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Piano industriale per il miglioramento degli impianti di grande derivazione a scopo idroelettrico: integrazione dell’articolo 26 septies della legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4 (Disposizioni in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico e altre disposizioni connesse). (7-12-2022)
Trento
Legge n.16 del 7-12-2022
n.49 del 9-12-2022
Politiche infrastrutturali
2-2-2023 /
Impugnata
La legge provinciale, che reca "Piano industriale per il miglioramento degli impianti di grande derivazione a scopo idroelettrico: integrazione dell'articolo 26-septies della legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4 (Disposizioni in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico e altre disposizioni connesse)", eccede dalle competenze riconosciute alla Provincia Autonoma di Trento dallo Statuto speciale di autonomia, presentando aspetti di illegittimità costituzionale relativamente alle previsioni contenute nei commi 2bis e 2 quinquies dell’articolo 26 septies introdotti dall’articolo 1, comma 1 della legge provinciale in esame.
Tali disposizioni, per le motivazioni di seguito indicate, eccedono dalle competenze statutarie riconosciute alla Provincia autonoma di Trento dall’articolo 13 dello Statuto speciale di autonomia della Regione Trentino Alto Adige, andando a violare l’articolo 117, primo comma e secondo comma, lettera e) della Costituzione.
In via preliminare va ricordato che l’articolo 13 dello Statuto riconosce alla Provincia autonoma di Trento una competenza legislativa primaria (da esercitare “nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e degli accordi internazionali, nonché dei principi fondamentali dell’ordinamento statale”) prevedendo che con legge provinciale siano disciplinate “le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni per grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico, stabilendo in particolare norme procedurali per lo svolgimento delle gare, i termini di indizione delle stesse, i criteri di ammissione e di aggiudicazione, i requisiti finanziari, organizzativi e tecnici dei partecipanti. La legge provinciale disciplina inoltre la durata delle concessioni, i criteri per la determinazione dei canoni di concessione per l’utilizzo e la valorizzazione del demanio idrico e dei beni patrimoniali costituiti dagli impianti afferenti le grandi derivazioni idroelettriche, i parametri di sviluppo degli impianti nonché le modalità di valutazione degli aspetti paesaggistici e di impatto ambientale, determinando le conseguenti misure di compensazione ambientale e territoriale, anche a carattere finanziario.”
Dunque il parametro di riferimento per l’esercizio della competenza provinciale in materia di grandi derivazione idroelettriche, oltre che dal necessario rispetto dell' ordinamento euro-unitario, è costituito dal predetto articolo e, per quanto da esso non previsto, dalle norme di attuazione dello Statuto speciale, in particolare dal D.P.R. n. 235 del 1977 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia) e dal D.P.R. n. 381 del 1974 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche) nonché dalle disposizioni statali interposte che costituiscono limite all’esercizio della potestà normativa provinciale in quanto riconducibili ai principi fondamentali dell’ordinamento statale.
Ciò premesso, si rilevano i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
La legge provinciale di cui all’oggetto novella l’articolo 26-septies della legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4, prevedendo, in particolare, al comma 2bis ed al successivo comma 2 quinquies, che i concessionari di grandi derivazioni idroelettriche possano presentare alla Provincia un piano industriale, la cui durata sospende le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico relative ad impianti interessati dal piano medesimo.
Come noto, le concessioni relative alle centrali idroelettriche – il cui numero è limitato dalla scarsità delle risorse naturali e dalle caratteristiche tecniche necessarie per la generazione di tale energia – si qualificano come autorizzazioni ai sensi della direttiva servizi (articolo 12 della direttiva n. 2006/123/CE) e, pertanto, devono essere indette procedure di selezione che presentino garanzie di imparzialità e di trasparenza, nonché di adeguata pubblicità. Ne consegue che non è possibile prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore la cui concessione sia scaduta.
Entro tale quadro, la citata disposizione, contemplando la sospensione delle procedure di assegnazione delle concessioni de quo per tutta la durata del piano industriale presentato dal concessionario, concede un vantaggio ai titolari delle concessioni in corso, consentendo loro di avvalersi delle concessioni medesime senza dover partecipare a una procedura di selezione indetta a tempo debito.
Considerata, inoltre, la posizione geografica delle centrali idroelettriche in questione, non si può escludere che la gestione di tali impianti presenti un'attrattiva economica per operatori di altri Stati membri che gestiscono strutture simili in altri Stati membri, con conseguenti effetti sulla libertà di stabilimento, nel senso di un'eventuale violazione delle regole fondamentali del TFUE.
Peraltro, si evidenzia che per il PNRR la tutela e la promozione della concorrenza sono fattori essenziali per favorire l’efficienza e la crescita economica.
D’altronde, con l’articolo 7 della legge annuale per il mercato e la concorrenza 5 agosto 2022, n. 118, si è proceduto a una profonda modifica della disciplina delle concessioni idroelettriche di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, prevedendo, tra l’altro, che le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche siano effettuate in ogni caso secondo parametri competitivi, equi e trasparenti.
In particolare, e per quanto qui rileva, l’art. 12, comma 1- quater, del d.lgs. n. 79 del 1999 stabilisce chiaramente che: «Le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche sono avviate entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1-ter e comunque non oltre il 31 dicembre 2023».
A mente del successivo comma 1- sexies, «Per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che prevedono un termine di scadenza anteriore al 31 dicembre 2024, ivi incluse quelle già scadute, le regioni possono consentire la prosecuzione dell'esercizio della derivazione nonché la conduzione delle opere e dei beni passati in proprietà delle regioni ai sensi del comma 1, in favore del concessionario uscente, per il tempo strettamente necessario al completamento delle procedure di assegnazione e comunque non oltre tre anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, stabilendo l'ammontare del corrispettivo che i concessionari uscenti debbono versare all'amministrazione regionale in conseguenza dell'utilizzo dei beni e delle opere affidate in concessione, o che lo erano in caso di concessioni scadute, tenendo conto degli eventuali oneri aggiuntivi da porre a carico del concessionario uscente nonché del vantaggio competitivo derivante dalla prosecuzione dell'esercizio degli impianti oltre il termine di scadenza».
Orbene, il dato normativo e i pronunciamenti della Corte costituzionale inducono a qualificare la disciplina contenuta nell’art. 12, comma 1-ter, del d.lgs. n. 79 del 1999, come ascrivibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.; ciò in quanto la normativa in esame ha precipuamente ad oggetto la disciplina delle procedure di evidenza pubblica e, in particolare, quella delle «procedure di qualificazione e selezione dei concorrenti, [delle] procedure di affidamento [...], [dei] criteri di aggiudicazione, ivi compresi quelli che devono presiedere all’attività di progettazione ed alla formazione dei piani di sicurezza» (così sentenza n. 401 del 2007; nello stesso senso, sentenze n. 4 del 2022 e n. 411 del 2008).
Quanto al dato normativo, va considerato che la menzionata norma statale afferisce letteralmente alle «modalità e [...] procedure di assegnazione» delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico e, nelle diverse lettere in cui si compone, provvede alla specificazione dei profili rimessi alla legislazione regionale che, per contenuto, sono tutti riconducibili allo sviluppo delle gare: quelli attinenti ai criteri di ammissione e assegnazione (lettera c), ai requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari richiesti ai concorrenti e ai criteri di valutazione delle proposte progettuali (lettera e), nonché alle condizioni richieste per le proposte progettuali dei partecipanti alle gare in termini di obblighi e limiti gestionali (lettera g), di miglioramenti energetici (lettera h) e ambientali (lettera i) e misure di compensazione ambientali e territoriali (lettera l).
La riconduzione della normativa interposta nell’ambito materiale delle procedure di evidenza pubblica e, dunque, della concorrenza “per il mercato”, trova conferma nella circostanza che la legge 5 agosto 2022, n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021), al dichiarato fine di dettare disposizioni «per la tutela della concorrenza ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione» (art. 1), ha modificato porzioni dell’art. 12 del d.lgs. n. 79 del 1999, riguardanti le procedure di assegnazione (commi 1-ter.1, 1-quater e 1-sexies): la novella conferma, dunque, l’ascrizione della disciplina de qua alla materia di potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Quanto all’orientamento del Giudice delle leggi in materia, si rappresenta che:
«Anche la giurisprudenza di questa Corte, intervenuta nello specifico tema delle grandi derivazioni idroelettriche, depone nel senso di ricondurre le gare indette per l’assegnazione delle loro concessioni alla «tutela della concorrenza». In più occasioni, infatti, sono state promosse questioni di legittimità costituzionale ora di disposizioni statali che nel tempo hanno modificato le norme sulle relative gare (contenute nel più volte modificato art. 12 del d.lgs. n. 79 del 1999), per violazione della potestà legislativa riservata alle regioni nella materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», ora - in senso opposto - di disposizioni regionali per contrasto con tale norma statale, assunta quale parametro interposto per la dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Ebbene, le pronunce della Corte costituzionale intervenute al riguardo hanno sempre ricondotto la disciplina dei procedimenti di selezione del concessionario all’ambito della «tutela della concorrenza», senza trovare ostacolo nel loro inerire allo specifico settore energetico.
In particolare, nella sentenza n. 28 del 2014 è stata respinta l’impugnazione regionale di disposizioni statali che dettavano la disciplina delle procedure di evidenza pubblica, con riguardo alla tempistica delle gare e al contenuto dei relativi bandi, proprio perché ascritte al detto titolo di competenza esclusiva dello Stato.
Per contro e coerentemente, con la sentenza n. 339 del 2011 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di norme regionali intervenute a disciplinare «i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri di aumento dell’energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara», per invasione della potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Ancor prima, la sentenza n. 1 del 2008 ha affermato che l’impugnata disciplina statale, in quanto concernente «l’espletamento delle gare ad evidenza pubblica», era riconducibile alla tutela della concorrenza, pur interferendo su aspetti organizzativi, programmatori e gestori della materia, di competenza concorrente, relativa alla «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». Da tale interferenza questa Corte ha tratto, tuttavia, la sola conseguenza del necessario coinvolgimento regionale sul «piano amministrativo».
Da ultimo, con la sentenza n. 117 del 2022 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di norme provinciali trentine che, dettate nell’esercizio della potestà legislativa primaria (attribuita con la modifica statutaria nel 2017) in ordine alle modalità e alle procedure di assegnazione delle concessioni per grandi derivazioni idroelettriche, hanno previsto, per la valutazione finale dei progetti presentati dai concorrenti, un procedimento articolato in più fasi. La Consulta ha ritenuto, al riguardo, che il legislatore trentino si era discostato dalla previsione del vigente art. 12, comma 1-ter, lettera m), del d.lgs. n. 79 del 1999, che impone per tale valutazione un procedimento unico cui partecipano anche amministrazioni statali preposte alla tutela degli interessi coinvolti. Dandosi seguito al motivo di ricorso concernente, fra l’altro, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., si è più esattamente qualificata tale disposizione come «norma fondamentale di riforma economico-sociale», in quanto dettata per la regolazione uniforme degli aspetti più rilevanti della materia e, per quanto qui interessa, della concorrenza» (cfr. Corte cost., 20 dicembre 2022, n. 259).
Con specifico riguardo alla Provincia autonoma di Trento e in particolare ai vincoli discendenti dall’art. 13 dello Statuto provinciale, la Corte costituzionale ha, poi, avuto modo di precisare che: “Al di là della formula testuale utilizzata dall’articolo in esame, la materia in parola è, per sua natura, strategica sul piano nazionale ed internazionale. Proprio perché tale, essa è stata oggetto, nel tempo, di “grandi riforme”, talvolta di segno contrapposto, essendosi passati da una situazione di accentramento nella mano pubblica ad una condizione di contendibilità delle concessioni. Da ultimo, la materia è stata inoltre segnata dalla scelta, operata, come visto, dal d.l. n. 135 del 2018, come convertito, in favore della regionalizzazione della proprietà delle opere e delle regole procedimentali per l’assegnazione delle concessioni. Tuttavia, anche al cospetto delle autonomie speciali, permangono inalterate, almeno a livello di principio, le ragioni in favore di una regolazione uniforme degli aspetti più rilevanti della materia. Esse riguardano, certamente, il rispetto dei vincoli europei quanto all’affidamento (anche) a privati di beni e servizi pubblici, perché la tutela effettiva della concorrenza e della trasparenza rappresenta un interesse primario dell’Unione europea, come dimostrato dalla specifica legislazione comunitaria nella materia della produzione di energia elettrica. Ma le esigenze di regolazione uniforme vanno anche al di là di ciò, poiché nella materia delle grandi derivazioni idroelettriche non sono in gioco solo interessi economici di forte rilevanza. Tra l’altro, le attività produttive che in essa si svolgono sono gravide di rischi per la sicurezza pubblica (basti pensare al pericolo di inondazioni o di crolli degli sbarramenti), e determinano un notevole impatto sull’ambiente, sull’ecosistema, sul paesaggio. Sotto questi specifici profili, sussiste la necessità di una uniforme e adeguata regolazione, anche al fine di garantire la continuità e la produttività nello sfruttamento della risorsa idrica. Accanto ai vantaggi immediati per le popolazioni locali (conseguiti attraverso il pagamento dei canoni e la fornitura gratuita di quote di energia elettrica agli enti locali), vanno del resto considerate la necessità di assicurare, a livello nazionale, il maggior equilibrio possibile tra fonti energetiche e quella di disporre dell’energia necessaria per le attività produttive e per le stesse esigenze di vita dei consociati. Si è già detto che, sul piano testuale e sistematico, la formulazione della norma statutaria non esime la legge provinciale dal rispetto di tutti i limiti previsti agli artt. 4 e 8 dello stesso statuto, e fra essi, in particolare, quello delle norme qualificabili come «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica». D’altro canto, la giurisprudenza costante di questa Corte stabilisce che tali norme costituiscono limite anche all’esercizio delle competenze legislative primarie o esclusive delle autonomie speciali (ex multis, da ultimo, sentenze n. 70 del 2022, n. 16 del 2020, nonché sentenze in queste richiamate)” (cfr. Corte cost., 10 maggio 2022, n. 117).
Tanto premesso, si evidenzia che il legislatore provinciale, nel prevedere la sospensione delle procedure di assegnazione delle concessioni interessate dalla proposta di piano, introduce un’ipotesi di proroga delle concessioni non prevista dal legislatore statale, che posticipa lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica, per la cui realizzazione è stata finanche prevista l’attivazione di uno specifico potere sostitutivo da parte del Governo, stante l’esigenza di assicurare il rispetto dei vincoli europei quanto all’affidamento (anche) a privati di beni e servizi pubblici, nonché di apprestare una tutela effettiva della concorrenza e della trasparenza
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’art. 1 della legge provinciale in oggetto, nella parte in cui novella l’art. 26-septies della legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4, introducendo, in particolare, il comma 2bis e 2quinquies, risulti incompatibile con l’art. 13 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui all’art. unico del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e all’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno e con la disciplina interposta contenuta nell’articolo l’art. 12, commi 1- quater e 1 - sexies, del d.lgs. n. 79 del 1999.
Per questi motivi, la legge provinciale, limitatamente alle disposizioni sopra individuate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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