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"Modifiche alla Legge Regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria". (18-7-2011)
Marche
Legge n.15 del 18-7-2011
n.64 del 28-7-2011
Politiche infrastrutturali
22-9-2011 /
Impugnata
La legge regionale, che modifica la Legge Regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria" presenta aspetti di illegittimità costituzionale relativamente alle disposizioni recate dagli articoli 22, comma 1 e 26, comma 1 .
Si premette che, in tema di rapporto tra la normativa statale e regionale in materia di caccia, la Corte costituzionale ha riconosciuto l’esistenza di limiti alla competenza regionale, ritenendo che la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale, debba essere considerata un valore costituzionalmente protetto in relazione al quale si rinviene l'esigenza insopprimibile di garantire su tutto il territorio nazionale soglie di protezione della fauna che si qualificano come «minime», nel senso che costituiscono un vincolo rigido sia per lo Stato sia per le Regioni – ordinarie e speciali – a non diminuire l'intensità della tutela. Quest'ultima può variare, in considerazione delle specifiche condizioni e necessità dei singoli territori, solo in direzione di un incremento, mentre resta esclusa ogni attenuazione, comunque motivata. Pertanto la legge quadro statale n. 157/1992 costituisce un limite alla potestà legislativa regionale, contenendo disposizioni non derogabili da parte delle Regioni, perché diretta espressione dell'esigenza di tutela ambientale.
Inoltre, con particolare riferimento alla stagione venatoria, la Corte costituzionale sul punto ha più volte ribadito, (da ultimo, sent. n. 165 del 2009) che la delimitazione temporale del prelievo disposta dall'articolo 18 della L. 157/1992 «è da considerare come rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, corrispondendo quindi, sotto questo aspetto, all'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema il cui soddisfacimento l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato, in particolare mediante la predisposizione di standard minimi di tutela della fauna».
Ciò considerato, la legge regionale in esame presenta le seguenti illegittimità:
In particolare :
1) L’articolo art. 22, comma 1 inserisce i commi 5-bis e 5-ter nell’art. 27 della l.r. n. 7/1995. Le disposizioni di nuova introduzione prevedono che i titolari di licenza di caccia ultrasessantacinquenni possano esercitare contemporaneamente nella stessa stagione venatoria oltre alla caccia nelle “altre forme” anche quella da appostamento fisso(comma 5-bis) e che i cacciatori che hanno scelto la forma di caccia da appostamento fisso possano praticare anche quella da appostamento temporaneo.
Tale previsione si pone in contrasto con quanto disposto dall’articolo 12, comma 5 della legge 157/92, il quale recita “Fatto salvo l’esercizio venatorio con l’arco o con il falco, l’esercizio venatorio stesso può essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme: vagante in zona alpi, da appostamento fisso e nell’insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge e praticata nel rimanente territorio destinato all’attività venatoria programmata”, ossia senza la possibilità di cumulo delle stesse.
A tal proposito, si evidenzia che, in tema di rapporto tra la normativa statale e regionale in materia di caccia, la Corte costituzionale ha riconosciuto l’esistenza di limiti alla competenza regionale, ritenendo che la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale, debba essere considerata un valore costituzionalmente protetto in relazione al quale si rinviene l'esigenza insopprimibile di garantire su tutto il territorio nazionale soglie di protezione della fauna che si qualificano come «minime», nel senso che costituiscono un vincolo rigido sia per lo Stato sia per le Regioni – ordinarie e speciali – a non diminuire l'intensità della tutela.
Quest'ultima può variare, in considerazione delle specifiche condizioni e necessità dei singoli territori, solo in direzione di un incremento, mentre resta esclusa ogni attenuazione, comunque motivata. La L. 157/1992, in altri termini, continua a costituire un limite alla potestà legislativa regionale, contenendo disposizioni non derogabili da parte delle Regioni, perché diretta espressione dell'esigenza di tutela ambientale.
2) La disposizione contenuta nell’articolo 26, comma 1, sostituisce l’articolo 30 della l.r. n. 7/1995, concernente il calendario venatorio.
La novella prevede che la Giunta regionale, sentiti l'istituto scientifico regionale e l'ISPRA, propone al Consiglio regionale, entro il 31 maggio, l'approvazione del calendario venatorio regionale , che ha validità minima annuale e massima triennale. La nuova formulazione della norma consente quindi che il calendario venatorio possa essere approvato con legge regionale, peraltro con valenza anche triennale.
In proposito, si rappresenta che la possibilità di procedere all’adozione del calendario venatorio con legge regionale, anziché in via amministrativa con delibera di Giunta regionale, è suscettibile di violare le disposizioni della L.157/1992, con la quale lo Stato ha definito i criteri minimi generali di tutela della fauna selvatica.
La citata legge statale disciplina, tra l’altro, le modalità di svolgimento dell’attività venatoria in materia differenziata sul territorio, assicurando un prelievo venatorio delle specie cacciabili strettamente controllato secondo criteri di sostenibilità. In particolare, il prelievo di individui delle varie specie deve essere collegato alla accertata disponibilità di fauna e alla capacità della stessa di riprodursi, previo costante monitoraggio e verifica, sotto la supervisione dell’ISPRA.
In particolare, l’articolo 18 , commi 2 e 4 della legge n. 157/1992, disciplina i poteri regolamentari delle regioni per l'esercizio dell'attività' di caccia nell’annata venatoria., prevedendo rispettivamente che le regioni possano autorizzare ad apportare modifiche alle norme generali sui 'periodi di attività venatoria 'per particolari specie, tenendo conto della propria situazione' ambientale, a seguito di apposito procedimento che contempla l'acquisizione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (nelle cui competenze e' poi subentrato l'I.S.P.R.A. in base al d.1. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 138 do1 2008), e che le stesse adottano annualmente, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario regionale e il regolamento relativi all'intera annata venatoria., con l'indicazione del numero massimo di capi da abbattere in ciascuna giornata di attività venatoria.
Per tali motivi, il calendario venatorio, se adottato, come sembra consentirsi nel caso in oggetto, attraverso lo strumento legislativo, non solo non garantisce la possibilità di adattare il periodo venatorio alla verifica dello status della fauna di volta in volta presa in considerazione, ma contrasta con la norma statale laddove questa attribuisce, in merito, in capo alla Regione una competenza non legislativa ma meramente “autorizzatoria”, legittimando pertanto per la disciplina di tali aspetti l’adozione di provvedimenti amministrativi e non normativi.
Inoltre, appare evidente che, qualora fosse ipotizzabile l’adozione del calendario venatorio con legge regionale, ne risulterebbe pregiudicato il profilo della essenziale verifica tecnica affidata all’ISPRA, sullo stato delle specie interessate , ai sensi dell’articolo 18, commi 2 e 4 della citata L. 157/1992. Si prospetterebbe infatti una sorta di controllo preventivo di legittimità, attribuito ad un organo tecnico dello Stato nei confronti dell’esercizio di una pretesa competenza legislativa della Regione; ciò che non appare trovare spazio nel vigente assetto delle competenze legislative tra Stato e Regioni come delineato dalla Costituzione.
Da quanto detto discende inoltre che le richiamate norme statali prefigurano una procedura da espletarsi annualmente, proprio al fine di consentire una corretta valutazione delle condizioni ambientali e della consistenza delle specie di fauna sottoposte a prelievo venatorio. Pertanto, considerato che la previsione di un calendario venatorio su base triennale non consente il richiesto monitoraggio di dette condizioni ambientali, si evidenzia il contrasto con le descritte norme statali che costituiscono standards uniformi di tutela dell’ambiente.
Conclusivamente, la legge regionale, dettando disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento afferente alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, co. 2, lett s), per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, presenta profili di illegittimità costituzionale.
La legge deve quindi essere impugnata ai sensi dell’articolo127 della Costituzione.
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