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Modifiche alla legge regionale 31 maggio 2006, n. 20 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) e alla legge regionale 3 marzo 2010, n. 28 (Misure straordinarie in materia di scarichi nei corpi idrici superficiali. Modifiche alla legge regionale 31 maggio 2006, n. 20 "Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento" e alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 "Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati"). (10-10-2011)
Toscana
Legge n.50 del 10-10-2011
n.48 del 17-10-2011
Politiche infrastrutturali
13-12-2011 /
Impugnata
La legge regionale, che detta modifiche alla legge regionale 31 maggio 2006, n. 20 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) e alla legge regionale 3 marzo 2010, n. 28 (Misure straordinarie in materia di scarichi nei corpi idrici superficiali. Modifiche alla legge regionale 31 maggio 2006, n. 20 “Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento” e alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25“Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati”), è censurabile relativamente alla norma contenuta nell'articolo 20 che introduce l’ art. 21-quater nella legge regionale n.20/2006, disciplinando lo scarico di acque reflue in aree sensibili.
La norma regionale , al comma 3, prevede : “Qualora alla scadenza dei sette anni dall'individuazione dell'area sensibile e del relativo bacino drenante, non sia stato conseguito l'obiettivo di riduzione di cui all'articolo 106, comma 2, del decreto legislativo, gli scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre diecimila abitanti equivalenti sono sottoposti al trattamento più spinto di cui al medesimo articolo, comma 1, al fine di garantire il rispetto dei limiti di emissione stabiliti nella tabella 2 dell'allegato 5 alla parte III del medesimo decreto legislativo. A tal fine le province provvedono, ove necessario, ad adeguare le autorizzazioni già rilasciate”.
Il D.Lgs. n. 152/2006, Codice dell’Ambiente, disciplina, all’articolo 106 , gli scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili, prevedendo, al comma 2, la possibilità, alternativa rispetto a quella disciplinata dal precedente comma 1, di ottenere il rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi ricettori, ricadenti in area sensibile o in bacini drenanti afferenti ad aree sensibili, attraverso il raggiungimento della percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.
Il soddisfacimento dei requisiti fissati dal citato comma 2 dell’articolo 106, deve essere garantito al fine di raggiungere l’obiettivo di qualità dei corpi ricettori di cui trattasi nei tempi prefissati dalla direttiva 2000/60/CE e recepiti nell'articolo 91, comma 7, del d.lgs n.152/2006 secondo il quale le aree sensibili devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.
Non è quindi consentita l’applicazione di trattamenti differenti da quelli specificatamente previsti qualora non sia raggiunto l’obiettivo di riduzione, come invece fa la norma regionale in parola che, nella sua formulazione letterale, consente che il mancato adeguamento degli scarichi ai parametri qualitativi fissati dal legislatore comunitario e statale si protragga oltre il termine (inderogabile) dei sette anni fissato dalla stessa normativa statale di riferimento.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 44 del 2011, ha richiamato la propria consolidata giurisprudenza in materia, ribadendo che la disciplina degli scarichi idrici, come più in generale la tutela delle acque dall’inquinamento, è ascrivibile alla materia dell’ambiente, attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Conclusivamente, la norma regionale in oggetto, dettando disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento afferente alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, co. 2, lett s) della Costituzione, per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, presenta profili di illegittimità costituzionale.
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