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La disposizione della Regione Molise recante Legge finanziaria regionale 2013, presenta i seguenti aspetti di illegittimità costituzionale.
1)
L’art. 12, comma 1, autorizza transitoriamente gli enti inseriti nella sezione II della tabella A di cui alla l.r. 2/2012, a procedere alla copertura della dotazione organica e del relativo fabbisogno di personale con le modalità indicate nelle leggi istitutive.
Tale disposizione, pertanto, prevede quale limite assunzionale la sola dotazione organica degli enti, senza fare riferimento ai limiti di spesa previsti per le nuove assunzioni contenuti nella normativa nazionale in materia di personale delle pubbliche amministrazioni e si pone in contrasto:
- con l'art. 1 comma 557 della legge 296 del 2006, come riscritto dall'articolo 14, comma 7, del decreto legge n. 78 del 2010 che recita: "… gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale … con azioni rivolte ai seguenti ambiti:
a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti..;
b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative…;
c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa…”
- e con l’art. 1 comma 557-ter della medesima legge 296 del 2006 secondo il quale: “In caso di mancato rispetto della presente norma, si applica il divieto di cui all'art. 76, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, secondo il quale “… è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. è fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione.”
Pertanto, la norma in esame limitandosi a considerare quale unico limite a dette assunzioni quello della pianta organica, risulta non in linea con la normativa statale di riferimento che contempla più ampi limiti al contenimento della relativa spesa e di conseguenza contrasta con i principi fondamentali dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica recati dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
2)
L'articolo 34 della legge regionale in esame, rubricato "Disposizioni concernenti nomine effettuate da organi regionali", prevede che "… al termine della legislatura decadono tutte le figure nominate a vario titolo, ragione o causa dal Presidente della Giunta, dalla Giunta regionale e dal Consiglio regionale".
Tale disposizione, nella parte in cui si applica anche alle nomine dei direttori generali delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale, contrasta, da un lato, con la normativa statale in materia di incarichi dei direttori generali e, dall'altro, con il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all'articolo 97 della Costituzione, come precisato da costante giurisprudenza costituzionale.
La durata in carica del direttore generale, è infatti disciplinata dell'articolo 3-bis, comma 8 del d.lgs. n. 502/1992, secondo cui "Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile.”
Sotto questo profilo, quindi, la norma regionale in esame, nella misura in cui dispone la decadenza automatica, al termine della legislatura regionale, anche dei direttori generali degli enti del servizio sanitario regionale, contrasta con la richiamata disciplina statale, recante principi fondamentali in materia di tutela della salute, violando l'articolo 117, comma 3 della Costituzione. Essa, inoltre, incidendo su rapporti contrattuali vigenti, determinandone la decadenza, interviene anche in materia di "ordinamento civile", riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera 1) della Costituzione.
Si richiama, al riguardo, la sentenza n. 104/2007 della Corte Costituzionale, che ha deciso una analoga questione di legittimità costituzionale sollevata avverso norme della Regione Lazio precisando che la previsione della decadenza automatica dei direttori delle ASL, una volta decorsi novanta giorni dalla prima seduta del Consiglio Regionale (ma considerazioni analoghe devono riferirsi alla legge in esame, che prevede la decadenza automatica dei direttori generali al termine della legislatura) viola l'art. 97 della Costituzione sotto il duplice profilo dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione.
Pertanto, è da ritenere che l'articolo 34 della legge regionale in esame, nella parte in cui non esclude dalla sua applicazione i direttori generali delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale, contrasti con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, di cui al richiamato articolo 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, violando conseguentemente l'articolo 117, comma 3 della Costituzione, nonché l'articolo 97 della Costituzione, per i motivi sopra illustrati. Nella parte in cui incide sui rapporti contrattuali in essere, lede altresì l'articolo 117, comma 2, lettera 1) della Costituzione, che riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile.
Per le motivazioni esposte, le disposizioni sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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