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Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale n. 1 del 10.01.2012 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012) in applicazione dell'art. 17, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98. (29-10-2012)
Abruzzo
Legge n.51 del 29-10-2012
n.58 del 7-11-2012
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA TOTALE
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 2012 è stata impugnata la legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2012, n. 51 recante “Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale n. 1 del 10.01.2012 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012) in applicazione dell'art. 17, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98.”
Nello specifico è stata deliberata l’impugnativa costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, delle disposizioni di seguito elencate:
- l’art. 1, comma 1, sospende, sino alla conclusione del piano di rientro, la disposizione di cui all’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 1/2012 che dispone il rifinanziamento della legge regionale n. 72/2000, nella parte in cui fornisce un contributo ai cittadini abruzzesi portatori di handicap psicofisici che applicano il metodo DOMAN. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, non rispettando i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 e viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
- l’art. 1, comma 2, sospende, sino alla conclusione del piano di rientro, la disposizione di cui all’ art. 42, comma 2, della legge regionale n. 1/2012, la quale nell’introdurre l’art. 12-bis dopo l’art. 12 della l. r. n. 6 del 2011, demanda alla Giunta regionale la definizione delle linee di indirizzo per le aziende del servizio sanitario regionale volte all’implementazione del sistema di misurazione e di valutazione della performance del personale sanitario regionale. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, non rispettando i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 e viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
- l’art. 1, comma 3, sospende, sino alla conclusione del piano di rientro, la disposizione di cui all’ art. 44 della legge regionale n. 1/2012, la quale stabilisce che la quota di compartecipazione a carico degli assistiti per le prestazioni di assistenza specialistica, comprensiva del ticket di 10 euro, non possa superare il costo della prestazione. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Viola, inoltre, l’art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica, ledendo sia i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 in quanto non rispetta i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, sia i principi contenuti nell’art. 1, comma 796, lettera p) e p-bis) della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) e nell’art. 17, comma 6 del d. l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, in quanto la quota di compartecipazione dovuta dagli assistiti differente da quella stabilita dalla norma statale è consentita previa certificazione di equivalenza finanziaria. Da ultimo viola l’articolo 81 della Costituzione in quanto determina un minore livello di entrate rispetto a quelle ritenute congrue per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza senza prevedere la corrispondente copertura delle spese necessarie per compensare le minori entrate.
- l’art. 1, comma 4, sospende, sino alla conclusione del piano di rientro, la disposizione di cui all’ art. 46 della legge regionale n. 1/2012, la quale stabilisce che, fermo restando il budget assegnato, la struttura privata accreditata erogante prestazioni di riabilitazione ex art.26 legge 833/1978 possa trasferire, nell’ambito della stessa ASL, parte di tali prestazioni in sedi presenti all’interno della stessa ASL già autorizzate ma non accreditate. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta, e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, non rispettando i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 e viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. Da ultimo viola i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione in quanto si pone in contrasto gli artt.8-bis, 8-ter, 8- quater, d.lgs. 502/92, i quali stabiliscono che l’erogazione di prestazioni con oneri imputabili al S.S.N. sia consentita solo presso strutture particolarmente qualificate che hanno ottenuto il riconoscimento di qualità con l’atto di accreditamento.
Le suddette disposizioni sono state anche censurate in quanto l’istituto della sospensione contrasta con il canone di ragionevolezza delle leggi di cui all’art. 3 della Costituzione, oltre che col principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.
Con successiva legge regionale 16 luglio 2013, n. 21, recante “Abrogazione della L.R. 29 ottobre 2012, n. 51 “Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale n. 1 del 10.01.2012 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012) in applicazione dell'art. 17, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98” e abrogazione di disposizioni di cui alla L.R. 10 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012)”.”- per la quale il Governo, nella seduta del 19 settembre 2013, ha deliberato la non impugnativa - è stata disposta, dall’art. 1, l’abrogazione della suddetta legge regionale n. 51/2012 consentendo, pertanto, di superare i rilievi governativi .
Il Ministero della salute, con nota LEG 4822-P del 18 settembre 2013, ed il Ministero dell’economia e delle finanze, con nota prot. n. 13762 del 5 novembre 2013, hanno comunicato di ritenere superati i rilievi di incostituzionalità deliberati in riferimento alla legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2012, n. 51.
Per i motivi sopra rappresentati, sussiste il presupposto per la rinuncia totale all’impugnativa della legge regionale n. 51/2012.
21-12-2012 /
Impugnata
La legge della regione Abruzzo 17 luglio 2012, n. 51, recante: “Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale n. 1 del 10.01.2012 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo) - Legge Finanziaria” presenta alcuni profili di illegittimità costituzionale.
E’ opportuno premettere che la Regione Abruzzo, per la quale è stata verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato il 6 marzo 2007 un accordo con i Ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che prevede una serie di interventi da attivare nell’arco del triennio 2007-2009 finalizzati a ristabilire l’equilibrio economico e finanziario della Regione nel rispetto dei livelli assistenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1 comma 180, della legge 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
La Regione Abruzzo, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311/04, nonché dell’intesa Stato – Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’art. 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta dell’11 settembre 2008, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Abruzzo e nella seduta del 12 dicembre 2009 il Commissario è stato individuato nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
Successivamente, ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Commissario ad acta, con la delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, ha approvato il Programma operativo 2010 (successivamente integrato con la delibera n. 77/2010 del 22 dicembre 2010) con il quale dà prosecuzione al Piano di Rientro 2007-2009.
Ciò premesso, la legge in esame presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale. In particolare, la legge di cui trattasi, disponendo la sospensione della valenza giuridica dei seguenti articoli della legge regionale n. 1/2012: art. 1, comma1; art.42, comma 2; art. 44 e art. 46 - il cui giudizio di legittimità è pendente dinnanzi alla Corte Costituzionale - ne ribadisce la vigenza stabilizzandone gli effetti per i periodi nei quali non opera la sospensione.
Infatti, detta sospensione, a prescindere dalla sentenza del giudice costituzionale comporterebbe una sopravvivenza sine die, delle norme a suo tempo censurate, ripresentando gli stessi profili di illegittimità.
Tali disposizioni sono, pertanto, censurabili per gli stessi motivi esposti nella relazione allegata alla delibera del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2012 e che si riportano di seguito, relativamente alle disposizioni in materia sanitaria delle quali la norma in esame dispone la sospensione.
1) “L’art. 1, comma 1, che dispone il rifinanziamento di alcune leggi regionali, autorizza, tra l’altro, il rifinanziamento della legge regionale n. 72/2000, la quale fornisce un contributo ai cittadini abruzzesi portatori di handicap psicofisici che applicano il metodo DOMAN.
Tale disposizione, che garantisce ai propri residenti livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale, comportando l’assunzione di oneri per prestazioni sanitarie aggiuntive, è incompatibile con gli obiettivi di risanamento imposti dal suddetto Piano di Rientro. Essa pertanto interferisce con l’attuazione del Piano di rientro, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009.
Tale disposizione è, pertanto, incostituzionale sotto un duplice aspetto:
a) essa interferisce con le funzioni commissariali, in violazione dell’art. 120, secondo comma, della Costituzione Al riguardo la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 78 del 2011, richiamando i principi già espressi nella sentenza n. 2 del 2010, ha precisato che anche qualora non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ma ricorra comunque una situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, tale situazione è idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Secondo tale sentenza in particolare “l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali”.
b) Inoltre la medesima disposizione, oltre ad effettuare senza alcuna legittimazione il menzionato intervento in materia di organizzazione sanitaria, in luogo del Commissario ad acta, interviene in materia senza rispettare i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Ne consegue la lesione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. La disposizione regionale in esame pertanto viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. La Corte Costituzionale con le sentenze n. 100 e n. 141 del 2010 ha infatti ritenuto che le norme statali (quale l’art. 1, comma 796, lett. b, della legge n. 296 del 2006) che hanno “reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”, possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. In particolare con la sentenza n. 141 del 2010 la Consulta ha giudicato incostituzionale la l. r. Lazio n. 9 del 2009, che istituiva nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale un nuovo tipo di distretti socio-sanitari, definiti "montani" (con rispettivi ospedali, servizio di eliambulanza, e possibilità di derogare alla normativa in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e di contenimento della spesa pubblica) in quanto “l’autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”.
2) L’art. 42, comma 2, che aggiunge l’art. 12-bis dopo l’art. 12 della l. r. n. 6 del 2011, demanda alla Giunta regionale la definizione delle linee di indirizzo per le aziende del servizio sanitario regionale volte all’implementazione del sistema di misurazione e di valutazione della performance del personale sanitario regionale. Tale disposizione, che riguarda la valutazione del personale delle aziende del Servizio sanitario e comporta, secondo quanto specificato nella disposizione stessa, un contemperamento del nuovo sistema di valutazione delle prestazioni con la metodologia della negoziazione per budget già implementata presso le ASL regionali, si pone in contrasto con il primo punto del mandato commissariale del 12 dicembre 2009 che affida al Commissario ad acta la razionalizzazione e il contenimento del personale sanitario. Ne consegue la lesione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. La disposizione regionale in esame pertanto viola anche l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La medesima disposizione inoltre, intervenendo in materia di organizzazione sanitaria in costanza di Piano di rientro dal disavanzo sanitario, interferisce con l’attuazione del Piano, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009. In particolare la disposizione sopra menzionata, menoma le attribuzioni del Commissario, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
3) L’art. 44 stabilisce che la quota di compartecipazione a carico degli assistiti per le prestazioni di assistenza specialistica, comprensiva del ticket di 10 euro, non possa superare il costo della prestazione.
La disposizione regionale in argomento, che introduce un tetto massimo alla quota di compartecipazione dovuta dagli assistiti, contrasta con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica contenuti nell’art. 1, comma 796, lettera p) e p-bis) della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) e nell’art. 17, comma 6 del d. l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, che non prevedono la fissazione di una soglia massima e dispongono che le regioni possano applicare ticket differenti rispetto e quello stabilito dalla norma statale, purché dichiarati finanziariamente equivalenti a seguito di certificazione di equivalenza del competente Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005. Pertanto la disposizione in esame, che prevede una quota di compartecipazione dovuta dagli assistiti differente da quella stabilita dalla norma statale senza il conseguimento della certificazione di equivalenza finanziaria, non rispetta le regole poste dalla menzionata disciplina statale, e viola pertanto l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Essa viola inoltre l’articolo 81 della Costituzione in quanto determina un minore livello di entrate rispetto a quelle ritenute congrue per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza senza prevedere la corrispondente copertura delle spese necessarie per compensare le minori entrate.
Inoltre la disposizione in esame, che fissa un limite massimo alla quota di partecipazione dovuta dall’assistito per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, stabilendo che tale limite non possa eccedere la tariffa della prestazione, garantisce ai cittadini abruzzesi un livello di assistenza “ulteriore”, ed è pertanto incompatibile con gli obiettivi di risanamento imposti dal suddetto Piano di Rientro. Così disponendo, la norma in esame interferisce con l’attuazione del Piano di rientro, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009. Essa è pertanto incostituzionale sotto il duplice aspetto illustrato al punto 2) lett. a) e b).
4) L’art. 46, prevede che, fermo restando il budget assegnato, la struttura privata accreditata erogante prestazioni di riabilitazione ex art.26 legge 833/1978 possa trasferire, nell’ambito della stessa ASL, parte di tali prestazioni in sedi presenti all’interno della stessa ASL già autorizzate ma non accreditate.
Tale disposizione regionale, che prevede che la struttura erogatrice possa spostare alcune attività sanitarie in strutture non accreditate, eccede dalle competenze regionali e viola i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Essa contrasta in particolare con l’art.8-bis, comma 1 e comma 3, del d.lgs. 502/1992, secondo il quale ”La realizzazione di strutture sanitarie e l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 8-ter, dell’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies. La presente disposizione vale anche per le strutture e le attività sociosanitarie”.
Al riguardo si sottolinea che consentire attività sanitarie presso strutture autorizzate, ma non accreditate, non garantisce che la struttura sia in possesso anche dei requisiti ulteriori previsti per l’accreditamento e che, quindi, sia in grado di poter erogare prestazioni per conto del SSN.
La disposizione in esame si pone pertanto in contrasto con la ratio dell’accreditamento, desumibile dagli artt.8-bis, 8-ter, 8- quater, d.lgs. 502/92, che è posta a base della tutela del cittadino e della Regione, che eroga prestazioni con oneri imputabili al S.S.N. solo su strutture particolarmente qualificate che hanno ottenuto il riconoscimento di qualità con l’atto di accreditamento.
La disposizione regionale in esame, inoltre, riguardando la materia delle autorizzazioni e degli accreditamenti delle strutture sanitarie, interferisce con l’attuazione del Piano di rientro e con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009 che prevedono l’adozione di un piano della rete territoriale e della rete residenziale e semi residenziale dopo aver provveduto a determinare il fabbisogno della regionale. Essa è pertanto incostituzionale sotto il duplice aspetto illustrato al punto 2) lett. a) e b)”.
Da ultimo, si ritiene che la legge regionale n. 51/2012, attualmente in esame, pur disponendo la sospensione dell’efficacia delle citate norme della precedente legge regionale n. 1/2012 fino alla realizzazione del piano di rientro, non sia sufficiente a superare le censure di costituzionalità sollevate nei loro riguardi.
In primo luogo, con riguardo alla sospensione dell’articolo 44 della legge regionale n. 1/2012, occorre ribadire che esso era stato impugnato, oltre che per contrasto con il piano di rientro e con le attribuzioni del Commissario ad acta – con conseguente violazione dell’art. 120 Cost. e dell’art. 117, c. 3 della Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 2, commi 80 e 95 della legge 191/2009 –, anche per violazione dell’art. 81 della Costituzione, in quanto determina un minore livello di entrate rispetto a quelle ritenute congrue per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza senza prevedere la corrispondente copertura delle spese necessarie per compensare le minori entrate.
Pertanto, se anche si ritenesse che la modifica apportata dalla legge regionale in esame sia sufficiente a superare le censure relative al contrasto col piano di rientro (in quanto si dispone la sospensione della precedente legge fino all’attuazione dello stesso) cosa che, non è comunque sostenibile, resterebbero pendenti i rilievi circa il contrasto con l’articolo 81 della Costituzione, certamente non corretti con la previsione della “sospensione” della legge precedentemente impugnata. E’ infatti evidente che, una volta cessata, in conseguenza dell’eventuale attuazione del piano di rientro, la sospensione dell’efficacia della legge, le norme in essa contenute riacquisterebbero efficacia, ripresentando, così, gli stessi profili di illegittimità costituzionale a suo tempo evidenziati in ordine ai profili finanziari.
Più in generale, comunque, è lo stesso istituto della “sospensione” di leggi regionali già impugnate dal Governo a configurarsi, a sua volta, come costituzionalmente illegittimo.
Invero, essendo difforme a quanto stabilito nel Piano di rientro sanitario, si pone in contrasto con i commi 80 e 95 dell’articolo 2 della legge n. 191/2009 recante: “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010"). Essi, infatti, dispongono testualmente che “gli interventi individuati nel Piano di rientro sono vincolanti per la Regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano di rientro”. La disposizione citata impone dunque la rimozione e non già la mera sospensione dei provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano di rientro. Sotto tale aspetto, ne consegue pertanto un contrasto diretto con il comma 3 dell’articolo 117 della Costituzione che sancisce il principi della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Si può, inoltre, rilevare come la sospensione, operando per un tempo limitato, ancorché indefinito (il che incide, peraltro, anche sul principio della certezza del diritto), sostanzialmente finisce con lo stabilizzare, per i periodi in cui la stessa non opera, gli effetti delle disposizioni impugnate, confermando in tal modo la loro illegittimità costituzionale.
In secondo luogo, e più in generale, l’istituto della sospensione appare suscettibile di contrastare con il canone di ragionevolezza delle leggi di cui all’art. 3 della Costituzione, oltre che col principio di buon andamento dell’amministrazione, di cui all’art. 97 Cost.
L’attuazione del piano di rientro implica l’adozione di una serie di misure, di esclusiva competenza del Commissario ad acta, destinate ad incidere sull’organizzazione amministrativo-sanitaria della regione, modificandola ai fini del raggiungimento degli obiettivi del piano. Peraltro, l’attuazione del piano stesso può richiedere tempi relativamente lunghi.
Per tali ragioni l’istituto della sospensione appare affetto da irragionevolezza e contrasta col principio di buon andamento.
Il legislatore regionale, infatti, quando regolamenta una determinata materia, deve tenere conto dell’assetto organizzativo, amministrativo e istituzionale esistente nel momento storico in cui va a legiferare, proprio allo scopo di incidere su quel determinato assetto. Ma se quello stesso contesto organizzativo e amministrativo è destinato ad essere modificato, in ragione degli interventi posti in essere dal Commissario ad acta, nell’esercizio del potere sostitutivo che è finalizzato a garantire il rientro dal disavanzo sanitario e l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, la sospensione degli effetti della legge originariamente emanata si configura come una misura potenzialmente dannosa in quanto implica che norme con un determinato contenuto, deciso nell’ambito di un dato contesto amministrativo e organizzativo, riprendano a produrre i propri effetti in un contesto del tutto diverso, senza verificare la coerenza dei relativi contenuti con il mutato assetto nel frattempo determinatosi.
Da ciò potrebbero derivare conseguenze negative sia sotto il profilo della tenuta dell’equilibrio finanziario eventualmente raggiunto grazie all’esercizio del potere sostitutivo e all’attuazione del piano di rientro, sia sotto quello dell’aderenza delle “vecchie” misure - delle quali riprenderebbe la decorrenza degli effetti una volta cessata la sospensione - alla nuova realtà amministrativa e organizzativa nel frattempo prodottasi, senza alcuna verifica di congruità e coerenza. Si potrebbero, in tal modo, determinare sovrapposizioni di strutture, competenze e procedure in grado anche di inficiare la qualità delle prestazioni erogate, arrecando un danno alla salute dei cittadini.
Si segnala, altresì, che la Corte Costituzionale nella sentenza n. 131/2012, con riguardo alla legge della Regione Calabria n. 6/2012, che disponeva la sospensione della precedente legge regionale n. 24/2011, a sua volta impugnata dal Governo ha sancito che “[…] Successivamente alla presentazione del ricorso, l’art. 1 della legge della Regione Calabria 3 febbraio 2012, n. 6 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2011, n. 24, recante «Istituzione del Centro Regionale Sangue») ha sostituito l’art. 14, comma 1, della legge regionale n. 24 del 2011. Tale disposizione, […] stabilisce che «[l]’efficacia della presente legge è sospesa in attesa dell’attuazione del piano di rientro». A partire dall’11 febbraio 2012, dunque, è stata sospesa l’efficacia della legge censurata che, entrata in vigore il 16 luglio 2011, non risulta aver avuto medio tempore applicazione. Lo ius superveniens, nonostante abbia sospeso l’efficacia dell’intera legge regionale n. 24 del 2011, assume rilievo solo con riguardo alla censura riferita all’art. 117, terzo comma, Cost., in base alla quale le misure previste dalla normativa impugnata non sarebbero contemplate nel piano di rientro dal disavanzo sanitario. La modifica introdotta, infatti, sospende l’efficacia della legge censurata «in attesa dell’attuazione del piano di rientro». In tal modo, però, la legge rimette interamente all’amministrazione regionale il potere di decidere se il piano di rientro sia stato attuato – il che, peraltro, non implica necessariamente l’effettivo rientro dal disavanzo sanitario della Regione – e di restituire, conseguentemente, efficacia alla legge impugnata che, medio tempore, è rimasta valida, sia pure senza produrre effetti. Ne discende che lo ius superveniens non consente di dichiarare cessata la materia del contendere, perché la modifica introdotta dall’art. 1 della legge della Regione Calabria n. 6 del 2012 – che non ha abrogato, ma solo sospeso l’efficacia della legge censurata – non ha carattere satisfattivo delle pretese avanzate dal ricorrente (sentenza n. 333 del 2010)”.
Per i motivi esposti la disposizione regionale indicata deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.
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