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Modificazioni della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici), della legge provinciale 15 dicembre 1980, n. 35 (Determinazione delle quote di aggiunta di famiglia e disposizioni varie in materia di personale), della legge provinciale 3 aprile 1997, n. 7 (legge sul personale della Provincia), dell'articolo 14 (Costituzione della società "Patrimonio del Trentino s.p.a.") della legge provinciale 10 febbraio 2005, n. 1, della legge provinciale 16 maggio 2012, n. 9 (Interventi a sostegno del sistema economico e delle famiglie), e della legge provinciale 31 maggio 2012, n. 10 (Interventi urgenti per favorire la crescita e la competitività del Trentino). (3-8-2012)
Trento
Legge n.18 del 3-8-2012
n.32 del 7-8-2012
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 28 settembre 2012 è stata impugnata da parte del Governo la legge della Provincia Autonoma di Trento n. 18 del 03/08/2012, pubblicata sul BUR n. 32 del 07/08/2012, recante “Modificazioni della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici), della legge provinciale 15 dicembre 1980, n. 35 (Determinazione delle quote di aggiunta di famiglia e disposizioni varie in materia di personale), della legge provinciale 3 aprile 1997, n. 7 (legge sul personale della Provincia), dell'articolo 14 (Costituzione della società "Patrimonio del Trentino s.p.a.") della legge provinciale 10 febbraio 2005, n. 1, della legge provinciale 16 maggio 2012, n. 9 (Interventi a sostegno del sistema economico e delle famiglie), e della legge provinciale 31 maggio 2012, n. 10 (Interventi urgenti per favorire la crescita e la competitività del Trentino)”.
Tra le varie disposizioni per le quali è stata deliberata l’impugnativa ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, è ricompreso l’art. 16, comma 1, lettera c), che, nel modificare la legge provinciale n. 26 del 1993 in materia di lavori pubblici, consente alle amministrazioni aggiudicatici di valutare la congruità delle offerte che, in base ad elementi specifici, appaiono anormalmente basse, anche per lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria, eccedendo in tal modo dalla competenza attribuita alla Provincia di Trento in materia di “viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale” dall’art. 8, comma 1, n. 17, dello Statuto speciale (approvato con DPR n.670/1972), incidendo sulla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione.
Successivamente la Provincia Autonoma di Trento con l’art. 68, comma 1, lettera b) della legge provinciale n. 25 del 27 dicembre 2012, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Provincia autonoma di Trento (legge finanziaria provinciale 2013).” ha apportato nei confronti della disposizione oggetto di censura modifiche tali da eliminare i motivi di illegittimità costituzionale.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con nota del 28 febbraio 2013, ha espresso parere favorevole in merito alla rinuncia dell’impugnativa della disposizione sopra indicata.
Per le ragioni sopra rappresentate si ritiene sia venuto meno il suesposto motivo del ricorso proposto innanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e, pertanto, si propone la rinuncia parziale all'impugnazione della legge della Provincia Autonoma di Trento n. 18 del 2012 limitatamente all’art.16, comma 1, lettera c).
Permangono ancora validi gli ulteriori motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 28 settembre 2012.
28-9-2012 /
Impugnata
La legge, che detta una disciplina provinciale in materia di lavori pubblici, presenta diversi aspetti di illegittimità costituzionale.
Si premette che, nonostante la Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell'art. 8, comma 1, numero 17, del DPR 670/1972, recante lo Statuto speciale per la Regione Trentino Alto Adige, abbia una potestà legislativa primaria in materia di lavori pubblici di esclusivo interesse provinciale, tale potestà deve osservare i limiti previsti dall’art. 4 dello statuto, il quale stabilisce che la potestà legislativa regionale, ma anche quella provinciale, deve esplicarsi «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali (…) nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica».
Ciò è stato confermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 45/2010; 51/2006 e 447/2006 ove è disposto che "il legislatore statale conserva quindi il potere di vincolare la potestà legislativa primaria delle Regioni speciali e delle Province autonome attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come riforme economico-sociali, con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tali materie potranno continuare ad imporsi al rispetto delle Regioni speciali". In proposito, sicuramente le disposizioni del Codice degli appalti, il d.lgs. 163/2006, possono considerarsi espressione di riforma economico- sociale, che in quanto tale, vincolano il legislatore provinciale.
Inoltre, si segnala che la Corte ha più volte statuito (in particolare si vedano le sentt. nn. 536/2002 e 447/2006) che, nel caso in cui una materia attribuita dallo Statuto speciale alla potestà primaria delle Regioni a statuto speciale o delle Province autonome interferisca in tutto o in parte con un ambito spettante ai sensi dell'art. 117, comma 2, Cost., alla potestà legislativa esclusiva statale, il legislatore nazionale possa incidere sulla materia di competenza regionale qualora l'intervento sia volto a garantire standards minimi ed uniformi ed introdurre limiti unificanti che rispondano ad esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Stato, con una prevalenza della competenza esclusiva statale su quella primaria delle Regioni speciali e delle Province autonome.
Nel caso di specie la "tutela della concorrenza" e l' "ordinamento civile" di competenza esclusiva statale,ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera e) e lettera l), Cost., possono certamente interferire con la materia dei lavori pubblici, per cui tutti gli aspetti disciplinati dal d.lgs. 163/2006 inerenti questi profili devono ritenersi vincolanti anche per la Provincia autonoma di Trento che pertanto non può introdurre una disciplina difforme. Ciò è stato confermato dalla recente giurisprudenza costituzionale da cui si desume che la materia «tutela della concorrenza» spetta al legislatore statale anche nel rapporto con la competenza legislativa di Regioni a statuto speciale e Province autonome ( cfr. sentt. nn. 443/2007, 1/2008, 51/2008, 326/2008) .
A fronte delle considerazioni su esposte, il d.lgs. 163/2006 è vincolante anche per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome, sia perché può essere considerato espressione di riforma economico sociale, sia perché disciplinante profili che rientrano nella nozione di "tutela della concorrenza" e di "ordinamento civile", di competenza esclusiva statale.
In particolare il d.lgs. n. 163/2006, recante il Codice dei contratti pubblici, ha individuato all'art. 4, comma 3, quegli aspetti della disciplina dei contratti pubblici che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato e che sono sottratti alla competenza anche delle Regioni speciali e delle Province autonome; si tratta delle seguenti materie: qualificazione e selezione dei concorrenti, procedure di affidamento, criteri di aggiudicazione, subappalto, poteri di vigilanza sul mercato, attività di progettazione e piani di sicurezza, stipulazione ed esecuzione dei contratti, direzione dell'esecuzione e collaudo, contenzioso, contratti per la tutela dei beni culturali, nel settore della difesa, segretati e che esigono particolari misure di sicurezza.
Si segnala, in proposito, che la Corte costituzionale nella sent. n. 401/2007 ha confermato le competenze esclusiva statale nelle materie su elencate in quanto rientranti alcune ( le procedure di qualificazione e selezione dei concorrenti; le procedure di affidamento, esclusi i profili attinenti all’organizzazione amministrativa, ed esclusi, in particolare i criteri di scelta e di nomina delle commissioni di gara; i criteri di aggiudicazione; i criteri di aggiudicazione che devono presiedere all’attività di progettazione e alla formazione dei piani di sicurezza; i poteri di vigilanza sul mercato degli appalti; il subappalto) nella nozione di "tutela della concorrenza", ex art. 117, comma 2, lettera e, Cost., ed altre ( la regola della tassatività dei tipi contrattuali per la realizzazione di lavori, di cui all’art. 53 del d.lgs. 163/2006, le garanzie di esecuzione, la direzione dei lavori, le polizze, le varianti in corso d’opera ed il collaudo) in quella di " ordinamento civile", ex art. 117, comma 2, lettera l.
Inoltre, l'art. 4, comma 5 del d.lgs. 163/2006 prevede che le Regioni speciali adeguino la propria legislazione in materia secondo le disposizioni statutarie.
Sulla base di tali premesse sono censurabili, perché in violazione dei vincoli posti al legislatore provinciale dal suindicato art. 8, comma 1 dello Statuto, nonché invasive della competenza esclusiva statale di cui all'art. 4, comma 3, del d.lgs. 163/2006 le seguenti disposizioni della legge in esame:
1. L’art. 11 della l.r. n. 18/2012, che disciplina i parametri da seguire nell’affidamento degli incarichi di progettazione e delle altre attività tecniche, è invasivo della potestà legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, comma 2, lettera l) (“ordinamento civile”) ed e) (“tutela della concorrenza”).
Tale articolo, contrastando con quanto previsto dall’art. 9 del d.l. n. 1/2012, prevede che “per quanto non previsto dalla normativa statale per i servizi attinenti alla architettura e all’ingegneria” si applica – ai fini della determinazione dei compensi per attività professionale – l’elenco dei prezzi previsto dall’art. 13 della l.p. n. 26/1993. Inoltre, dispone che fino alla data di approvazione di tale elenco, le amministrazioni aggiudicatici possono utilizzare le tariffe professionali “anche se abrogate dall’art. 9 del d.l. n. 1/2012).
Al riguardo, si osserva che l’art. 9 del d.l. n. 1/2012, che abrogando le tariffe professionali e affidando ad un apposito decreto ministeriale il compito di determinare i corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria (si veda il comma 2 del citato articolo 9), persegue una finalità di tutela della concorrenza (tanto che l’art. 9 è posto sotto il Titolo I del decreto n. 1/2012, menzionato, appunto, “Concorrenza”). A questo fine, il legislatore statale interviene su un ambito riconducibile all’ “ordinamento civile”, vale a dire le tariffe professionali. In considerazione delle finalità perseguite dalla normativa statale, la disposizione della l.p. n. 18/2012, che prevede una fonte diversa da quella prevista dalla legge statale per la determinazione dei compensi e dispone la perdurante vigenza di tariffe professionali abrogate, è da ritenersi palesemente incostituzionale.
2. L’articolo 16, comma 1, che modifica l’articolo 30 della l.p. n. 26/1993, è invasivo della potestà legislativa esclusiva statale prevista dall’art. 117, co. 2, lettera e) (“tutela della concorrenza”).
In particolare, il comma 1, lett. a) dell’art. 16, che inserisce il comma 3-bis all’articolo 30 della l.p. n. 26/1993, dispone che “La Giunta provinciale (…) adotta schemi tipo di bandi, di inviti a presentare offerte e di altri atti necessari per svolgere le procedure di scelta del contraente”. La disposizione contrasta con quanto previsto dall’art. 64, comma 4-bis, del Codice dei contratti pubblici, come introdotto dalla lettera h) del comma 2 dell’art. 4, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, che affida alla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture il compito di approvare dei “bandi – tipo”, cui le stazioni appaltanti si conformano.
Come chiarito dalla Corte Costituzionale con la sent. n. 45/2010, il settore dei contratti pubblici assume importanza nazionale e richiede “l’attuazione di principi uniformi su tutto il territorio del paese. Tali principi comportano, tra l’altro, l’omogeneità e la trasparenza delle procedure, l’uniforme qualificazione dei soggetti, la libera concorrenza degli operatori in un mercato senza restrizioni regionali”. La predisposizione dei bandi-tipo appare funzionale al soddisfacimento dei richiamati principi. Pertanto, benché lo statuto di autonomia assegni una maggiore autonomia alla provincia di Trento nella materia dei lavori pubblici, la stessa sicuramente soggiace alla previsione di cui all’art. 64 del Codice dei contratti, con la conseguente illegittimità costituzionale della disposizione in esame. È parimenti incostituzionale la disposizione contenuta al comma 1, lettera c) dell’articolo 16, per contrasto con gli artt. 86 e ss. del codice dei contratti in materia di verifica delle offerte anomale. Tale disposizione, che inserisce il comma 5-bis all’articolo 30 della l.p. n. 26/1993, infatti consente alle amministrazioni aggiudicatici di “valutare la congruità delle offerte che, in base ad elementi specifici, appaiono anormalmente basse, anche per lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria”. Così disponendo la norma provinciale assegna alle amministrazioni aggiudicatici un margine di discrezionalità che non è compatibile con le procedure di verifica delle offerte anomale e di rilevazione della congruità dei prezzi individuate in maniera molto dettagliata agli articoli 86-89 del codice.
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