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Con delibera del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2011 è stata impugnata la legge della Regione Calabria n. 41 del 4 novembre 2011 concernente:" Norme per l'abitare sostenibile",relativamente alle disposizioni contenute nell'articolo 8-bis, rubricato "gestione del ciclo dei rifiuti derivanti da processi edili".La norma contenuta in tale articolo, infatti, rimandava, in maniera generica, all'emanazione di regolamenti attuativi regionali la definizione di criteri e modalità di gestione dei rifiuti derivanti da processi edili.In particolare, la lettera c) del medesimo articolo, riguardante la definizione e individuazione delle modalità e dei criteri per il ciclo di recupero dei rifiuti nel più ampio processo edilizio pubblico e privato, risultava priva del richiamo alla normativa statale di settore vigente. Inoltre, la lettera g) dello stesso articolo 8-bis, riguardante i criteri tecnici di selezione e trattamento dei materiali derivanti dal processo di riciclo per la re- immissione come materie prime all’interno dei processi di fabbricazione e la loro definizione come materiali ecosostenibili da individuare attraverso i predetti regolamenti attuativi regionali, non faceva alcun riferimento all’articolo 184-ter del d.lgs. 152/2006, recante “Cessazione della qualifica di rifiuto”. Tale disposizione statale, infatti, stabilisce le condizioni da rispettare affinché un rifiuto, sottoposto ad un’operazione di recupero, cessi di essere tale. Di contro, la disposizione regionale appariva interpretabile nel senso di escludere dalla qualifica di rifiuti, in modo generalizzato, i materiali derivanti dal processo di riciclo. La Regione Calabria ha successivamente emanato la legge regionale n. 19 dell' 01/06/2012, esaminata positivamente dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012, che abroga la lettera c) del citato articolo 8 bis e introduce il riferimento all'art. 184-ter del d.lgs. 152/2006 nella lettera g) del medesimo articolo, determinando quindi il venir meno delle motivazioni oggetto del ricorso. Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, ricorrono i presupposti per rinunciare all'impugnativa.
23-12-2011 /
Impugnata
La legge regionale, che detta norme per l'abitare sostenibile, presenta profili di illegittimità costituzionale relativamente alle disposizioni contenute nell'articolo 8-bis, rubricato “Gestione del ciclo dei rifiuti derivanti da processi edili” .
Si premette che, come affermato da consolidata giurisprudenza costituzionale (sent. n. 10 /2009, n. 61/2009), la disciplina dei rifiuti si colloca, nell'ambito della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Sono, pertanto, vincolanti per i legislatori regionali le disposizioni di cui al d.lgs. 152/2006, che costituiscono standards minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente validi sull'intero territorio nazionale. Si segnala, inoltre, che in materia è intervenuto anche il legislatore comunitario con le direttive 75/442/CE e 2006/12/CE, nonché la Corte di Giustizia che ha elaborato una consolidata giurisprudenza ed ha provveduto a delineare dei principi generali, soprattutto per quanto concerne la definizione di "rifiuto". Si tratta di principi che non possono essere derogati dalla Regione dato il vincolo del rispetto del diritto comunitario derivante dell'art. 117, comma 1, Cost .
Ciò premesso , la norma regionale contenuta nell’articolo 8 bis rimanda, in maniera generica, all’emanazione di regolamenti attuativi regionali per la definizione di criteri e modalità di gestione dei rifiuti derivanti da processi edili..
In particolare, la lettera c) del medesimo articolo, riguardante la definizione e individuazione delle modalità e dei criteri per il ciclo di recupero dei rifiuti nel più ampio processo edilizio pubblico e privato, risulta priva del richiamo alla normativa statale di settore vigente. Considerato che, come detto, è il legislatore statale competente a disciplinare la materia, anche in attuazione di principi di derivazione comunitaria, è imprescindibile che il testo regionale sancisca il rispetto delle disposizioni recate dall’art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006 rubricato “Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti” nonché del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 che, al punto 7 dell’allegato 1, sub-allegato 1, individua le caratteristiche, la provenienza e le attività di recupero consentite ai fini dell’ammissione di tale tipologia di rifiuto alle procedure semplificate di recupero.
Inoltre, la lettera g) dello stesso articolo 8-bis, riguardante i criteri tecnici di selezione e trattamento dei materiali derivanti dal processo di riciclo per la reimmissione come materie prime all’interno dei processi di fabbricazione e la loro definizione come materiali ecosostenibili da individuare attraverso i predetti regolamenti attuativi regionali, non fa nessun riferimento all’articolo 184-ter del d.lgs. 152/2006, recante “Cessazione della qualifica di rifiuto”. Tale disposizione statale, infatti, stabilisce le condizioni da rispettare affinché un rifiuto, sottoposto ad un’operazione di recupero, cessi di essere tale. Di contro, la disposizione regionale è interpretabile nel senso di escludere dalla qualifica di rifiuti, in modo generalizzato, i materiali derivanti dal processo di riciclo. Come è noto, sulla base della normativa comunitaria e nazionale, non è possibile adottare esclusioni generalizzate o presunzioni assolute di esclusione dal campo di applicazione della normativa in materia di rifiuti.
Pertanto, al fine della conformità con le disposizioni comunitarie e con quelle nazionali, la disposizioni in esame è carente della necessaria norma di salvaguardia che faccia espressamente salvo quanto disposto dal citato d.lgs. 152/06.
Conclusivamente, la norma regionale in oggetto risulta invasiva della competenza legislativa esclusiva statale in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, co. 2, lett s) della Costituzione , oltre a essere suscettibile di violare i vincoli comunitari, al cui rispetto la Regione è chiamata dall’articolo 117, comma 1, della Costituzione.
La norma regionale deve quindi essere impugnata ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
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