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Finanziamento agli enti locali per il funzionamento dei Centri servizi per il lavoro (CSL), dei Centri servizi inserimento lavorativo (CESIL) e delle Agenzie di sviluppo locale e disposizioni varie. (13-9-2012)
Sardegna
Legge n.17 del 13-9-2012
n.41 del 20-9-2012
Politiche economiche e finanziarie
16-11-2012 /
Impugnata
Con la legge in esame la Regione Sardegna approva il Finanziamento agli enti locali per il funzionamento dei Centri servizi per il lavoro (CSL), dei Centri servizi inserimento lavorativo (CESIL) e delle Agenzie di sviluppo locale e disposizioni varie.
La legge regionale è censurabile in quanto eccede dalle competenze legislative statutarie di cui all’art. 3, lettera a) concernente “ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale”, dello Statuto Speciale della Regione, adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 , e successive modificazioni e integrazioni.
Eccede, altresì, dalla competenza legislativa concorrente in materia di coordinamento di finanza pubblica, prevista per le Regioni ordinarie dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione, ed estesa, ex art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001, alla Regione Sardegna quale forma di autonomia più ampia. Come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale, il vincolo del rispetto dei principi statali di coordinamento della finanza pubblica connessi agli obiettivi nazionali condizionati anche dagli obblighi comunitari, che grava sulle Regioni ad autonomia ordinaria in base all’art. 119 della Costituzione, si impone anche alle Regioni a statuto speciale nell’esercizio della propria autonomia finanziaria.
In particolare la legge in oggetto presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale :
1) L’art. 1, comma 1, della legge in esame, nel sostituire il comma 8 dell’art. 6 della legge regionale n. 16/2011 (Norme in materia di organizzazione del personale) così dispone: “Nelle more di una sua riorganizzazione, al fine di garantire l'esercizio del servizio pubblico disciplinato dalla legge regionale 5 dicembre 2005, n. 20 (Norme in materia di promozione dell'occupazione, sicurezza e qualità del lavoro. Disciplina dei servizi e delle politiche per il lavoro. Abrogazione della legge regionale 14 luglio 2003, n. 9 in materia di lavoro e servizi dell'impiego), al quale sono preposti i Centri servizi per il lavoro (CSL), i Centri servizi inserimento lavorativo (CESIL) e le Agenzie di sviluppo locale di cui all'articolo 6, comma 1, lettera e), della legge regionale 5 marzo 2008, n. 3 (legge finanziaria 2008), è autorizzata nell'anno 2012, a titolo di trasferimento alle competenti amministrazioni locali, la spesa di euro 12.000.000 a valere sulle disponibilità recate dal fondo regionale per l'occupazione di cui all'UPB S06.06.004”.
Al riguardo si rappresenta che, con sentenza n. 212/2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima, in quanto lesiva del principio di coordinamento di finanza pubblica, la disposizione di cui all’art. 6, comma 8, della legge regionale n. 16/2011 che disponeva uno stanziamento per finanziare la stipulazione dei contratti a tempo determinato per la prosecuzione dell’attività lavorativa del personale in servizio presso i Centri servizi per il lavoro, i Centri servizi inserimento lavorativo e le agenzie di sviluppo locale. Infatti, secondo la Consulta, tale disposizione regionale non richiamava e quindi non teneva conto del limite fissato dall’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 il quale stabilisce che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa solo nel limite del cinquanta per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
L’attuale formulazione del comma 8 dell’art. 6 della legge regionale n. 16/2011, così come introdotta dalla disposizione in esame, è viziata, parimenti alla suddetta norma dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale, in quanto anch’essa non richiama il limite del 50% della spesa, fissato dall’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010. Pertanto, la norma in esame, viola, parimenti a quella sostituita e dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, i principi stabiliti dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
2) L’articolo 2, comma 1, della legge in esame, nel modificare l’art. 3, comma 5, della legge regionale n. 3/2009 proroga al 30 giugno 2011 il termine (che l’art. 3, comma 5, fissava al 18 agosto 2009) per l’acquisizione dei requisiti che consentono ai lavoratori precari assunti con contratto di lavoro a termine o con forme contrattuali flessibili o atipiche, di partecipare alle procedure di stabilizzazione previste dal Piano pluriennale per il superamento del precariato di cui all’art. 36 della legge regionale n. 2/2007.
La norma in esame, nel prorogare i termini entro i quali devono maturarsi i requisiti che consentono la partecipazione alle procedure di stabilizzazione, si pone in contrasto con l’art. 1, comma 558, della legge n. 296/2006, il quale stabilisce che “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti di cui al comma 557 fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, possono procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge…”
Pertanto la disposizione regionale in esame non rispettando, ai fini della stabilizzazione, i limiti temporali previsti dalla norma statale richiamata, viola i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità di cui agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione nonché i principi stabiliti dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
3) L’articolo 2, comma 2, della legge in esame, nel modificare l'articolo 4, comma 1, della legge regionale n. 12/2012 (come modificato dall'articolo 2, comma 1, della legge regionale n. 13/2012) proroga al 30 giugno 2011 il termine entro il quale ulteriori figure professionali di lavoratori precari acquisiscono i requisiti per partecipare alle procedure di stabilizzazione.
Si segnala, preliminarmente, che l’articolo in esame, nella parte modificata dall’articolo 2, comma 1, della legge regionale n. 13/2012, è oggetto di impugnazione pendente dinanzi alla Corte Costituzionale in quanto amplia la platea dei destinatari di inquadramenti nei ruoli regionali e comporta, pertanto, un inquadramento riservato di personale in contrasto con gli artt. 3, 51, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione.
Con l’attuale modifica legislativa, la disposizione regionale, oltre ad essere censurata per le stesse motivazioni deliberate in riferimento all’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 13/2012, proroga i termini entro i quali devono maturarsi i requisiti che consentono la partecipazione alle procedure di stabilizzazione e si pone in contrasto con l’art. 1, comma 558, della legge n. 296/2006 per i motivi esposti sub 2).
Pertanto, la disposizione regionale in esame è censurabile per le stesse motivazioni deliberate in riferimento al citato art. 2 della legge regionale n. 13/2012 di seguito riportate:
“ l'articolo 2 che modifica il comma 1 dell'articolo 4 della legge regionale n. 12/2012, amplia la platea dei destinatari di possibili inquadramenti nei ruoli regionali del personale. Tale disposizione comporta un inquadramento riservato di personale, in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione. Al riguardo, si fa presente che la Corte Costituzionale con sentenza n. 205/2006 ha affermato che l'aver prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione regionale non può essere considerato un valido presupposto per una riserva di posti. Con successiva sentenza n. 235/2010 la stessa Corte Costituzionale ha ribadito che le stabilizzazioni di personale si pongono in contrasto con gli articoli 51 e 97 della Costituzione, nonché con l'articolo 117, comma 3, della Costituzione, nell'ottica del coordinamento della finanza pubblica”.
La disposizione regionale in esame, pertanto, non rispettando, ai fini della stabilizzazione, i limiti temporali previsti dalla normativa statale richiamata, è, altresì, censurabile in quanto viola il principio di coordinamento di finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
4) L’art. 2, comma 3, ricomprende tra i requisiti utili ai fini della stabilizzazione nei ruoli regionali “sia i periodi lavorativi svolti attraverso contratti di tirocinio formativo retribuito, sia le altre attività lavorative eventualmente svolte in precedenza presso gli enti locali territoriali e le altre pubbliche amministrazioni”.
Tale disposizione, ricomprendendo tra i requisiti utili ai fini della stabilizzazione nei ruoli regionali anche le attività derivanti da tirocini formativi ovvero periodi di lavoro prestato in amministrazioni estranee a quella regionale, comporta un inquadramento riservato di personale e pertanto viola i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità, nonché il principio del pubblico concorso di cui agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, nonché il principio di coordinamento di finanza pubblica di cui all’art 117, terzo comma, della Costituzione, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
5) L’art. 2, comma 5, estende agli operatori di tutela ambientale che hanno prestato servizio presso le amministrazioni provinciali l’applicazione dell’art. 3 della legge regionale n. 13/2012 che autorizza la stipula dei contratti a termine del personale in servizio presso i Centri servizi per il lavoro e i Centri servizi inserimento lavorativo non rinnovati dalle soppresse province sarde in favore del medesimo personale delle gestioni provvisorie.
Si segnala, al riguardo, che l’art. 3 della legge regionale n. 13/2012 è oggetto di impugnazione pendente dinanzi alla Corte Costituzionale in quanto si pone in contrasto con l'articolo 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2010, il quale stabilisce che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009 ponendosi, pertanto, in violazione del principio costituzionale di cui all'articolo 117, comma terzo, in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Si segnala, altresì, che con sentenza n. 212/2012 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima, in quanto lesiva del principio di coordinamento di finanza pubblica, la disposizione di cui all’art. 6, comma 8, della legge regionale n. 16/2011 (Norme in materia di organizzazione e personale) la quale disponeva uno stanziamento per finanziare la stipulazione dei contratti a tempo determinato per la prosecuzione dell’attività lavorativa del personale in servizio presso i Centri servizi per il lavoro, i Centri servizi inserimento lavorativo e le agenzie di sviluppo locale, senza richiamare il limite fissato dall’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 il quale stabilisce che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 % della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
La disposizione regionale in esame (art. 2, comma 5) estende ad altri soggetti l’applicazione dell’art. 3 della legge regionale n. 13/2012 e, pertanto, nei confronti della disposizione in esame, si ripropongono le stesse censure già deliberate in riferimento al citato art. 3 della legge regionale n. 13/2012 di seguito riportate:
“L'articolo 3, comma 1, prolunga i termini di durata dei contratti di lavoro a tempo determinato che non siano stati rinnovati dalle soppresse province sarde. Il comma 2 estende tali disposizioni anche al personale che aveva raggiunto i 36 mesi di lavoro subordinato.
Al riguardo si fa presente che l'instaurazione di rapporti di lavoro flessibile può avvenire solo nel rispetto delle disposizioni contenute nell'articolo 36 del d. lgs. n. 165/2001, le cui disposizioni rappresentano principi cui la Regione, pur nel rispetto della propria autonomia, non può derogare.
Tali disposizioni, inoltre, si pongono in contrasto con l'articolo 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2010, che stabilisce che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009 nonché con l'articolo 117, comma 3, Cost. in materia di coordinamento della finanza pubblica”.
La disposizione regionale in esame, pertanto, nell’estendere ad un’ulteriore categoria l’applicazione del disposto di cui all’art. 3 della legge regionale n. 13/2012, è, altresì, censurabile in quanto viola il principio di coordinamento di finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
6) L’art. 6, comma 1, nell’integrare l’art. 4 della legge regionale n. 37/1995 concernente il funzionamento e l’assegnazione di personale ai Gruppi consiliari, dopo il comma 1 introduce il comma 1 bis il quale dispone che i gruppi consiliari possono stipulare contratti di lavoro autonomo concernenti prestazioni d'opera intellettuale per oggetti determinati di durata non superiore a quella della legislatura.
La disposizione in esame, nel consentire ai Gruppi consiliari la facoltà di stipulare contratti a tempo determinato senza quantificazione numerica o di spesa si pone in contrasto con l'articolo 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2010, il quale stabilisce che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009 e conseguentemente viola, pertanto, il principio costituzionale di cui all'articolo 117, comma terzo, in materia di coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
La medesima disposizione, inoltre, non prevedendo i mezzi finanziari per far fronte alla spesa, viola il principio dell’obbligo della copertura finanziaria di cui all’art. 81, quarto comma, della Costituzione.
Per le motivazioni esposte, le disposizioni sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale
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