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Disciplina regionale in materia di demanio e patrimonio. (7-2-2012)
Liguria
Legge n.2 del 7-2-2012
n.1 del 15-2-2012
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE IMPUGNATIVA
Con delibera del Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2012, è stata impugnata dinanzi la Corte Costituzionale, la legge regionale Liguria n. 2 del 7/02/2012 pubblicata sul BUR n. 1 del 15/02/2012, recante: "Disciplina regionale in materia di demanio e patrimonio", per diversi motivi di illegittimità costituzionale, tra i quali:
- l’articolo 15, comma 2 dispone che la sdemanializzazione dei beni del demanio idrico avviene mediante provvedimento adottato dalla Giunta regionale, previo parere della competente Provincia ai sensi dell’art. 92, comma 1, lettera n), della legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modificazioni e integrazioni.
Tale disposizione si pone in contrasto con quanto disposto dal d.lgs. n.152/06 (Norme in materia ambientale) che al comma 1 dell’art. 143, concernente le dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato, prevede che “1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge".
Pertanto, la norma in esame, nell’autorizzare la sdemanializzazione di beni non consentita dalla normativa statale, viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione che riserva in via esclusiva allo Stato la materia della tutela dell’ambiente.
- l'articolo 15 comma 3, consente alla Giunta regionale di procedere alla riclassificazione del bene che ha perduto le caratteristiche intrinseche della demanialità. Al riguardo, non si può sottacere che lo stesso introduce il cosiddetto istituto della sclassifica tacita e implicita. Si consente, infatti, a differenza di quanto stabilito nell’ordinamento vigente - corollario anche dei principi costituzionali in materia di proprietà pubblica - che il transito dei beni demaniali marittimi in altro patrimonio possa avvenire con procedure diverse da quelle previste dall’articolo 35 del cod. nav..
- l’articolo 26 disciplinando la custodia e la gestione temporanea delle acque minerali, prevede che il dirigente in materia di demanio e patrimonio “può affidare, in via temporanea e precaria, la custodia e la gestione dei beni e delle relative pertinenze” al richiedente, qualora sia presentata un’unica istanza di concessione ovvero, in caso di più istanze, a uno dei richiedenti che offra adeguate garanzie tecniche ed economiche sulla base dei criteri che saranno individuati in un apposito regolamento attuativo della legge.
La disposizione in esame nella misura in cui non specifica le modalità di affidamento della gestione delle acque minerali e non prevede una durata massima dell’affidamento, contrasta con il decreto del Presidente della Repubblica n. 296/2005 recante “Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato” che al comma 3 dell’art. 4, concernente le condizioni delle concessioni e delle locazioni, dispone che “La durata della concessione e della locazione è stabilita in anni sei. Può essere stabilito un termine superiore ai sei anni, e comunque non eccedente i diciannove…”.
Pertanto, la norma in esame, nella parte in cui prevede un generico affidamento temporaneo senza specificazioni in ordine alle modalità di affidamento ed alla relativa durata, viola l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s) della Costituzione che riservano allo Stato la materia della tutela della concorrenza e dell’ambiente nonché l’art. 117, terzo comma, della Costituzione che riserva allo Stato i principi in materia di governo del territorio.
- l’articolo 38, comma 5, disciplina i casi in cui si procede all’alienazione dei beni immobili regionali mediante trattativa privata con un unico interlocutore. In particolare le fattispecie individuate dalle lettere a) e c) del suddetto comma 5, che prevedono la vendita ad un soggetto privato che opera senza fini di lucro o di soggetti che possono far valere un diritto di prelazione, contrastano con l’art. 3, comma 1, della legge n. 783/1908 recante “Unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato”, la quale dispone che “La vendita dei beni si fa mediante pubblici incanti sulla base del valore di stima, previe le pubblicazioni, affissioni ed inserzioni da ordinarsi dall'amministrazione demaniale in conformità del regolamento per la esecuzione della presente legge”. La disposizione in esame, inoltre, contrasta con le disposizioni contenute nel regolamento attuativo della suddetta legge n. 783/1908 approvato con regio decreto n. 454/1909, il quale disciplina i casi in cui la vendita può avvenire con trattativa privata.
Pertanto la norma in esame nel derogare alle disposizioni statali in materia di alienazione dei beni immobili dello Stato viola l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva allo Stato la materia della tutela della concorrenza.
Con la legge regionale n.29/2012 (Adeguamento di disposizioni di carattere finanziario e modifiche di altre norme regionali), esaminata nella seduta del Consiglio dei Ministri in data 28 settembre 2012, la Regione Liguria si è adeguata ai rilievi governativi disponendo, all'art.2 comma 1, l'abrogazione dei commi 2 e 3 dell'art.15 della L.r. n.2/2012; all'art. 2 comma 3, la modifica del comma 2 dell'art. 26 della lr 2/2012 nel senso che dopo le parole "in via temporanea e precaria", contenute nel primo e nel secondo periodo, sono inserite le seguenti "e comunque non oltre un anno"; e all'art. 2 comma 4 l'abrogazione della lettera c) del comma 5 dell'art. 38 della lr 2/2012.
Per i suddetti motivi, si propone la rinuncia parziale all'impugnazione della l.r. n.2/2012, limitatamente, agli artt. 15 commi 2 e 3, 26 comma 2, 38 lettera c) del comma 5.
Permangono ancora validi, invece, gli altri motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2012.
6-4-2012 /
Impugnata
La legge in esame, recante “Disciplina regionale in materia di demanio e patrimonio”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
Premesso che l’intero impianto normativo della legge regionale in questione contrasta con l’ordinamento giuridico nazionale, in quanto, dalle disposizioni della norma regionale, emergono generali profili di illegittimità costituzionale, derivanti dalla violazione dell’articolo 117, secondo comma , lett. l), della Costituzione che riserva allo Stato la materia dell’ordinamento civile.
La stessa Corte Costituzionale ha più volte affermato che la titolarità di funzioni legislative e amministrative della Regione in ordine all’utilizzazione di determinati beni non può incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario e che la disciplina degli aspetti dominicali del demanio statale rientra nella materia dell’ordinamento civile di competenza esclusiva dello Stato (sentenze n.370 , 102 e n. 94 del 2008, n. 286 del 2004, n. 343 del 1995), specificando, (sentenza n. 427 del 2004), con particolare riferimento al demanio marittimo, che «la competenza della Regione nella materia non può incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario. Queste infatti precedono logicamente la ripartizione delle competenze ed ineriscono alla capacità giuridica dell’ente secondo i principi dell’ordinamento civile.
Passando all’esame, in concreto, dei singoli profili di illegittimità costituzionale occorre premettere che l’articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382, recante norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione, delegava al governo l’emanazione di uno o più decreti diretti a:
“a) a completare il trasferimento delle funzioni amministrative, considerate per settori organici, inerenti alle materie indicate nell'articolo 117 della Costituzione, ……
b) a trasferire le funzioni inerenti alle materie indicate nell'articolo 117 della Costituzione ……;
c) a delegare, a norma dell'articolo 118, secondo comma, della Costituzione, le funzioni amministrative necessarie per rendere possibile …..
d) …. Omissis ….
e) ad attribuire alle province, ai comuni e alle comunità montane, ai sensi dell'articolo 118, primo comma della Costituzione, le funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale nelle materie indicate dall'articolo 117 della Costituzione………”
Successivamente l’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.616, recante attuazione della delega di cui all'art. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382) disponeva il Trasferimento e deleghe delle funzioni amministrative dello Stato alle regioni. L’articolo 59 dello stesso provvedimento in materia di demanio marittimo disponeva, inoltre, che ”Sono delegate alle regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale…”.
Dall’esame delle citate disposizioni emerge chiaramente la separazione tra funzioni delegate alle Regioni (funzioni amministrative) e competenze ascritte allo Stato (aspetti dominicali) che prescindono completamente dall’utilizzazione del bene e riguardano esclusivamente la sua configurazione giuridica.
Tale ripartizione delle competenze deve ritenersi tuttora vigente ancorché l’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85, recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, preveda il trasferimento alle Regioni dei beni del demanio marittimo. Infatti dette disposizioni legislative subordinano il trasferimento di detti beni ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che a tutt’oggi non stati ancora emanati.
Per quanto sopra rappresentato, nelle more del perfezionamento del descritto iter normativo di attribuzione alle Regioni di un proprio patrimonio demaniale, si ritiene che, disciplinando aspetti inerenti il regime giuridico (proprietà) di beni che alla Regione non appartengono, in quanto non trasferiti, siano in contrasto con l’ordinamento giuridico nazionale, e, conseguentemente, violano il predetto articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, i seguenti articoli della legge regionale in esame:
articoli 1, 4, 5, 6, 16 e 17, nelle parti in cui la Regione Liguria disciplina aspetti dominicali del demanio, eccedendo quelle che sono le proprie funzioni che si limitano alla gestione amministrativa del bene, secondo quanto disposto dai summenzionati provvedimenti (legge 382/75, d.P.R. 616/1977, e d.lgs.85/2010).
- l’articolo 7, comma 3, relativamente all’istituto della consegna, il quale ai sensi degli articoli 34 del Codice della navigazione e 36 del relativo regolamento attiene ad aspetti afferenti la dominicalità del demanio marittimo, in quanto modalità di esercizio dell’uso diretto da parte dallo Stato, nella qualità di proprietario. Permane dunque in capo esclusivamente allo Stato, ed in particolare all’Amministrazione marittima centrale, la competenza ad emanare il predetto atto.
- l’articolo 8, relativamente agli atti di cui agli articoli 35 (classifica dei beni) e 49 (devoluzione opere non amovibili) del Codice della navigazione, le cui disposizioni afferiscono ai profili dominicali dei beni.
- l’articolo 11, relativamente ai beni demaniali marittimi. Infatti l’elencazione di tali beni contemplati nell’articolo non tengono conto del fatto che ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 85 del 2010 sono esclusi dal trasferimento in proprietà alle autonomia territoriali le seguenti categorie di beni, che rimangono in proprietà dello Stato: a) immobili demaniali marittimi in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali a tutte le Amministrazioni dello Stato, anche ad Ordinamento autonomo, agli enti pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo ed alle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni; b) porti di rilevanza economica nazionale ed internazionale; c) demanio marittimo rientrante all’interno dei parchi nazionali e riserve naturali statali; d) demanio marittimo ove insistono strade ferrate in uso di proprietà dello Stato; e) demanio marittimo ove insistono reti stradali di interesse statale e demanio marittimo appartenente al patrimonio culturale; f) demanio marittimo c.d. energetico di interesse nazionale, secondo quanto già chiarito con pregresse istruzioni; g) demanio marittimo costituente la dotazione della Presidenza della Repubblica, nonché il demanio marittimo in uso, a qualsiasi titolo al Senato della Repubblica, alla Camera del Deputati, alla Corte Costituzionale, nonché agli Organi dl rilevanza costituzionale.
- articolo 14, relativamente al cosiddetto potere di autotutela amministrativa di cui la Regione si dichiara titolare in virtù del principio di dominicalità che invece ha già formato in precedenza oggetto di contestazione.
- articolo 15, comma 3, che afferisce all’istituto della sclassifica di cui all’articolo 35 del codice della navigazione. Al riguardo, non si può, inoltre, sottacere che lo stesso introduce il cosiddetto istituto della sclassifica tacita e implicita. Si consente, infatti, a differenza di quanto stabilito nell’ordinamento vigente, corollario anche dei principi costituzionali in materia di proprietà pubblica, che il transito dei beni demaniali marittimi in altro patrimonio possa avvenire con procedure diverse da quelle previste dall’articolo 35 del cod. nav..
Ulteriori profili di illegittimità costituzionale per violazione degli art. 117, secondo comma , lett. e) ed s), e 117, terzo comma , della Costituzione riguardano le seguenti norme:
- l’art 15, comma 2, dispone che la sdemanializzazione dei beni del demanio idrico avviene mediante provvedimento adottato dalla Giunta regionale, previo parere della competente Provincia ai sensi dell’art. 92, comma 1, lettera n), della legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modificazioni e integrazioni.
Tale disposizione, nel prevedere la sdemanializzazione dei beni asserviti al servizio idrico integrato, si pone in contrasto con quanto disposto dal d.lgs. n.152/06 (Norme in materia ambientale) che al comma 1 dell’art. 143, concernente le dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato, prevede che “1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge".
Pertanto, la norma in esame, nel consentire la sdemanializzazione di beni non consentita dalla normativa statale, viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione che riserva in via esclusiva allo Stato la materia della tutela dell’ambiente.
- l’art.26 disciplina la custodia e la gestione temporanea delle acque minerali, prevedendo che il dirigente in materia di demanio e patrimonio “può affidare, in via temporanea e precaria, la custodia e la gestione dei beni e delle relative pertinenze” al richiedente, qualora sia presentata un’unica istanza di concessione ovvero, in caso di più istanze, a uno dei richiedenti che offra adeguate garanzie tecniche ed economiche sulla base dei criteri che saranno individuati in un apposito regolamento attuativo della legge.
La disposizione in esame nella misura in cui non specifica le modalità di affidamento della gestione delle acque minerali e non prevede una durata massima dell’affidamento, contrasta con il decreto del Presidente della Repubblica n. 296/2005 recante “Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato” che al comma 3 dell’art. 4, concernente le condizioni delle concessioni e delle locazioni, dispone che “La durata della concessione e della locazione è stabilita in anni sei. Può essere stabilito un termine superiore ai sei anni, e comunque non eccedente i diciannove…”.
Pertanto, la norma in esame, nella parte in cui prevede un generico affidamento temporaneo senza specificazioni in ordine alle modalità di affidamento ed alla relativa durata, viola l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s) della Costituzione che riservano allo Stato la materia della tutela della concorrenza e dell’ambiente nonché l’art. 117, terzo comma, della Costituzione che riserva allo Stato i principi in materia di governo del territorio.
- l’art. 38, comma 5, disciplina i casi in cui si procede all’alienazione dei beni immobili regionali mediante trattativa privata con un unico interlocutore. In particolare le fattispecie individuate dalle lettere a) e c) del suddetto comma 5 che prevedono la vendita ad un soggetto privato che opera senza fini di lucro o di soggetti che possono far valere un diritto di prelazione contrastano con l’art. 3, comma 1, della legge n. 783/1908 recante “Unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato” la quale dispone che “La vendita dei beni si fa mediante pubblici incanti sulla base del valore di stima, previe le pubblicazioni, affissioni ed inserzioni da ordinarsi dall'amministrazione demaniale in conformità del regolamento per la esecuzione della presente legge”. La disposizione in esame, inoltre, contrasta con le disposizioni contenute nel regolamento attuativo della suddetta legge n. 783/1908 approvato con regio decreto n. 454/1909 il quale disciplina i casi in cui la vendita può avvenire con trattativa privata.
Pertanto la norma in esame nel derogare alle disposizioni statali in materia di alienazione dei beni immobili dello Stato viola l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva allo Stato la materia della tutela della concorrenza.
- l’art. 47 concernente l’uso particolare dei beni demaniali e dei beni patrimoniali indisponibili, stabilisce, al comma 9, che le norme in materia di sub concessione saranno determinate dall’apposito regolamento attuativo della legge.
Tale disposizione contrasta con il decreto del Presidente della Repubblica n. 296/2005 recante “Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato” che al comma 3 dell’art. 5, concernente decadenza e revoca della concessione, dispone che “La sub-concessione del bene, totale o parziale, è vietata e la violazione di detto divieto comporta la decadenza immediata dalla concessione”.
Pertanto la norma in esame, nella parte in cui prevede l’istituto della sub-concessione, viola l’art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile e l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, che riserva allo Stato i principi in materia di governo del territorio.
Per i suddetti motivi si ritiene che le disposizioni indicate debbano essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.
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