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Norme per la tutela degli animali e la prevenzione del randagismo. (3-8-2022)
Sicilia
Legge n.15 del 3-8-2022
n.35 del 5-8-2022
Politiche socio sanitarie e culturali
28-9-2022 /
Impugnata
La legge della Regione Siciliana 3 agosto 2022, n. 15, recante: “Norme per la tutela degli animali e la prevenzione del randagismo", presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 12 e 34.
In particolare, si rileva che l’articolo 12 legge della Regione Siciliana 3 agosto 2022, n. 15, rubricato "Obblighi e divieti dei proprietari e dei detentori", prevede i seguenti divieti:
“a) l'abbandono dei cani, dei gatti e di qualsiasi altro animale domestico o di affezione custodito;
b) vendere o cedere, a qualsiasi titolo ed anche sul web, cani e gatti non identificati e non registrati in anagrafe;
c) vendere o cedere, a qualsiasi titolo, o separare dalla madre, per qualsiasi finalità, cani e gatti di età inferiore ai due mesi, fatti salvi i casi in cui i cuccioli devono essere allontanati dalla madre per motivi sanitari;
d) offrire, direttamente o indirettamente, animali d'affezione come premio, vincita, omaggio o regalo per giochi, sottoscrizioni o altre attività che si svolgono in occasione di qualsivoglia evento pubblico o privato e segnatamente di mostre, manifestazioni itineranti, feste, sagre, lotterie, fiere e mercati;
e) il commercio ambulante di cani e gatti;
f) esercitare la pratica dell'accattonaggio esibendo animali come oggetto delle richieste;
g) detenere gli animali in spazi inadeguati, in relazione a specie, razza, età e stato fisiologico, o in condizioni comunque non compatibili con il loro benessere psico-fisico;
h) lasciare stabilmente o incustoditi, senza possibilità di accedere all'abitazione, cani e gatti su terrazze e balconi privi di adeguata copertura da agenti atmosferici e protezione con ringhiere;
i) privare stabilmente gli animali della quotidiana attività motoria adeguata alla loro indole;
j) utilizzare apparecchiature chiuse per lavaggio e asciugatura di animali che non permettano all'animale di essere a contatto con il detentore;
k) vendere, esporre e commercializzare animali sottoposti a interventi chirurgici con finalità diverse da quelle sanitarie;
l) commercializzare animali in locali privi di idoneo luogo di detenzione degli stessi, anche durante l'orario di chiusura. È altresì vietata l'esposizione degli animali in vetrina o all'esterno del negozio.”.
In caso di violazione dei predetti divieti, il legislatore regionale ha previsto – all’articolo 34 della medesima legge regionale - una sanzione amministrativa, pur facendo salve le sanzioni previste dalla normativa nazionale.
Al riguardo, si deve rilevare che gran parte delle condotte sopra elencate corrispondono a specifiche fattispecie di reato previste dalla legislazione penale: art. 544-bis c.p. (Uccisione di animali), art. 544-ter c.p. (Maltrattamento di animali), art. 544-quinquies c.p. (Divieto di combattimenti tra animali), art. 672 c.p. (Omessa custodia e malgoverno di animali), art. 727 c.p. (Abbandono di animali) e art. 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189 (Divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce).
Si evidenzia quindi che la disposizione di cui al predetto articolo 12 determina uno sconfinamento nel campo della disciplina penale, sottratto alla competenza del legislatore regionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione. Tale sconfinamento non risulta mitigato dalla clausola di salvezza della normativa nazionale di cui all’articolo 34 della legge regionale in esame che stabilisce che «fatte salve le sanzioni previste dalla normativa nazionale, chiunque contravviene alle disposizioni previste dalla presente legge è punito con la sanzione amministrativa da euro 75 ad euro 450». Così disponendo la legge regionale in esame appresta infatti delle sanzioni amministrative che finiscono per sovrapporsi parzialmente ad aree già presidiate da fattispecie incriminatrici; la clausola di salvezza che apre l'articolo 34 non si palesa sufficiente a scongiurare il rischio di controindicazioni derivanti dall'interpretazione delle fonti convenzionali, a fronte di un concorso tra sanzione penale e amministrativa regionale, mancando nel predetto articolo 34 la formulazione di una clausola di salvezza che più chiaramente affermi che le sanzioni di cui al comma 1 di tale articolo non si applicano laddove un fatto sia già previsto come reato o come illecito amministrativo dalla normativa nazionale.
Pertanto, l’articolo 12 legge della Regione Siciliana 3 agosto 2022, n. 15, eccede i limiti delle competenze statutariamente previste violando la riserva di competenza statale nel campo della disciplina penale, sottratto alla competenza del legislatore regionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, in quanto sono previsti divieti per condotte che corrispondono a specifiche fattispecie di reato previste dalla legislazione penale: art. 544-bis c.p. (Uccisione di animali), art. 544-ter c.p. (Maltrattamento di animali), art. 544-quinquies c.p. (Divieto di combattimenti tra animali), art. 672 c.p. (Omessa custodia e malgoverno di animali), art. 727 c.p. (Abbandono di animali) e art. 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189 (Divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce).
L’articolo 34 della legge della Regione Siciliana 3 agosto 2022, n. 15, stabilisce che «fatte salve le sanzioni previste dalla normativa nazionale, chiunque contravviene alle disposizioni previste dalla presente legge è punito con la sanzione amministrativa da euro 75 ad euro 450». La formulazione di detto articolo, in combinato disposto con l'articolo 12, ingenera il rischio di una indebita commistione con la normativa statale per la potenziale sovrapposizione dei divieti introdotti dalla legge regionale rispetto a talune fattispecie di reato, come in particolare per la fattispecie di omessa custodia e mal governo di animali di cui all'art. 672 c.p. o come per quella di abbandono di animali di cui all'art. 727 c.p.).
Alla luce degli approdi giurisprudenziali europei sul principio del ne bis in idem, l'irrogazione della sanzione amministrativa regionale potrebbe comportare l'impossibilità di applicare legittimamente le nonne penali statali, stante la natura sostanzialmente punitiva delle sanzioni amministrative, che si andrebbero a sommare alle pene già previste dal legislatore statale.
Mancando nel predetto articolo 34 la formulazione di una clausola di salvezza che chiaramente affermi che le sanzioni di cui al comma 1 di tale articolo non si applicano laddove un fatto sia già previsto come reato o come illecito amministrativo dalla normativa nazionale, le disposizioni dello stesso articolo 34, in combinato disposto con l’articolo 12, possono costituire un'interferenza della legge regionale nella materia ordinamento penale, esclusivamente riservata alla competenza della legge statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera 1), della Costituzione.
Pertanto, l’articolo 34 legge della Regione Siciliana 3 agosto 2022, n. 15, eccede i limiti delle competenze statutariamente previste violando la riserva di competenza statale nel campo della disciplina penale, sottratto alla competenza del legislatore regionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione.
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