Dettaglio Legge Regionale

Regolazione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. (24-9-2012)
Puglia
Legge n.25 del 24-9-2012
n.138 del 25-9-2012
Politiche infrastrutturali
16-11-2012 / Impugnata
La legge regionale che detta norme per la regolazione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. e’ censurabile, per i motivi di seguito specificati, relativamente a numerose disposizioni. In particolare :

1) la norma contenuta nell’articolo 5, comma 15 , stabilisce che l’Autorizzazione Unica possa prevedere misure compensative in favore dei Comuni interessati, nel rispetto di quanto previsto dalle Linee guida statali, e che dette misure siano stabilite con i provvedimenti conclusivi delle procedure di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA.
La previsione contrasta con il paragrafo 14.15., D.M. 10 settembre 2010, recante “Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, secondo cui “Le amministrazioni competenti determinano in sede di riunione di conferenza di servizi eventuali misure di compensazione a favore dei Comuni, di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche, in conformità ai criteri di cui all'Allegato 2 delle presenti linee guida.”.
Al riguardo, si segnala che le predette Linee guida sono state emanate in esecuzione dell'art. 12, comma 10, del citato decreto legislativo n. 387 del 2003. Tale articolo enuncia, come riconosciuto pacificamente dalla Corte costituzionale, i principi fondamentali in materia di fonti rinnovabili (Corte cost., 13/11/2006, n. 364).
La norma regionale, dunque, nella misura in cui rinvia la definizione delle misure compensative ai provvedimenti conclusivi di tali procedure, esclude la partecipazione dei Comuni alle procedure di VIA o di verifica di assoggettabilità, pregiudicando, di fatto, le prerogative proprie delle Amministrazioni locali.
La disposizione statale contenuta nelle citate Linee guida ha lo scopo, infatti, di assicurare, tra l’altro, che la misura compensativa (che riveste carattere ambientale e territoriale, non meramente patrimoniale), sia determinata con la partecipazione dei Comuni interessati, che, quali enti esponenziali degli interessi della comunità locale nel cui territorio l’impianto produce gli effetti negativi, rappresentano le amministrazioni deputate alla tutela del territorio.
La norma regionale eccede pertanto dalla competenza della Regione in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione, e ciò per contrasto con la normativa statale di principio in materia di fonti rinnovabili dettata dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

2) la norma contenuta nel medesimo articolo 5, comma 18, stabilisce che “la convocazione della conferenza dei servizi di cui all’articolo 12 del d.lgs. 387/2003 è subordinata alla produzione da parte del proponente, di un piano economico e finanziario asseverato da un istituto bancario o da un intermediario iscritti nell’elenco speciale di cui all’art 106 (Albo degli intermediari finanziari) del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, che ne attesti la congruità; […]”.
La disposizione così formulata contrasta con la previsione di cui all’articolo 12, comma 3, del D.Lgs. 387/2003, secondo cui “La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.”
La norma statale, quindi, pone l’inderogabile obbligo di procedere alla convocazione della Conferenza dei servizi entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, non subordinando la convocazione di detta Conferenza ad alcuna circostanza.
La previsione regionale, inoltre, contrasta anche con le Linee guida nazionali, che alla lettera j), del paragrafo 13, parte III, prevedono che l’istante presenti all’atto dell’avvio dei lavori “una cauzione a garanzia della esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di messa in pristino, da versare a favore dell'amministrazione procedente mediante fideiussione bancaria o assicurativa secondo l'importo stabilito in via generale dalle Regioni o dalle Province delegate in proporzione al valore delle opere di rimessa in pristino o delle misure di reinserimento o recupero ambientale”, mentre la disposizione regionale fa riferimento genericamente ad “un piano economico finanziario” senza alcun richiamo alla finalità propria dello strumento fideiussorio che è quella di garantire l’esecuzione degli interventi di dismissione a fine vita dell’impianto.
La norma regionale eccede quindi dalla competenza della Regione in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione, e ciò per contrasto con la normativa statale di principio in materia di fonti rinnovabili dettata dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.
La disciplina in esame è altresì e suscettibile di incidere sull’assetto del mercato laddove subordina la convocazione della Conferenza dei servizi alla produzione da parte del proponente di un piano economico e finanziario asseverato da un istituto bancario o da un intermediario, essa pregiudica il libero accesso al mercato dell’energia creando, tra l’altro, una situazione di artificiosa alterazione della concorrenza fra le diverse aree del Paese (e tra i diversi modi di produzione dell’energia). Essa risulta pertanto invasiva dell’ambito di competenza legislativa esclusiva statale in materia di “tutela della concorrenza”, di cui all’art. 117, comma 2, lett. e), Costituzione.

3) La norma contenuta nell’articolo 6, comma 1, lettera f), include, tra le attività da assoggettare a PAS, procedure amministrative semplificate, gli “f) impianti idroelettrici di taglia non superiore a 1 MWe;”. A tal proposito occorre considerare che, seppure il Decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, all’articolo 6 disciplina la procedura abilitativa semplificata e comunicazione per gli impianti alimentati da energia rinnovabile, stabilisce, al comma 9, che: “9. Le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia di applicazione della procedura di cui al comma 1 agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l'esercizio dell'impianto e delle opere connesse sono assoggettate all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5. ... ecc.”, bisogna tuttavia ricordare la previsione contenuta nel D.lgs. n. 152/06, che, all’Allegato IV, punto 2 “Industria energetica ed estrattiva”, prevede, con la lettera m), tra le opere soggette alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA di competenza regionale, gli “m) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100 kW;”
E’ di conseguenza indubbio che la disciplina nazionale vigente prevede di sottoporre all’autorizzazione ambientale di cui all’art. 20 (verifica di assoggettabilità) del d. lgs. n. 152/06 tutti gli “impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100 kW”, tra i quali rientrano, quindi, anche quelli previsti all’articolo 6, comma 1, lettera f) della legge regionale in esame.
Pertanto, le disposizioni regionali in questione, nel prevedere genericamente di sottoporre a procedure semplificate tutti gli impianti fino a 1 Mw e quindi anche gli interventi con potenza installata superiore a 100 kW , per i quali deve invece , come stabilito dall’art. 5 del citato d.lgs. 28/2011, procedersi alla più gravosa autorizzazione unica , si pongono in contrasto con le citate disposizioni di principio statali, in violazione quindi, sia della competenza esclusiva dello Sato in materia di tutela dell’Ambiente, di cui all’articolo 117, comma secondo, lettera s) della Costituzione, che l’articolo 117, terzo comma della Costituzione, per contrasto con norme di principio in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”;

4) Le previsioni contenute nell’ articolo 6, commi 3 e 6, stabiliscono, rispettivamente : “3. Sono altresì soggetti a procedure semplificate gli interventi per i quali leggi nazionali prevedono quale titolo autorizzativo la comunicazione o ogni altra procedura abilitativa semplificata, comunque denominata”.
“6. “Il Comune, a richiesta del soggetto che ha dato avvio alla comunicazione o qualsiasi altra procedura semplificata, rilascia una dichiarazione attestante che il titolo abilitativo assentito costituisce titolo idoneo alla realizzazione dell’impianto.”
Tali previsioni, alquanto generiche nella formulazione, contrastano con le previsioni di cui all’articolo 28, decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, che individua in maniera tassativa i titoli abilitativi in materia di impianti alimentati a fonti rinnovabili. Infatti, il legislatore nazionale ha individuato tre distinti titoli abilitativi che costituiscono un numerus clausus e, pertanto, il richiamo ad “ogni altra procedura abilitativa semplificata, comunque denominata”, eccede la competenza della Regione in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione, e ciò per contrasto con la normativa statale di principio dettata dal citato decreto legislativo n. 28/2011. Analogamente la previsione di cui al comma ribadisce la possibilità che sussistano procedure semplificate e, conseguentemente, titoli abilitativi diversi ed ulteriori a quelli stabiliti dal legislatore nazionale, determinando pertanto la medesima illegittimità.

5) La norma di cui all’articolo 7, comma 5, prevede che “Le variazioni di tracciato degli elettrodotti e di posizionamento delle cabine di trasformazione, pur se costituenti modifiche sostanziali, possono essere autorizzate con le procedure della legge regionale 9 ottobre 2008, n. 25 (Norme in materia di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di linee e impianti elettrici con tensione non superiore a 150.000 volt), a condizione che il punto di connessione alla rete rimanga invariato e che non sia modificata la tipologia di elettrodotto (aereo o sotterraneo). Le procedure della L.R. 25/2008 si applicano altresì per l'autorizzazione delle soluzioni di connessione a rapida installazione rilasciate dai gestori di rete in attesa che vengano completate le opere necessarie alla concessione definitiva”
Tale previsione risulta in contrasto con l’articolo 12, comma 3, del D.Lgs. 387/2003, il quale dispone che “La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.”
La disposizione regionale, nell’escludere le“[…] variazioni di tracciato degli elettrodotti e di posizionamento delle cabine di trasformazione, pur se costituenti modifiche sostanziali […]”, che costituiscono opere connesse e infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti alimentati a fonti rinnovabili, dal procedimento unico, per ricondurle nella procedura di cui alla legge regionale 25/2008, viola il principio fondamentale in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia” espresso dalla descritta norma statale. Infatti, detta disposizione nazionale è informata ai principi della semplificazione amministrativa e della celerità, al fine garantire, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la conclusione con modalità certe ed entro un termine definito del procedimento autorizzativo (cfr. sentenze Corte Costituzionale n. 383 e n. 336 del 2005 e 364 del 2006).
Pertanto la disposizione così formulata viola l’articolo 117, comma 3, della Costituzione, e ciò per contrasto con la normativa statale di principio in materia di fonti rinnovabili, dettata dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

6) Analoghi profili di incostituzionalità presenta lo stesso articolo 7, il comma 6, il quale prevede che “Le modifiche non sostanziali sono soggette alla procedura semplificata o alla comunicazione di cui all'articolo 6. Sono altresì soggette alla procedura abilitativa semplificata dell'articolo 6 le varianti progettuali relative agli impianti inferiori a 1 MW elettrico assentiti con procedure semplificate perfezionatesi, ai sensi dell'articolo 27 della legge regionale 19 febbraio 2008, n. 1 (Disposizioni integrative e modifiche della legge regionale 31 dicembre 2007, n. 40 - Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2008 e bilancio pluriennale 2008-2010 della Regione Puglia - e prima variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2008) e dell'articolo 3 (Denuncie di inizio attività) della L.R. n. 31/2008, anteriormente alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale 26 marzo 2010, n. 119.”.
La predetta disposizione è illegittima nella misura in cui prevede una disciplina per le modifiche non sostanziali degli impianti alimentati da fonti rinnovabili non conforme a quella disposta dal Legislatore nazionale con la previsione di cui all’articolo 5, comma 3, D.Lgs,. 28/2011. Infatti, come sopra illustrato, gli atti abilitativi, anche se relativi alle modifiche, sono tipici e sono individuati dalla legge statale. In particolare , contrariamente a quanto dispone la legge statale, la disposizione regionale non precisa che le varianti, per gli interventi da realizzare sugli impianti fotovoltaici, idroelettrici ed eolici, che ricadono nell’ambito della procedura abilitativa semplificata (di cui all’art 6, D,Lgs. 28/2011), non devono comportare variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell'area destinata a ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse. Mentre, per quanto riguarda le varianti relative agli impianti a biomassa, bioliquidi e biogas, la disposizione regionale non prevede che le stesse varianti non possano avere ad oggetto il combustibile o la potenza termica installata. In tal caso, infatti, per gli impianti a biomassa, bioliquidi e biogas, sussiste la modifica sostanziale anche nell’ipotesi in cui varia, anche in riduzione, il combustibile utilizzato.
Anche in questo caso quindi si rileva la violazione dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, e ciò per contrasto con la normativa statale di principio in materia di fonti rinnovabili, dettata dal decreto legislativo n. 28/2011.

7) la norma contenuta nell’art. 13, dispone che la Regione promuova la costituzione di un organismo, anche sotto forma di consorzio, per il recupero, riciclaggio do smaltimento degli impianti in dismissione. La costituzione di un organismo della specie suddetta, anche se in forma consorziale (e specie nella misura in cui possa ricevere, come potenzialmente non escluso dalla nonna, contributi regionali), si pone in contrasto con 1’ art. 9, comma 6, del decreto legge 6 luglio 2012, n.95 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, il quale, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, stabilisce il divieto per gli enti locali di istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e dì qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione. La norma regionale si pone dunque in contrasto con l’art. 117. terzo comma. della Costituzione con riferimento al coordinamento della finanza pubblica.

8) la disposizione di cui all’art. 16 , comma 2, prevede l’istituzione presso la Regione Puglia di un archivio delle imprese che, in ambito regionale, esercitino impianti di produzione di energia elettrica alimentari da fonti di energia rinnovabili (FER), di quelle che hanno formulato istanza di autorizzazione unica (AU), o depositato dichiarazioni per interventi soggetti a procedure amministrative semplificate (PAS). L’istituzione del succitato archivio è suscettibile dì comportare oneri, la cui presenza non è esclusa da apposita clausola di invarianza finanziaria ovvero adeguatamente coperta con la norma di copertura finanziaria di cui all’art.18 della legge in commento, ponendosi così in contrasto con l’articolo 81, quarto comma, della Costituzione.

9) L’articolo 18, comma 2, laddove precisa che “[…] La determinazione del sistema degli oneri e delle garanzie, con riguardo alle tipologie degli impianti oggetto di AU, avviene con provvedimento di Giunta regionale”. La previsione regionale, rinviando alla Giunta regionale la determinazione degli oneri e delle garanzie per gli impianti oggetto di autorizzazione unica, costituisce un’elusione del principio costituzionale contenuto nell’articolo 23 della Costituzione, secondo cui “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”, volto a garantire i privati da una illimitata discrezionalità degli organi amministrativi.
La medesima disposizione regionale, inoltre, non fa riferimento alcuno ai criteri contenuti nelle Linee guida statali (D.M. 10 settembre 2010), per la determinazione degli oneri in questione, in particolare con quanto previsto dal paragrafo 9 “Oneri istruttori”, della parte I, secondo cui “Le Regioni, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge n. 62 del 2005 possono prevedere oneri istruttori a carico del proponente finalizzati a coprire le spese istruttorie di cui al paragrafo 14; detti oneri, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003 non possono configurarsi come misure compensative. Gli oneri sono determinati sulla base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione della fonte utilizzata e rapportati al valore degli interventi in misura comunque non superiore allo 0,03 per cento dell'investimento.”
Considerato che le predette Linee guida sono state emanate in esecuzione dell'art. 12, comma 10, del citato decreto legislativo n. 387 del 2003, come affermato dalla Corte costituzionale, esse costituiscono principi fondamentali in materia di fonti rinnovabili (Corte cost., 13/11/2006, n. 364), vincolanti per le regioni. La previsione regionale quindi risulta violare l’articolo 117, comma 3, della Costituzione, e ciò per contrasto con la normativa statale di principio in materia di fonti rinnovabili, dettata dal decreto legislativo n. 387/2003.

Per questi motivi le norme regionali sopra specificate devono essere impugnate ali sensi dell’articolo127 della Costituzione.

« Indietro