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Assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli anni 2011-2013 ai sensi dell'articolo 34 della legge regionale 21/2007. (11-8-2011)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.11 del 11-8-2011
n.34 del 24-8-2011
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE

Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 13 ottobre 2011 è stata impugnata la legge della Regione Friuli Venezia Giulia n. 11 dell’11/08/2011, pubblicata sul BUR n. 34 del 24/08/2011 recante “Assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli anni 2011-2013 ai sensi dell'articolo 34 della legge regionale 21/2007”.
Tra le diverse disposizioni della predetta legge regionale impugnate dal Governo vi era l’art. 10, comma 86, il quale, nel sostituire l’art. 26, comma 5, della legge regionale n. 9/2009, disponeva l'inquadramento del personale appartenente alla polizia locale già inquadrato nella ex sesta qualifica funzionale alla categoria superiore PLB. Tale disposizione realizzando con legge un inquadramento di personale riservato violava i principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Con successiva legge regionale 29 dicembre 2011, n. 18 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione (Legge finanziaria 2012)” - esaminata dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 5 marzo 2012 - è stato introdotto l’art. 13, comma 70, lettera b), che ha disposto l’abrogazione della suddetta disposizione impugnata.
Per le ragioni sopra rappresentate si ritiene sia venuto meno il suesposto motivo di ricorso innanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e, pertanto, si propone la rinuncia parziale all'impugnazione limitatamente all’art. 10, comma 86, della legge regionale Friuli Venezia Giulia n.11/2011.
Permangono ancora validi gli ulteriori motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 13 ottobre 2011.
13-10-2011 / Impugnata
La legge in esame è censurabile per i motivi che di seguito si espongono.

- L'art. 2, comma 55, prevede la concessione di un contributo alla società Udine e Gorizia Fiere Sp.a. a sollievo degli oneri necessari per la realizzazione di progetti espositivi da realizzarsi presso i quartieri fieristici di Udine e Gorizia.
La misura introdotta dalla disposizione regionale è di tipo selettiva, in quanto destinata solo alla società Udine e Gorizia Fiere, e, pertanto, deve essere notificata alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 TFUE.
Al riguardo, si segnala che la giurisprudenza comunitaria (sent. Del 10/05/2001 relativa ai due casi riuniti C-223/99 e C-260/99), affrontando la problematica generale della natura del servizio posto in essere degli enti fieristici, ha confermato che le attività che realizzano lo scopo complessivo di tali società sono contendibili sul mercato degli operatori fieristici. La medesima giurisprudenza, inoltre, in linea con la Comunicazione interpretativa della Commissione sul mercato interno per il settore fiere ed esposizioni (GUCE 1998, C 143, pag. 2), ha affermato il carattere commerciale delle attività degli operatori fieristici, anche qualora questi agiscano nella forma giuridica di enti autonomi senza scopo di lucro. Da ciò, emerge l’elemento della contendibilità sul mercato dei servizi offerti dalla società Udine e Gorizia Fiere Spa, per cui un trattamento favorevole nei confronti dell’ente medesimo si traduce in un pregiudizio per la concorrenza con gli altri soggetti economici che operano sullo stesso mercato.
Pertanto, il legislatore regionale, eccedendo dalla propria competenza, invade la competenza esclusiva dello Stato violando l’art.117, comma 2, lett.e), della Costituzione, in materia di tutela della concorrenza.

- L'art. 2. comma 70 prevede, a sostegno dei rivenditori di generi di monopolio, la concessione di contributi per ristrutturazione, l'arredo e la dotazione di sistemi di sicurezza nonché per l'avvio di nuove attività commerciali da parte dei rivenditori cessati dall'attività; la promozione di attività di ricerca di nuova occupazione e di reinserimento professionale; la creazione di borse di studio per la frequenza di corsi di qualificazione e riqualificazione.
La concessione di detti contributi configura ipotesi di aiuti di Stato. Con particolare riguardo al contributo per il reinserimento professionale, essa configura anche un aiuto al funzionamento.
Così disponendo, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza e, ponendosi in contrasto con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato (Regolamento di esenzione 800/2008 e Regolamento de minimis 1998/2006), viola l’art.117, comma 1, della Costituzione.

- L'art. 2. comma 85, incentiva la creazione di nuove imprese da parte delle donne nei settori artigianato, commercio, turismo e servizi, mediante concessione di contributi in conto capitale a parziale copertura dei costi per la realizzazione degli investimenti, nonché delle spese di costituzione e primo impianto.
Così disponendo, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza e, ponendosi in contrasto con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato (Regolamento di esenzione 800/2008 e Regolamento de minimis 1998/2006), viola l’art.117, comma 1, della Costituzione.

- L'art. 2, comma 88, prevede la concessione di un finanziamento alla ASDI denominata "Distretto del Mobile Livenza Società Consortile a rl" ed all'Agenzia per lo sviluppo del distretto industriale della Sedia Spa Consortile" per progetti di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, innovazione del prodotto e del processo, per l'internazionalizzazione e lo sviluppo delle reti distributive nonché per il sostegno dello sviluppo di contratti di rete di imprese ed altre forme di aggregazione finalizzate alla promozione del prodotto. Nel rilevare, preliminarmente, che le ASDI citate sono società consortili a capitale misto pubblico e privato, si segnala che le misure previste sono selettive in quanto destinate solo ad imprese di un specifico settore; per tale ragione, esse devono essere notificate alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 108TFUE.
Tale obbligo sussiste anche qualora le predette misure possano essere ricondotte, come sembra rilevarsi dalla lettura della norma, agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà (GUCE n 244 del 1 ottobre 2004).
Pertanto, il legislatore regionale, eccedendo dalla propria competenza, invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza prevista dall’art.117, comma 2, lett.e), della Costituzione. Il legislatore regionale, inoltre, non prevedendo la notifica alla Commissione europea ai sensi dell’art.108 TFUE, viola anche l’art.117, comma 1 della Costituzione che impone il rispetto dei vincoli comunitari e internazionali.

-L’art.2, comma 91 prevede un finanziamento ad integrazione del fondo rischi di Confidimprese FVG e di Confidi Friuli, per sostenere il rafforzamento, il consolidamento ed il sostegno finanziario delle imprese.
Nel precisare che le misure previste sono selettive in quanto destinate solo ad imprese di un specifico settore, esse devono essere notificate alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 TFUE.
Pertanto, il legislatore regionale, eccedendo dalla propria competenza, invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza prevista dall’art.117, comma 2, lett.e), della Costituzione. Il legislatore regionale, inoltre, non prevedendo la notifica alla Commissione europea ai sensi dell’art.108 TFUE, viola anche l’art.117, comma 1 della Costituzione che impone il rispetto dei vincoli comunitari e internazionali.

- L'art. 2, comma 106, prevede la concessione di un contributo al Consorzio per lo sviluppo industriale della zona delI'Aussa Corno a sollievo degli oneri sostenuti per l'esercizio della facoltà di riacquisto della proprietà di aree cedute.
Nel rappresentare, preliminarmente, che la Commissione europea ha formulato alle autorità italiane alcune richieste di informazioni in relazione ad incentivi concessi a consorzi, si rileva che il beneficio previsto dal comma 106 è selettivo e, in quanto tale, deve essere notificato alla Commissione europea ai sensi dell’art. 108 TFUE.
Così disponendo, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza e, non prevedendo la notifica alla Commissione europea ai sensi dell’art.108 TFUE, viola l’art.117, comma 1 della Costituzione che impone il rispetto dei vincoli comunitari e internazionali.

- L'art. 7, comma 51, stabilisce che per i contratti di lavoro autonomo, di natura coordinata e continuativa stipulati per le esigenze didattiche e divulgative svolte dalla scuola dei corsi e dei merletti di Gorizia, non trovano applicazione le disposizioni recate dall'art. 12, commi 13 e 30, della l.r. n. 22/2010.
La disposizione di cui all’art.12, comma 13 della l.r. n.22/2010 prevede che “Al fine di valorizzare le professionalità interne all'amministrazione, per gli anni 2011, 2012 e 2013 la spesa annua della Regione, e degli altri enti pubblici il cui ordinamento è disciplinato dalla Regione, per studi e incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi e incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, è ridotta del 20 per cento rispetto alla media delle medesime spese riferite ai consuntivi del triennio 2007-2009”.
La disposizione di cui all’art.12, comma 30 della l.r. n.22/2010 prevede che “Ai fini del conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica di cui all'articolo 9, commi 5, 6, 7, 8 e 28 del decreto legge 78/2010, convertito dalla legge 122/2010, per le Amministrazioni di cui al comma 21 e gli enti del servizio sanitario della Regione, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 13, commi dal 14 al 23, della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 24 (Legge finanziaria 2010), come modificato dall'articolo 8, comma 1, della presente legge”.
Il mancato rispetto delle disposizioni di cui ai citati commi comporta, come conseguenza,la violazione degli artt. 6 e 9 del d.l. n. 78/2010 che costituiscono principi generali ai quali le Regioni si debbono adeguare al fine del rispetto della normativa in materia di contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni ed appaiono, pertanto, lesive dei principi stabiliti dall'art. 117, terzo comma, Cost., che inquadra la materia del coordinamento della finanza pubblica fra quelle di legislazione concorrente.

- L'art. 10, comma 25, prevede che ai fini dell'applicazione delle deroghe al regime assunzionale di cui al comma 29, dell'art. 12 della L.R. 17/2008, per il calcolo del rapporto fra dipendenti in servizio e popolazione residente di cui alla lett. b), non vengono conteggiati i dipendenti collocati in aspettativa retribuita per almeno sei mesi continuativi nel corso dell'esercizio finanziario di riferimento.
La disposizione in esame altera il corretto modo di determinare il rapporto spesa corrente/spesa di personale. Ne consegue che la norma regionale, si pone in contrasto con l’art.9, comma 1 del D.L. n.78/2010, il quale prevede che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, non può superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati.
Il legislatore regionale, pertanto, lede i principi in materia del coordinamento della finanza pubblica di cui all’art.117, comma 3, della Costituzione.

- L'art. 10, comma 85, nello stabilire l'inquadramento del personale appartenente alla categoria PLA3 e PLA4 alla categoria superiore PLB configura un inquadramento riservato.
Pur riconoscendo alla Regione competenza legislativa in materia di organizzazione amministrativa regionale, non può non censurarsi, sul piano della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, la scelta operata dal legislatore regionale. Trattasi, nella fattispecie, di una assunzione totalmente riservata, in palese contrasto con le disposizioni in materia di accesso ai pubblici uffici, anche alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale che, peraltro, stabilisce che "l'area delle eccezioni" al concorso deve essere "delimitata in modo rigoroso"(Cfr. da ultimo sentenza n. 9/2010). Secondo la stessa Corte Costituzionale, le deroghe sono legittime solo in presenza di "peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico" idonee a giustificarle.
Si evidenzia in proposito la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in riferimento al principio di uguaglianza, imparzialità e buon andamento nonché alla regola del concorso pubblico per accedere alla Pubblica Amministrazione, regola posta a tutela non solo dell’interesse pubblico alla scelta dei migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione.
La Corte costituzionale, con specifico riferimento a tale principio, ha recentemente ribadito (sent. N.52/2011) che “il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico” ( si vedano anche le sentenze nn. 195-150 e 100 del 2010, 293 del 2009). Nella medesima pronuncia la Corte ha altresì escluso che tali peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico possano essere ravvisate nella personale aspettativa degli aspiranti, pur già legati da rapporto di impiego con la pubblica amministrazione.
Pertanto, per i motivi sopra evidenziati e per il costante orientamento giurisprudenziale, la norma in esame viola i principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui gli articoli 3 e 97 della Costituzione, secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso pubblico, salvo i casi stabiliti dalla legge.
Inoltre, l'art.10, comma 85, comportando anche un incremento del salario accessorio, si pone in contrasto con la previsione di contenimento della spesa tramite il tetto massimo per il trattamento economico complessivo, stabilita dall'art.9 del D.L. n.78/2010, violando, di conseguenza, l'art.117, comma 3, della Costituzione, in materia di coordinamento della finanza pubblica.

- L'art. 10, comma 86, sostituisce l'art.26, comma 5 della l.r. n.9/2009.
Tale disposizione, nello stabilire l'inquadramento del personale appartenente alla polizia locale già inquadrato nella ex sesta qualifica funzionale alla categoria superiore PLB, configura un inquadramento riservato.
Pur riconoscendo alla Regione competenza legislativa in materia di organizzazione amministrativa regionale, non può non censurarsi, sul piano della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, la scelta operata dal legislatore regionale. Trattasi, nella fattispecie, di una assunzione totalmente riservata, in palese contrasto con le disposizioni in materia di accesso ai pubblici uffici, anche alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale che, peraltro, stabilisce che "l'area delle eccezioni" al concorso deve essere "delimitata in modo rigoroso"(Cfr. da ultimo sentenza n. 9/2010). Secondo la stessa Corte Costituzionale, le deroghe sono legittime solo in presenza di "peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico" idonee a giustificarle.
Si evidenzia in proposito la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in riferimento al principio di uguaglianza, imparzialità e buon andamento nonché alla regola del concorso pubblico per accedere alla Pubblica Amministrazione, regola posta a tutela non solo dell’interesse pubblico alla scelta dei migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione.
La Corte costituzionale, con specifico riferimento a tale principio, ha recentemente ribadito (sent. N.52/2011) che “il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico” ( si vedano anche le sentenze nn. 195-150 e 100 del 2010, 293 del 2009). Nella medesima pronuncia la Corte ha altresì escluso che tali peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico possano essere ravvisate nella personale aspettativa degli aspiranti, pur già legati da rapporto di impiego con la pubblica amministrazione.
Pertanto, per i motivi sopra evidenziati e per il costante orientamento giurisprudenziale, la norma in esame viola i principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui gli articoli 3 e 97 della Costituzione, secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso pubblico, salvo i casi stabiliti dalla legge.

-L'art. 12, comma 26 stabilisce che il personale del ruolo regionale che svolge incarichi dirigenziali a tempo determinato di cui all'art 10, commi 6, 7, 8, e 9 della l.r. n. 12/2009 sia inquadrato nel ruolo unico dei dirigenti regionali con incarico a tempo indeterminato. Anche in questo caso, il legislatore regionale realizza un inquadramento riservato.
Pur riconoscendo alla Regione competenza legislativa in materia di organizzazione amministrativa regionale, non può non censurarsi, sul piano della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, la scelta operata dal legislatore regionale. Trattasi, nella fattispecie, di una assunzione totalmente riservata, in palese contrasto con le disposizioni in materia di accesso ai pubblici uffici, anche alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale che, peraltro, stabilisce che "l'area delle eccezioni" al concorso deve essere "delimitata in modo rigoroso"(Cfr. da ultimo sentenza n. 9/2010). Secondo la stessa Corte Costituzionale, le deroghe sono legittime solo in presenza di "peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico" idonee a giustificarle.
Si evidenzia in proposito la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in riferimento al principio di uguaglianza, imparzialità e buon andamento nonché alla regola del concorso pubblico per accedere alla Pubblica Amministrazione, regola posta a tutela non solo dell’interesse pubblico alla scelta dei migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione.
La Corte costituzionale, con specifico riferimento a tale principio, ha recentemente ribadito (sent. N.52/2011) che “il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico” ( si vedano anche le sentenze nn. 195-150 e 100 del 2010, 293 del 2009). Nella medesima pronuncia la Corte ha altresì escluso che tali peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico possano essere ravvisate nella personale aspettativa degli aspiranti, pur già legati da rapporto di impiego con la pubblica amministrazione.
Pertanto, per i motivi sopra evidenziati e per il costante orientamento giurisprudenziale, la norma in esame viola i principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui gli articoli 3 e 97 della Costituzione, secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso pubblico, salvo i casi stabiliti dalla legge.

- L'art. 12, comma 28, estende il disposto di cui all'art. 13, comma 18 della l.r 24/2009 al personale che ha stipulato il contratto di lavoro a tempo determinato alla data del 31 dicembre 2008, purché in servizio alla data di entrata in vigore della legge in esame. L’art.13, comma 18 della l.r. n.24/2009 prevede i processi di stabilizzazione di personale con contratto di lavoro a tempo determinato.
Ciò contrasta con le disposizioni dell'art. 36 del d.lvo. N. 165/2001 e successive modificazioni ed integrazioni, in base al quale le assunzioni a tempo determinato possono avvenire esclusivamente per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali e non come una normale programmazione di assunzioni.
La norma in esame, pertanto, viola l'articolo 117. secondo comma, lett. l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e. quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (contratti collettivi) nonché con l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, che inquadra la materia del coordinamento della finanza pubblica fra quelle di legislazione concorrente, in quanto non si fa cenno alla disciplina contentiva della spesa di personale.

- L'art.12, comma 32 quantifica e attribuisce ex lege aumenti tabellari e indennità prescindendo da quanto stabilito nel titolo III del d.lgs. N. 165/2001 (Contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale), che obbliga al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire in sede di contrattazione. In tal modo la norma si pone in contrasto con le disposizioni contenute nel Titolo III del d.lgs. N.165/2001, violando, di conseguenza, l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che riserva l’ordinamento civile, e quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi), alla competenza esclusiva dello Stato.
La stessa disposizione regionale, inoltre, lede anche i principi di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 Cost., in quanto al personale verrebbe attribuito un trattamento diverso rispetto al personale del medesimo comparto.

- L'art. 12, comma 33, stabilisce che l'indennità di pronto intervento di cui all'articolo 4, lettera e), del Contratto integrativo di ente 1998-2001, del personale regionale, area non dirigenziale, Documento stralcio sottoscritto in data 15 maggio 2003, spettante al personale previamente individuato dal Direttore centrale della Protezione civile e immediatamente disponibile per il servizio di pronto intervento è rideterminata, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, in 90 euro mensili lordi da corrispondere per 12 mensilità, con imputazione al Fondo regionale per la protezione civile di cui all'articolo 33 della legge regionale n. 64/1986.
Ciò contrasta con le disposizioni contenute nell'art. 9, comma 1, del d.l. 78/2010 in base al quale per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, non può superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati. Pertanto, la norma in esame si pone in contrasto con la vigente normativa nazionale in materia e comporta una lesione dei principi stabiliti dall'articolo 117, comma 3 della Costituzione, nell'ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.

- L'art. 12, comma 38, stabilisce che il direttore centrale della Direzione centrale salute possa essere nominato dal presidente della Regione, sulla bade dei criteri indicati nella stessa norma, senza la necessità di effettuare valutazioni comparative.
Al riguardo, si fa presente che la disposizione regionale, escludendo espressamente le modalità di valutazioni comparative, lede i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, violando, di conseguenza gli articoli 3 e 97 della Costituzione.

-L’art. 13, comma 25 della legge in esame reca modiche alla l.r. 17/2009 (Disciplina delle concessioni e conferimento di funzioni in materia di demanio idrico regionale).
Le disposizioni di nuova introduzione prevedono:
“Art. 4 - Sdemanializzazione
1. La sdemanializzazione di beni del demanio idrico regionale è disposta, con decreto del Direttore di servizio, pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione, previo accertamento di cessata funzionalità idraulica da parte dalla struttura regionale competente.
2. I beni del demanio idrico regionale sdemanializzati sono acquisiti al patrimonio disponibile della Regione e iscritti in apposita sezione del registro inventariale dei beni disponibili, sulla base del valore inventariale determinato secondo le tariffe e i parametri fissati nell'allegato A, che sono oggetto di revisione quinquennale.
3. L'alienazione a soggetti privati dei beni di cui al comma 2 è consentita qualora il Comune interessato, entro trenta giorni dalla richiesta del Servizio competente, non manifesti l'interesse all'acquisizione del bene. Il silenzio costituisce assenso all'alienazione dei beni sdemanializzati a favore dei privati richiedenti.
4. Con regolamento regionale sono stabiliti criteri, modalità e termini delle procedure di sdemanializzazione e alienazione dei beni sdemanializzati.”;
b) dopo l'articolo 4 sono inseriti i seguenti:
“Art. 4-bis
Alienazione di beni sdemanializzati con superficie fino a 5000 mq.
1. I beni sdemanializzati con superficie fino a 5000 mq sono alienati mediante vendita diretta in favore del soggetto interessato che ne faccia richiesta e che se ne assume i relativi oneri. […]”.
Art. 4-ter
Alienazione di beni sdemanializzati con superficie superiore a 5000 mq.
1. I beni sdemanializzati con superficie superiore a 5000 mq sono alienati mediante procedura di evidenza pubblica, previa autorizzazione della Giunta regionale.
2. Nelle more del procedimento di sdemanializzazione è autorizzata l'occupazione temporanea dei beni in relazione ai quali sia stata accertata la perdita di funzionalità idraulica, fino al rilascio del decreto di sdemanializzazione, subordinatamente al pagamento del canone di occupazione […].”

Tali previsioni regionali si pongono in contrasto con la vigente normativa statale in tema di demanio asservito alla funzionalità del servizio idrico integrato recata dall’art. 143 del D.lgs. 152/06 che stabilisce che “1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.”.
In particolare, la condizione per la quale i beni in argomento potrebbero essere sdemanializzati solo in presenza dell’accertata cessazione della “funzionalità idraulica”, si pone in contrasto con la norma statale di riferimento su richiamata, nella misura in cui la verifica di cessazione della funzionalità, demandata ad una autonoma valutazione degli uffici regionali, consentisse la cessione della proprietà di beni comunque asserviti al servizio idrico integrato. Si consideri, infatti, che non appare codificato nella disciplina statale il concetto di “funzionalità idraulica” richiamato dalla norma regionale.
Inoltre, si censura il mancato rispetto delle regole comunitarie e nazionali in merito alle procedure ad evidenza pubblica, che sono violate dalla disposizione regionale nella misura in cui dispone un criterio arbitrario di sottrazione all’obbligo di vendita con gara pubblica, stabilendo una soglia di 5000 mq al disotto della quale la cessione può avvenire in forma diretta, con grave pregiudizio per le esigenze di garanzia della tutela della concorrenza.
Pertanto, la norma regionale in oggetto, dettando disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento viola l’art. 117, co. 2, lett. e) ed s), della Costituzione, in materia di tutela della concorrenza e in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, per le quali lo Stato ha competenza legislativa esclusiva.

Per i suddetti motivi, la legge regionale deve essere impugnata ai sensi dell'art.127 della Costituzione.

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