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Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2011, n. 24, recante: "Istituzione del Centro Regionale Sangue". (3-2-2012)
Calabria
Legge n.6 del 3-2-2012
n.2 del 10-2-2012
Politiche socio sanitarie e culturali
3-4-2012 /
Impugnata
Legge Regione Calabria n. 6 del 3 febbraio 2012 , che apporta “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2011, n. 24, recante ‘Istituzione del Centro Regionale Sangue’”, presenta profili di illegittimità costituzione con riferimento all’art. 1, comma 1.
I
E’ opportuno premettere che la regione Calabria, per la quale è stata verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tali da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato, il 17 dicembre 2009, un accordo con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che individua gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
La Regione Calabria, peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all'articolo 1, comma 180, della l. n. 311/04, nonché dall'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’articolo 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta del 30 luglio 2010, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina del Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Calabria, individuando lo stesso nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
II
E’ necessario altresì premettere che in data 8 settembre 2011 il Consiglio dei Ministri ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale della legge della regione Calabria n. 24/2011, recante “Istituzione del Centro Regionale Sangue”. per i seguenti motivi:
“ 1) l’art. 1, comma 1, che istituisce il Centro regionale sangue, e l’art. 2, che ne definisce le funzioni (consistenti nel coordinamento, nella programmazione e nel controllo di tutte le attività trasfusionali che si svolgono nella regione, nel coordinamento dei rapporti tra le regioni circa la raccolta del sangue, e nella gestione dei finanziamenti), nonché le altre disposizioni ad essi inscindibilmente connesse creano e disciplinano un nuovo ente destinato ad operare nell’ambito sanitario. Tali disposizioni prevedono pertanto specifici interventi in materia di organizzazione sanitaria che esulano dal novero degli interventi ricompresi nel menzionato Piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario di cui all’accordo del 17 dicembre 2009 stipulato tra il Presidente della regione Calabria e i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze. Esse pertanto si pongono in contrasto con le previsioni di detto Piano, nonchè con l’attuazione dello stesso, realizzata attraverso il menzionato mandato commissariale del 30 luglio 2010.
Inoltre l’art. 1, comma 2, l’art. 4, comma 1, e l’ art. 10, comma 2, demandano alla Giunta regionale compiti che interferiscono sulle funzioni attribuite al Commissario ad acta con il menzionato mandato commissariale del 30 luglio 2010.
In particolare le disposizioni sopra menzionate, istituendo e regolamentando nuove strutture sanitarie (art. 1, comma 1, e art. 2) e attribuendo alla Giunta regionale il compito di determinare la sede del Centro (art. 1, comma 2), le funzioni del direttore generale e del Comitato di gestione (art. 4, comma 1), nonchè l’adozione dei provvedimenti conseguenti al piano di programmazione predisposto dal Centro (art. 10, comma 2), menomano le attribuzioni commissariali di cui alla lett. a), nn. 2, 6 e 9 del mandato commissariale, che assegnano al Commissario ad acta la realizzazione degli interventi riguardanti il riassetto della rete ospedaliera, gli interventi sulla spesa farmaceutica ospedaliera, e l’attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali.
Inoltre le disposizioni in esame si pongono in contrasto con i decreti n. 32 del 15 aprile e n. 85 del 4 agosto 2011, con i quali il Commissario ad Acta, in attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, ha recepito per la regione Calabria l’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010 recante i “requisiti minimi organizzativi, strutturali, e tecnologici delle attività sanitarie dei servizi trasfusionali e delle unità di raccolta e sul modello per le visite di verifica” (Obiettivo:G01.S01.). Con gli stessi decreti il Commissario ha inoltre dato mandato alla struttura amministrativa della Regione, il Dipartimento Tutela della salute, di porre in essere tutti gli adempimenti connessi al recepimento del menzionato accordo.
Pertanto le disposizioni regionali in esame che istituiscono nuove strutture sanitarie e demandano alla Giunta regionale specifici interventi in materia di organizzazione sanitaria in costanza di Piano di rientro dal disavanzo sanitario, e quindi di stretta competenza del Commissario ad acta, sono incostituzionali sotto un duplice aspetto:
- interferiscono con le funzioni commissariali, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. Al riguardo la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 78 del 2011, richiamando i principi già espressi nella sentenza n. 2 del 2010, ha precisato che anche qualora non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ma ricorra comunque una situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, tale situazione è idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Secondo tale sentenza in particolare “l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica.
È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali”
- le stesse disposizioni, inoltre, prevedendo interventi in materia di organizzazione sanitaria non contemplati nel piano di rientro, si pongono in contrasto con i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali gli interventi previsti nell'Accordo e nel relativo Piano "sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”. La disposizione regionale in esame pertanto viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La Corte Costituzionale con le sentenze n. 100 e n. 141 del 2010 ha infatti ritenuto che le norme statali (quale l’art. 1, comma 796, lett. b, della legge n. 296 del 2006) che hanno reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione «necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”, possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. In particolare con la sentenza n. 141 del 2010 la Consulta ha giudicato
incostituzionale la l. r. Lazio n. 9 del 2009, che istituiva nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale un nuovo tipo di distretti socio-sanitari, definiti "montani" (con rispettivi ospedali, servizio di eliambulanza, e possibilità di derogare alla normativa in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e di contenimento della spesa pubblica) in quanto “l’autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”.
2) L’art. 5, che istituisce la Commissione regionale per le attività trasfusionali, non è in linea con l’art. 29 del d.l. n.223/2006 (convertito in legge n. 248/2006) e con l’art. 68 del d.l. n. 112/2008 (convertito in legge n. 133/2008), che ne conferma l’indirizzo e le finalità, secondo i quali le strutture di supporto devono essere limitate a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi istituzionali. Di conseguenza l’articolo in esame si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma Cost., con riferimento al richiamato principio di coordinamento della finanza pubblica. Tale interpretazione della menzionata normativa statale, anche nei confronti delle regioni, trova riscontro nella sentenza della Corte Costituzionale n. 267 del 2010
3) L’art. 13, recante le norme finanziarie, è censurabile sotto un duplice profilo:
- il comma 1, nel quantificare in 500.000 euro gli oneri finanziari derivanti della legge in esame per l’anno 2011, indica una somma incongrua, considerato che il Centro dovrà sostenere, oltre alle spese per i relativi organi, anche quelle del personale da assegnare al Centro medesimo (al quale peraltro la legge in esame non fa alcun riferimento) e quelle di funzionamento. Inoltre il comma 2, riguardante gli oneri finanziari per gli anni successivi al 2011, non ne quantifica l’ammontare, né specifica i relativi mezzi di copertura. Entrambi i commi risultano pertanto privi di copertura finanziaria, in contrasto con l’art. 81 Cost.
- L’articolo 13 inoltre introduce una maggiore spesa del SSN, non prevista nel Piano di rientro di cui all’accordo del 17 dicembre 2009 tra il Presidente della regione Calabria e i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze. Esso pertanto si pone in contrasto con le previsioni di detto Piano, nonchè con l’attuazione dello stesso, realizzata attraverso il menzionato mandato commissariale del 30 luglio 2010,
ed è pertanto incostituzionale per gli stessi motivi sposti sub 1) nei confronti dell’art. 1, dell'art. 2, dell’art. 4, comma 1, e dell’ art. 10, comma 2.”
III
Ciò premesso, la legge regionale n. 6 del 2011, in esame, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 1, comma 1, che, nel modificare il l’art. 14, comma 1, della sopra descritta legge regionale n. 24 del 2011 (riguardante in particolare l’entrata in vigore della legge stessa), dispone che l’efficacia di quest’ultima “è sospesa in attesa dell’attuazione del piano di rientro”. Infatti la previsione della mera sospensione delle disposizioni impugnate, disposta dall’art. 1, comma 1, postula logicamente la vigenza delle norme sospese le quali non cessano, solo in grazia della sospensione dell’efficacia, di essere incostituzionali in quanto tali. Tanto più se si pensa che l’art. 1, comma 1, disponendo la sospensione per il solo periodo di attuazione del piano di rientro, limita significativamente la sospensione delle disposizioni impugnate sotto il profilo temporale. Così disponendo tale norma regionale sostanzialmente stabilizza, per i periodi in cui non opera la sospensione, gli effetti delle disposizioni impugnate, confermando in tal modo la loro illegittimità costituzionale e violando i principi costituzionali già invocati nella relazione del Ministro per i rapporti con le regioni allegata alla relativa delibera di impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale del Consiglio dei Ministri dell’8 settembre 2011, i cui motivi, ai quali ci si riporta, sono stati integralmente trascritti al punto II.
Inoltre la disposizione regionale in esame, nel limitarsi a “sospendere l’efficacia” della predetta legge regionale n. 24/2011, contrasta anche sotto altro profilo con il citato art. 2, commi 80 e 95, della legge n.191/2009, che impone alle regioni di “rimuovere” i provvedimenti, anche legislativi, che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro e, conseguentemente, viola gli articoli 117, comma 3, e 120 della Costituzione in quanto si pone in contrasto con i citati principi della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, e interferisce con le funzioni del Commissario ad acta volte all’attuazione del Piano di rientro.
Essa contrasta altresì con l’art. 81 Cost. in quanto, nel momento in cui dovesse essere attuato il Piano di rientro, la legge regionale n. 24 del 2011 riacquisterebbe piena efficacia, ivi incluse le disposizioni prive di copertura finanziaria.
La disposizione contenuta nell’art. 1, comma 1, della legge in esame, peraltro, prevedendo contestualmente la sospensione delle disposizioni impugnate e la cessazione di detta sospensione, lede anche il principio di ragionevolezza, di cui all’art. 97 Cost.
Essa, infatti, implica che norme con un determinato contenuto, deciso nell’ambito di un dato contesto amministrativo e organizzativo, riprendano a produrre i propri effetti in un contesto del tutto diverso, senza verificare la coerenza dei relativi contenuti con il mutato assetto nel frattempo determinatosi. Ciò potrebbe provocare conseguenze negative sia sotto il profilo della tenuta dell’equilibrio finanziario eventualmente (e faticosamente) raggiunto grazie all’esercizio del potere sostitutivo e all’attuazione del piano di rientro, sia sotto quello dell’aderenza delle “vecchie” misure - delle quali riprenderebbe la decorrenza degli effetti una volta cessata la sospensione - alla nuova realtà amministrativa e organizzativa nel frattempo prodottasi, senza alcuna verifica di congruità e coerenza. Si configura, pertanto, la non improbabile possibilità di determinare sovrapposizioni di strutture, competenze e procedure in grado anche di inficiare la qualità delle prestazioni erogate, arrecando un danno alla salute dei cittadini. Ciò appare particolarmente evidente nella fattispecie in esame in cui il Commissario ad acta, nell’esercizio delle competenze di cui al relativo mandato commissariale, è già intervenuto nell’ambito del settore relativo ai servizi trasfusionali, recependo il citato accordo del 16 dicembre 2010 stipulato, in materia, in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Il contrasto della disposizione in esame con il principio di ragionevolezza appare pertanto evidente considerando le conseguenze che potrebbero determinarsi nel momento in cui la legge regionale n. 24/2011, impugnata dal Governo e poi “sospesa” dalla Regione, dovesse riprendere a produrre i propri effetti dopo l’attuazione del piano di rientro e, quindi, dopo l’adozione, da parte del Commissario, dei provvedimenti incidenti sulla medesima materia.
Per i motivi esposti si ritiene che l’art. 1, comma 1, della legge in esame debba essere impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale.
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Un approfondimento sulle Commissioni paritetiche di ciascuna Regione a statuto speciale, con i Decreti di costituzione e l’elenco dei decreti legislativi concernenti le norme di attuazione