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La legge in esame è censurabile per le seguenti motivazioni.
Si premette che, in base a quanto affermato dalla Corte Costituzionale, nella sentenza 303/2003, l’assenza dei “lavori pubblici”, tra le materie oggetto di potestà legislativa esclusiva dello Stato, elencate nell’articolo 117, comma 2, della Costituzione, non determina l’automatica attrazione di essi nella potestà legislativa residuale delle Regioni, di cui al comma 4 dell’articolo 117, della Costituzione, ma “al contrario, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono e, pertanto, possono essere ascritti, di volta in volta, a potestà legislative esclusive dello Stato o a potestà legislative concorrenti”. Inoltre, nonostante le Regioni abbiano una competenza legislativa concorrente in materia di “governo del territorio”, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, la materia della disciplina dei lavori pubblici rientra nella potestà esclusiva statale, per i profili attinenti la tutela dell’ambiente, di cui all’articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione e gli aspetti della disciplina dei contratti pubblici, individuati dall’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 163/2006 (c.d. Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). Quest’ultimo attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato: la qualificazione e selezione dei concorrenti; le procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; i criteri di aggiudicazione; il subappalto; i poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; le attività di progettazione e i piani di sicurezza; la stipulazione e l’esecuzione dei contratti, compresa la direzione dell’esecuzione, la direzione dei lavori, la contabilità e il collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità amministrative; il contenzioso; i contratti relativi alla tutela dei beni culturali; i contratti nel settore della difesa; i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi e forniture. Tali materie, come affermato dalla Corte costituzionale, nella sentenza 401/2007, essendo riconducibili alle nozioni di “tutela della concorrenza” e di “ordinamento civile”, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettere e) ed l), della Costituzione, richiedono una uniforme disciplina su tutto il territorio nazionale. Quindi sono vincolanti per i legislatori regionali, le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163/2006, recante il “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, in relazione alle materie rimesse alla competenza esclusiva statale, di cui all’articolo 4, comma 3 , del d. lgs. 163/2006.
Sulla scorta di tali argomentazioni, risulta censurabile l'art. 47 (commi da 1 a 9) che disciplina gli incarichi di collaudo di lavori pubblici, prevedendone l'affidamento a dipendenti regionali iscritti in apposito elenco. Viene, altresì, stabilito che la Regione ha la facoltà di affidare detto incarico anche a soggetti esterni, iscritti negli albi dei collaudatori, oppure non iscritti negli albi ma in possesso di particolare esperienza e specifiche competenze. Per le opere di particolare complessità o nel caso di lavori che richiedano l'apporto di professionalità diverse in ragione della particolare tipologia e categoria dell'intervento, il collaudo può essere affidato ad una apposita commissione, composta da non più di tre membri. L'incarico è assegnato sulla base dell'offerta ritenuta economicamente più vantaggiosa.
Il comma 7 dello stesso art. 47, in particolare, rimette la disciplina degli aspetti organizzativi, economici e gestionali inerenti la tenuta degli albi dei collaudatori ad un apposito regolamento regionale.
Il legislatore regionale disciplinando la materia dei collaudi in deroga alle disposizioni statali in materia (artt. 91, 120, 141 del decreto legislativo n.163/2006 e art. 216 e ss. del D.P.R. n. 207/2010) viola i principi generali in materia di ordinamento civile che l’art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione riserva allo Stato.
E', inoltre, censurabile l’articolo 46, commi 2, 3 e 4 che prevedono l’espletamento, sulla base di piani assunzionali, di concorsi pubblici per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, destinati al personale in servizio nel ruolo della Giunta regionale alla data del 1° giugno 2012 ed assunto mediante avvisi di selezione pubblica per esami o per titoli ed esami banditi dalla regione Piemonte. Il successivo comma 4 stabilisce che, con deliberazione della Giunta regionale, sia definita, tra l’altro, la percentuale di riserva di posti non inferiore al 40% riferita al personale di cui al comma 3.
La norma contenuta nell’articolo 46, commi 2 e 3 è suscettibile di configurarsi come un inquadramento riservato di personale, ponendosi, pertanto, in contrasto con le disposizioni di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, in riferimento al principio di uguaglianza, imparzialità e buon andamento nonché alla regola del concorso pubblico per accedere alla Pubblica Amministrazione, regola posta a tutela non solo dell’interesse pubblico alla scelta dei migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione.
La Corte costituzionale, con specifico riferimento a tale principio, ha recentemente ribadito (sent. n. 52/2011) che “il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico” ( si vedano anche le sentenze nn. 195-150 e 100 del 2010, 293 del 2009).
Inoltre, la riserva dei posti prevista al comma 4, definita da una discrezionale deliberazione della Giunta regionale (non inferiore al 40%), si pone in contrasto con i citati articoli 3 e 97 della Costituzione, nonché con la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, che prevede una riserva di posti a favore del personale interno non superiore al 50% dei posti messi a concorso.
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