agevolativi applicabili sono solo quelli espressamente indicati dalla norma, con esclusione di introdurne altri.
Il legislatore regionale, pertanto, eccedendo dalla propria competenza statutaria per i motivi di cui sopra, invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del sistema tributario di cui all'art.117, comma 2 lett.e) della Costituzione.
Inoltre, nel prevedere, all'art.2, comma 8, agevolazioni del suddetto credito di imposta utilizzando il criterio della residenza anagrafica, lede anche le norme comunitarie del Trattato con conseguente violazione dell'art.117, comma 1 della Costituzione.
In particolare, la possibilità che, attraverso lo strumento del credito d'imposta, possano concedersi agevolazioni per le assunzioni di persone che abbiano avuto la residenza anagrafica nella Regione Friuli Venezia Giulia per almeno 5 anni e in Italia da almeno 10 anni (art.2, comma 8), oltre a violare l'art.3 della Costituzione per l'uguaglianza dei cittadini, viola anche le norme contenute nel Trattato CE, primo tra tutti l'articolo 12 che reca il principio per cui è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità.
È altresì violato l'articolo 39 del Trattato CE che garantisce la libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità ed al contempo esclude qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità. In applicazione delle citate disposizioni del Trattato, il Regolamento del Consiglio n. 1612/68, relativo, appunto alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, dispone l'abolizione di qualsiasi forma di discriminazione fra i lavoratori degli Stati membri, per quanto concerne tutte le condizioni riguardanti l'impiego e il diritto di spostarsi liberamente per esercitare un'attività subordinata.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia, poi, l'articolo 39 del Trattato CE e l'articolo 7 del regolamento n. 1612/68, in materia di parità di trattamento, vietano non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato (cfr., in particolare, sent. Corte di Giustizia C - 337/97). Ciò vale, in particolare, nel caso di una condizione relativa alla residenza, che è più facilmente soddisfatta da lavoratori nazionali o, addirittura, da lavoratori residenti nelle regioni italiane comprese nell’obiettivo Convergenza, che da quelli degli altri Stati membri o delle altre Regioni. Infine, nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, anche il diritto di stabilimento di cui all'articolo 43 del Trattato CE - che assicura l'accesso alle attività non salariate ed al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società - esclude tutte quelle discriminazioni che se pure non fondate sulla nazionalità, comportano di fatto una discriminazione a danno di tutti gli altri cittadini.
Ciò premesso, la norma in esame risulta idonea a determinare discriminazioni oltre per per gli altri lavoratori nazionali anche per i lavoratori provenienti dagli altri Stati membri, ponendosi in contrasto con i principi enunciati del Trattato di cui agli articoli 12, 39 e 43, nonché con il regolamento n. 1612/68, in materia di libera circolazione dei lavoratori e di non discriminazione in base alla nazionalità, nonché con l'articolo 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza.
La disposizione inoltre viola l'articolo 117, comma 1, della Costituzione per violazione dei limiti derivanti dall'Ordinamento comunitario nell'esercizio della potestà legislativa regionale.
La stessa norma viola, infine, l'articolo 120, comma 1, della Costituzione che fa espressamente divieto al legislatore regionale di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone tra le Regioni, né di limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il legislatore regionale, quindi, eccedendo dalla sua competenza statutaria di cui agli artt. 4 e 5 dello Statuto di autonomia, lede i suddetti principi comunitari, violando l'art.117, comma 1, l'art.3 e l'art.120 della Costituzione.
- L'art.3, comma 37, attraverso l'introduzione dei commi 1 bis, 1 ter, 1 quater e 1 quinquies, all'art.12 della l.r. n.17/2009, prevede che la Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale dell'ambiente, autorizzi lo svolgimento di manifestazioni sportive motoristiche all'interno di tutte le aree protette, anche in deroga alle disposizioni previste dalla l.r. n.17/2006 (Interventi in materia di risorse agricole, naturali, forestali e montagna e in materia di ambiente, pianificazione territoriale, caccia e pesca).
Tali eventi sportivi sono autorizzati "unicamente su percorsi ricavati entro specifiche aree golenali e fluviali, ivi comprese tutte le aree magredili adiacenti, incluse quelle appartenenti al demanio militare alla data del 31 dicembre 2009". Inoltre, laddove non vi siano piste segnate a terra, saranno autorizzati percorsi solo su alveo attivo, affinchè sia individuabile una traccia, possibilmente con livellamenti del terreno operati da macchine operatrici in accordo con l'Ufficio provinciale dei lavori pubblici.
La disposizione regionale si pone in contrasto con l'art. 11 della legge 6 dicembre 1991, n. 394” il quale al comma 2, lettera c) dispone che “il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo” sia disciplinato dal regolamento del parco".
In considerazione che la norma statale riconosce al piano del parco, quale strumento insostituibile di programmazione, regolazione e controllo, appare evidente che la disposizione comporta interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di specie tutelati ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e della Direttiva 2009/147/CE.
Così disponendo, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza statutaria di cui agli artt. 4 e 5 dello Statuto di autonomia ed invade quella esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui all'art. 117, comma 2 lett.s) della Costituzione, che individua standard minimi ed uniformi di tutela validi sull’intero territorio nazionale.
Inoltre, comportando interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di specie tutelati ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e della Direttiva 2009/147/CE, viola anche l'art.117, comma 1 della Costituzione, nella parte in cui il legislatore regionale non rispetta i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.
- L'articolo 4, comma 68, nel disporre che i rifiuti urbani prodotti in Regione possono circolare liberamente sul territorio regionale e possono essere trattati anche in impianti non appartenenti all'ambito territoriale ottimale di produzione, si pone in contrasto con l'art.182 bis del D.Lgs. n.152/2006.
Infatti la norma statale sopra richiamata, afferma il principio di autosufficienza e il principio di prossimità, per lo svolgimento di attività di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani non pericolosi.
Con tale principio, il legislatore statale vuole garantire che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati, siano realizzati attraverso il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali, nonché per utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
Il legislatore regionale, nel porsi in contrasto con tale principio e nel prevedere che i rifiuti urbani possono essere trattati anche in impianti non appartenenti all'ambito territoriale ottimale di produzione, eccede dalla propria competenza di cui agli artt. 4 e 5 dello Statuto di autonomia, ed invade la competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di cui all'art.117, comma 2, lett.s) della Costituzione.
-L'art.10 rubricato "Finalità 9 - sussidiarietà e devoluzione" prevede ai commi 68 e 69 disposizioni in materia di sportello unico per le attività produttive.
In particolare, il comma 68 dell'art.10, nel modificare l'art. 6 della l.r. n.3/2001, dispone che al fine dell'attivazione e dello svolgimento coordinato delle funzioni degli sportelli unici, la Regione promuove accordi con gli uffici periferici dello Stato, con le Province, con i Comuni e con altri soggetti pubblici per l'individuazione dei procedimenti di competenza dello sportello unico entro il 30 giugno 2011.
Con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, sono individuati i procedimenti amministrativi regionali che a partire dal termine indicato nel decreto medesimo sono inseriti nel procedimento di competenza dello sportello unico entro il 30 giugno 2011.
Il comma 69 dell'art.10, invece, nel modificare l'art.53 della l.r. n.13/2009, dispone che gli sportelli unici sono istituiti in forma singola o associata entro il 30 giugno 2011 e, nel caso in cui, al momento della scadenza del termine del 30 giugno 2011, il Comune non abbia istituito lo sportello unico, l'esercizio delle relative funzioni è delegato, decorsi trenta giorni dal predetto termine, alla Camera di Commercio territorialmente competente.
Così disponendo il legislatore regionale eccede dalla propria competenza statutaria di cui agli artt.4 e 5 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di coordinamento informativo, statistico ed informatico dei dati dell'amministarzione statale, regionale e locale di cui all'art.117, comma 2 lett.r) della Costituzione.
Infatti, la possibilitò di disciplinare l'attività dello sportello unico con un decreto del Presidente della Regione, di prevedere il termine al 30 giugno 2011 per l'istituzione del SUAP e nel permettere alle Camere di commercio di subentrare nelle attività se i Comuni saranno inerti, si pone in contrasto con gli artt. 4 e 12 del DPR n.160/2010.
Le suddette disposizioni statali, nel disciplinare la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, prevedono che il termine per le procedure di cui sopra siano fissate entro 180 giorni dalla data di pubblicazione del D.P.R. n.160/2010 (il quale è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale del 30 settembre 2010). Il termine dato dal legislatore statale non ammette deroghe; pertanto, il legislatore provinciale nel prevedere tempi di attuazione diversi, rende inefficace il coordinamento del Suap a livello nazionale.
Anche la Corte Costituzionale, con sentenza n.15/2010, ha chiarito che la disciplina dello sportello unico per le attività produttive è fondata «sulla concentrazione in una sola struttura […] della responsabilità dell'unico procedimento attraverso cui i soggetti interessati possono ottenere l'insieme dei provvedimenti abilitativi necessari per la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi, nonché sulla concentrazione nello "sportello unico" […] dell'accesso a tutte le informazioni da parte dei medesimi soggetti interessati: ciò al fine di evitare che la pluralità delle competenze e degli interessi pubblici oggetto di cura in questo ambito si traduca per i cittadini in tempi troppo lunghi e in difficoltà di rapporti con le amministrazioni» (sentenza n. 376 del 2002).
Si evocano, quindi, proprio quelle attività di coordinamento che il nostro ordinamento costituzionale attribuisce, come competenza legislativa esclusiva, allo Stato con la lettera r) del secondo comma dell'art. 117 Cost. È altresì previsto gli sportelli unici sono destinati a svolgere un ruolo importante di assistenza al prestatore sia come autorità direttamente competente a rilasciare i documenti necessari per accedere ad un'attività di servizio sia come intermediario tra il prestatore e le autorità direttamente competenti».
Tanto premesso, si ribadisce che il legislatore regionale eccede dalla propria competenza statutaria di cui agli artt.4 e 5 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di coordinamento informativo, statistico ed informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale di cui all'art.117, comma 2 lett.r) della Costituzione.
- L'articolo 12, comma 30 dispone che, ai fini del conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica di cui all’art. 9, commi 5, 6, 7, 8 e 28, del D.L. n. 78/2010, alle Amministrazioni del comparto unico del pubblico impiego regionale e locale e agli enti del Servizio sanitario regionale, continuano ad applicarsi le norme contenute nell'art.13, commi da 14 a 23 della L.r. n.24/2009.
Così disponendo il legislatore regionale eccede dalla propria competenza statutaria di cui agli artt.4 e 5 dello Statuto di autonomia e, non prevedendo un risparmio di spesa per le suddette amministrazioni, viola l'art.117, comma 3 della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica.
- L'articolo 12, comma 31 dispone che i limiti di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 non trovano applicazione per l’Agenzia regionale del lavoro.
Così disponendo, il legislatore regionale, ponendosi in contrasto con l'art.9, comma 28 del d.l.n.78/2010, il quale prevede che la riduzione di spesa si applica anche alle agenzie, eccede dalla propria competenza statutaria di cui agli artt. 4 e 5 dello Statuto di autonomia e viola l'art.117, comma 3 della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica.
- L'articolo 14, ai commi 43 e 44, stabilisce una serie di ulteriori deroghe in materia assunzionale, rispetto a quanto già previsto dall’art. 13, comma 16, della L.R. n. 24/2009.
Infatti, il comma 43 dell'art.14, nel modificare l'art.13 della l.r. n.24/2009 dispone che le amministrazioni, prima di procedere alle assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato nonché a quelle con contratto di lavoro a tempo determinato, verificano, in attuazione del principio generale di sussidiarietà e ai fini di una spesa pubblica reversibile, la possibilità e la convenienza di ricorrere ad appalti di servizi o ad incarichi professionali; prevede che, in caso di esito negativo della suddetta verifica l'assunzione di personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato e determinato e il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa può avvenire, per gli esercizi 2010 e 2011, nel limite di un contingente di personale la cui spesa annua onnicomprensiva non superi il 20 per cento di quella relativa alle cessazioni di personale a tempo indeterminato avvenute nel corso dell'esercizio precedente e non già riutilizzata nel corso dell'esercizio stesso.
La stessa norma, prevede poi che detto limite è derogabile:
a) per il contratto di lavoro a tempo indeterminato:
1. [per le assunzioni di categorie protette comprese nella quota d'obbligo];
2. per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti;
3. per l'assunzione di personale tecnico della Protezione civile dell'Amministrazione regionale;
4. per l'assunzione di personale della Polizia locale, al solo fine di garantire i requisiti minimi di omogeneità previsti dalla normativa regionale vigente in materia;
b) per il contratto di lavoro a tempo determinato e, ove previsto, per il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa:
01. per i comuni con popolazione fino ai 5.000 abitanti;
1. nel caso di lavoratori socialmente utili;
2. nel caso di iniziative di lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 9, comma 48, della presente legge;
3. nel caso di rapporti di lavoro coperti da finanziamenti esterni nell’ambito di progetti e programmi comunitari e di cooperazione ovvero coperti con risorse regionali al fine di conseguire gli obiettivi di impegno e di spesa della programmazione POR FESR 2007-2013;
3-bis. Nel caso di rapporti di lavoro coperti da finanziamenti concessi ai sensi della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), e della legge 23 febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia);
4. nel caso di personale utilizzato per la progettazione ed esecuzione del 6° Censimento generale dell'agricoltura ai sensi dell'articolo 17 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 166/2009, nonché del personale utilizzato da parte dei Comuni per l’attività inerente al 15° censimento generale della popolazione;
5. nel caso di conferimento di incarichi dirigenziali;
5-bis. Per l’assunzione di personale della Polizia locale al solo fine di garantire i requisiti minimi di omogeneità previsti dalla normativa regionale vigente in materia;
6. nel caso di personale di supporto agli organi politici;
7. per la sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto, qualora l'assenza sia prevista per almeno tre mesi, salvi i casi in cui la sostituzione è comunque obbligatoria.
7-bis. Nel caso di incarichi conferiti ai componenti esterni del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici operante ai fini della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali), nonché di incarichi conferiti a esperti per il supporto tecnico alle attività del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici nelle fasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica di piani, programmi e politiche di intervento e nell'attività di valutazione unitaria della politica regionale di coesione.
Con riferimento agli enti locali della Regione, sono previste le seguenti ulteriori fattispecie di deroga ai suddetti limiti:
a) per il contratto di lavoro a tempo indeterminato:
1) esigenze di copertura da parte dei comuni gestori di ambito socio-assistenziale di posti resisi vacanti a seguito di cessazioni;
b) per il contratto di lavoro a tempo determinato e, ove previsto, per il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa:
1) attività finanziate totalmente o cofinanziate con fondi a destinazione vincolata;
2) esigenza di assicurare attività correlate all’esercizio di attività stagionale non utilmente fronteggiabile con altre modalità;
3) esigenza di fronteggiare stati di emergenza dichiarata o calamità naturale;
4) esigenze di copertura da parte dei comuni gestori di ambito socio-assistenziale di posti resisi vacanti a seguito di cessazioni.
Il comma 44 dell'art.14 prevede, poi, che per alcune delle finalità richiamate, trovano applicazione le modalità e le tempistiche già definite dalla Giunta regionale, alla data di entrata in vigore della presente legge, per le ipotesi di deroga al limite di cui al comma 16 dell'articolo 13 della l.r. n.24/2009.
Come si evince dalla modifica regionale introdotta, tale quadro normativo contrasta con l’art. 14, commi da 7 a 10, del più volte citato D.L. n. 78/2010, il quale dispone che, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno devono assicurare, tra l'altro, anche la riduzione delle spese di personale.
Il legislatore regionale, non rispettando tali limiti, eccede dalla propria competenza statutaria di cui agli artt.4 e 5 dello Statuto di autonomiae viola i principi stabiliti dall’art. 117, comma 3 della Costituzione, nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
Per i suddetti motivi, si ritiene di proporre questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'art.127 della Costituzione.
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