Dettaglio Legge Regionale

Assestamento del bilancio 2011. (31-10-2011)
Marche
Legge n.20 del 31-10-2011
n.7 del 8-11-2011
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE

Legge Regione Marche n. 20/2011 recante "assestamento del bilancio 2011" è stata oggetto di impugnazione governativa, giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 23/12/2011 per vari profili di illegittimità

Tra le varie disposizioni regionali, oggetto di impugnazione governativa, è stato censurato l'articolo 26, comma 4 in materia di coordinamento di finanza pubblica.
In particolare, l'art. 26, comma 4 della l.r. n.20/2011, ridetermina il fondo per il salario accessorio del personale dirigente e non dirigente dell'assemblea legislativa. Nel prevedere tale rideterminazione, dispone che al personale di comparto, il fondo per il salario accessorio, al netto degli oneri riflessi è aumentato in euro di 1.095.543,65 mentre quello del personale dirigente è rideterminato in euro 364.153,20. A tale rideterminazione, la Regione applica, successivamente, la riduzione dello stesso prevista dall'art. 9, comma 2bis del decreto legge n. 78/2010.
Al riguardo si fa presente che il Governo ha ritenuto che la disposizione in esame, così come formulata, malgrado il richiamo all'art. 9 citato, produce effetti elusivi della finalità di riduzione della spesa di personale perseguita dalla normativa nazionale vigente e, conseguentemente, contrasta con l'art. 117, comma 3, della Costituzione che inquadra la materia del coordinamento della finanza pubblica tra quelle di legislazione concorrente, cui la Regione pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
Con la legge regionale n.1/2012, la Regione Marche si è adeguata ai rilievi governativi ed ha disposto, all'art.1, comma 1 e 2, modifiche sostanziali all’art.26, comma 4 della legge Regione Marche n.20/2011 che consentono di ritenere superati i rilievi di incostituzionalità precedentemente mossi.
Per i suddetti motivi, si propone rinuncia parziale all'impugnazione della l.r. n.20/2011, limitatamente all'art.26, comma 4.
Permangono ancora validi, invece, gli altri motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2011.
23-12-2011 / Impugnata
La legge regionale è illegittima per i motivi che di seguito si espongono.

L’art. 22 apporta modifiche alla L.R. n. 4/2011, in particolare, il comma 1 modifica l’art.2, comma 4 della l.r. n.4/2011 in materia di criteri di premialità connessi alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nelle procedure di aggiudicazione di lavori od opere pubblici di interesse regionale.
Si premette che il suddetto art.2, comma 4 della l.r. n.4/2011, è oggetto di ricorso pendente dinanzi la Corte Costituzionale, in quanto nello stabilire che gli atti posti a base della procedura contrattuale devono prevedere una soglia minima di ammissibilità delle offerte relativamente all'elemento o agli elementi di valutazione connessi con la tutela della salute e della sicurezza del cantiere, si poneva in contrasto con l’articolo 73 del d. lgs. 163/2006, il quale stabilisce che siano le stazioni appaltanti a richiedere gli elementi prescritti dal bando e quelli necessari o utili per operare la selezione degli operatori da invitare, nel rispetto del principio di proporzionalità in relazione all’oggetto del contratto e alle finalità della domanda di partecipazione.
Con la modifica odierna, nel disporre che le stazioni appaltanti considerano in via prioritaria la possibilità di prevedere una soglia minima di ammissibilità delle offerte relativamente all'elemento o agli elementi di valutazione connessi con la tutela della salute e della sicurezza nel cantiere, da un lato, il legislatore regionale ottempera alla richiesta di affidare alle stazioni appaltanti il compito di disporre la soglia minima di ammissibilità, dall’altro, eliminando dalla disposizione regionale il richiamo all’art.83, comma 2 del D.Lgs. n.163/2006, di fatto, consente di condizionare l’ammissibilità dell’offerta ai requisiti che possono costituire criterio di premialità nella valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non requisito di ammissibilità dell’offerta (soglia di sbarramento).
Pertanto, sulla scorta di tali argomentazioni, il legislatore regionale, ponendosi in contrasto con le disposizioni contenute nel D.Lgs. N.163/2006, viola l’art.117, comma 2 lett.e) della Costituzione, in materia di tutela della concorrenza.

L'art. 26, comma 4, ridetermina il fondo per il salario accessorio del personale dirigente e non dirigente dell’Assemblea legislativa.
Nel prevedere tale rideterminazione, dispone che al personale di comparto, il fondo per il salario accessorio, al netto degli oneri riflessi, è aumentato in euro 1.095.543,65 mentre quello del personale dirigente è rideterminato in euro 364.153,20.
A tale rideterminazione, la Regione applica, successivamente, la riduzione dello stesso prevista dall’art. 9, comma 2 bis del d.l. n. 78/2010.
Al riguardo si fa presente che la disposizione in esame, malgrado il richiamo all’art. 9 citato, produce effetti elusivi della finalità di riduzione della spesa perseguita dalla suddetta disposizione poiché la norma regionale, invece di ridurre il fondo relativo al trattamento accessorio del personale, così come disposto dalla normativa nazionale vigente, produce prima un aumento di detto fondo e poi una riduzione dello stesso con ciò realizzando un risultato finanziario diverso rispetto a quello perseguito dal legislatore statale.
Ne consegue, pertanto, che la norma regionale contrasta con l’art. 117, comma 3, della Costituzione che inquadra la materia del coordinamento della finanza pubblica tra quelle di legislazione concorrente, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.

L'art. 27, introduce il comma 5 bis dopo il comma 5 dell'articolo 10 della legge regionale 11 dicembre 2001, n. 32 (Sistema regionale di protezione civile).
Tale disposizione, prevede che il personale di protezione civile che svolge funzioni anche di supporto tecnico-amministrativo, è tenuto a effettuare prestazioni lavorative anche in regime di turnazioni diurne e, se necessario, notturne, disposte dal relativo dirigente, in deroga alle previsioni dei contratti collettivi nazionali vigenti.
La norma in esame, pertanto, derogando ai contratti collettivi nazionali vigenti, contrasta con l’art. 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (contratti collettivi).

L'art. 31, comma 1, lett. d) prevede che la Regione promuove le azioni necessarie a favorire l'utilizzo dell'interporto di Jesi, con funzioni sia di centro di raccolta e smistamento delle merci sia di retro porto, liberando spazi nell'area portuale di Ancona.
A tal riguardo, si premette che, ai sensi della Legge n.84/1994, nei porti di categoria II, l'ambito e l'assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all'attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie, sono delimitati e disegnati dal piano regolatore portuale che individua altresì le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate (art.5, comma 1); nei porti in cui è istituita l'autorità portuale, il piano regolatore è adottato dal comitato portuale, previa intesa con il comune o i comuni interessati (art.5, comma 3). Considerato che il porto di Ancona è sede di autorità portuale (art.6, comma 1), ne consegue che, attraverso la norma regionale in oggetto, la Regione assume competenze amministrative in materia di destinazione delle aree portuali esautorando di fatto le funzioni proprie dell'autorità portuale attribuite alla stessa dalla citata legge n. 84/94.
In tale ottica, la norma regionale si pone in contrasto con la legge n.84/1994 che attribuisce alle autorità portuali la programmazione e il coordinamento del cosiddetto "ultimo miglio"e, conseguentemente, viola l'art.117, comma 3 della Cost. nella misura in cui supera i limiti posti alla legislazione concorrente in materia di porti ed aeroporti.

Per i suddetti motivi, la legge regionale deve essere impugnata ai sensi dell'art.127 della Costituzione.

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