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Modificazioni alla legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai Comuni della Valle d’Aosta di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio), e ad altre disposizioni in materia di tutela del paesaggio. (1-8-2012)
Valle Aosta
Legge n.27 del 1-8-2012
n.37 del 4-9-2012
Politiche infrastrutturali
16-10-2012 /
Impugnata
La legge della Regione Valle d’Aosta n. 27 del 2012 presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento agli articoli 3, 9 e 10, e deve pertanto essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale secondo quanto previsto dall’articolo 127 della Costituzione.
Le disposizioni censurate, nel modificare alcune norme della legge regionale 27 maggio 1994, n. 18, introducono disposizioni in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., con le norme interposte, di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 cit. Cost., contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004, art. 146 e 167, d.P.R. n. 139 del 2010), con l’art. 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione, nonché con le norme dello Statuto speciale della Valle d’Aosta, approvato con la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (art. 2).
Occorre premettere che sebbene la potestà di emanare norme legislative nella materia della tutela del paesaggio sia stata riconosciuta alla Regione Valle d’Aosta dall’art. 2, comma 1, lettera q) dello Statuto approvato con la legge costituzionale n. 4 del 1948, lo stesso art. 2 dispone anche che la stessa deve essere esercitata “in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica” (art. 2). Al riguardo, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la natura di norme di grande riforma economica e sociale, opponibili anche alla potestà normativa delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, di diverse norme di tutela del paesaggio, contenute nel d.lgs. n. 42 del 2004.
Proprio con riferimento alla Valle d’Aosta, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 164 del 2009, ha verificato la compatibilità di talune norme regionali con la potestà legislativa primaria ad essa attribuita dallo Statuto di autonomia, quale potestà - al pari di quella della Provincia di Trento - da esercitare «in armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento, nonché delle norme fondamentali e di riforma economico-sociale», e ha affermato, in detta prospettiva, che l’art. 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che individua le aree tutelate per legge, costituisce norma di grande riforma economica – sociale, finalizzata a garantire standard uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale. Giova richiamare anche la recente sentenza n. 207 del 2012, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato che spetta allo Stato disciplinare, anche nei confronti della Provincia autonoma di Trento, il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, trattandosi di una normativa volta a “predisporre modelli procedurali semplificati, in grado di accelerare i tempi che siano, nel contempo, uniformi su tutto il territorio nazionale”. La Corte ha quindi affermato che “Chiare ed inequivocabili sono, quindi, le esigenze di uniformità della disciplina in tema di autorizzazione paesaggistica su tutto il territorio nazionale, tanto da giustificare – grazie al citato parametro (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) – che si impongano anche all’autonomia legislativa delle Regioni. Nella disposizione censurata si ravvisa l’esigenza (comune, per gli argomenti sopra esposti, ai provvedimenti di semplificazione amministrativa, a prescindere dalla materia sulla quale vengano ad incidere) «di determinare livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, compreso quello delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome» (sentenza n. 164 del 2012)”.
Passando al merito delle disposizioni censurate, gli articoli 3, 9 e 10 presentano i seguenti profili di incostituzionalità:
1) Gli articoli 3 e 10, che recano disposizioni in materia di autorizzazione paesaggistica, si pongono in contrasto con l’art. 117 secondo comma, lettera s), Cost., con le norme interposte, di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 Cost., contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004, art. 146, d.P.R. n. 139 del 2010), con l’art. 117, comma secondo, lettera m), nonché con l’art. 2 dello Statuto speciale della Valle d’Aosta, approvato con legge costituzionale n. 4/1948, nella parte in cui prevede che la potestà legislativa regionale deve esplicarsi “nel rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”.
In particolare, l’articolo 3, comma 1, nel sostituire l’art. 4 della legge regionale n. 18 del 1994, amplia le tipologie degli interventi per i quali non è necessaria l’autorizzazione paesaggistica, aggiungendo alle ipotesi già previste dalla normativa statale ulteriori tipologie di interventi (individuate alle lettere g), h), k), q), r)), che in alcuni casi sono suscettibili di avere un impatto visibile dei luoghi protetti dal vincolo paesaggistico. Si tratta:
- di interventi di qualunque natura su edifici o aree ricompresi in ogni zona omogenea del PRG vigente per le quali siano stati redatti strumenti urbanistici attuativi, laddove tali strumenti siano vigenti e siano stati preventivamente concertati con le strutture regionali competenti in materia di tutela del paesaggio e di beni culturali, e qualora siano corredati da puntuale disciplina degli interventi ammissibili per ogni singolo immobile (lett. g);
- di interventi diretti al ripristino dell'efficienza di opere e di strutture esistenti danneggiate in tutto o in parte a causa di eventi eccezionali (lett. h);
- della collocazione di nuovi apparati tecnologici sulle esistenti postazioni e strutture di supporto per gli impianti radioelettrici e di radiotelecomunicazioni (lett. k);
- della realizzazione di nuove aperture su edifici realizzati posteriormente al 1945 (lett. q);
- della sostituzione o rifacimento parziale o totale di balconi su edifici realizzati posteriormente al 1945, qualora si rispettino le tipologie prevalenti nel contesto edificato circostante (lett. r).
L’articolo 10, che introduce l’art. 11 ter alla l.r. n. 18 del 1994, stabilisce che con delibera della Giunta regionale sono fissati i “limiti qualitativi e quantitativi, ai fini della tutela del paesaggio, di ammissibilità dei progetti relativi agli interventi di cui all’articolo 3”. L’articolo 3, richiamato da tale disposizione, individua un elenco di interventi per i quali i Comuni sono delegati al rilascio delle autorizzazioni e dei pareri previsti dalla legge.
Entrambe le disposizioni regionali hanno l’effetto di declassare ad attività paesaggisticamente irrilevante una pluralità di interventi che la normativa statale (art. 146 del Codice) subordina ad autorizzazione paesaggistica, o ad autorizzazione paesaggistica semplificata (disciplinata, per gli interventi di lieve entità, dal d.P.R. n. 139 del 2010). L’art. 3, perché esenta dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica degli interventi per i quali il Codice dei beni culturali espressamente la prevede, l’art. 10 perché, delegando alla Giunta regionale la possibilità di stabilire i “limiti qualitativi e quantitativi” per l’applicabilità della autorizzazione paesaggistica, è suscettibile di comportare una restrizione dell’ambito di tutela prevista dal legislatore statale.
Entrambe le disposizioni, quindi, sono lesive degli standard minimi di tutela del paesaggio valevoli su tutto il territorio nazionale, che sono riconducibili alle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che ai sensi dell’art. 2 dello Statuto di autonomia la Regione è tenuta a rispettare nell’esercizio della sua potestà legislativa primaria. Pertanto, le norme devono essere dichiarate incostituzionali.
2) L’articolo 9, che introduce l’articolo 11 bis alla legge regionale n. 18 del 1994, al comma 2, prevede che la Commissione regionale per il paesaggio possa esprimere pareri vincolanti in merito alle istanze relative alla “conversione delle demolizioni in indennità o sanzioni pecuniarie”. Tale disposizione si pone in contrasto con l’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, secondo cui in caso di violazioni degli obblighi e degli ordini imposti dalla normativa statale in materia di paesaggio, “il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese”. La sanzione pecuniaria è prevista limitatamente ai casi in cui risulti possibile rilasciare l’autorizzazione in sanatoria (qualora, in concreto, non vi sia stato aumento di volumetria o superficie utile, e quindi possa presumersi un limitatissimo impatto paesaggistico, e l’attendibilità di una valutazione di compatibilità effettuata a posteriori), e comunque sempre previo accertamento positivo della compatibilità paesaggistica degli interventi. La disposizione censurata, quindi, si pone in contrasto con il principio fondamentale secondo cui ciò che non risulta paesaggisticamente compatibile deve essere rimosso o comunque ricondotto al pristino stato. Inoltre, è suscettibile di creare disparità di trattamento in relazione a violazioni omogenee della normativa di tutela dei beni culturali, finalizzata a garantire standard uniformi di tutela sul tutto il territorio nazionale. Anche questa disposizione, dunque, è da considerarsi in contrasto con l’art. 117 secondo comma, lettera s), Cost., con le norme interposte, di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 Cost., contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004, art. 167), con l’art. 117, comma secondo, lettera m), nonché lesiva degli standard minimi di tutela del paesaggio valevoli su tutto il territorio nazionale. Questi ultimi sono riconducibili alle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che ai sensi dell’art. 2 dello Statuto di autonomia la Regione è tenuta a rispettare nell’esercizio della sua potestà legislativa primaria.
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