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Modifiche alla legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell’attività edilizia)
e alla legge regionale 5 aprile 2012, n. 10 (Disciplina per l’esercizio delle attività
produttive e riordino dello sportello unico). (4-2-2013)
Liguria
Legge n.3 del 4-2-2013
n.1 del 6-2-2013
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2013 il Governo ha impugnato diverse disposizioni della l.r. Liguria n. 3 del 2013, pubblicata sul BUR n. 1 del 6 febbraio 2013, recante “Modifiche alla legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell’attività edilizia) e alla legge regionale 5 aprile 2012, n. 10 (Disciplina per l’esercizio delle attività produttive e riordino dello sportello unico)”. Tra le disposizioni impugnate, si censuravano gli articoli 5, comma 2, 14 e 28.
L’articolo 5, comma 2, consente il ricorso alla DIA alternativa al permesso di costruire per gli interventi “disciplinati da strumenti urbanistici attuativi o piani urbanistici operativi efficaci ovvero regolati da specifiche previsioni di dettaglio contenute nel vigente strumento urbanistico generale o nel PUC” (lettera a), ovvero, alternativamente, per gli interventi “già assentiti sotto il profilo paesistico-ambientale mediante rilascio di autorizzazione a norma dell'articolo 146 del D.Lgs. 42/2004 e successive modificazioni ed integrazioni alla data di presentazione della DIA”. La previsione era stata ritenuta in contrasto con la disposizione statale di principio contenuta all’articolo 22, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, che consente di realizzare con DIA alternativa al permesso di costruire: “a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c); b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti (…); c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche”. La norma regionale censurata, configurando in termini di alternatività i requisiti previsti all’articolo 23 della l.r. n. 16/2008, sembrava ampliare l’ambito di applicazione della DIA alternativa al permesso di costruire al di là di quanto consentito dalla normativa statale. Nei casi di interventi assentiti sotto il profilo paesistico-ambientale, infatti, sembravano non essere richiesto, per il ricorso alla DIA alternativa al permesso di costruire, che vi fossero “precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti”. La previsione appare irragionevole e non rispondente alla tutela degli interessi urbanistici ed edilizi posto che l’autorizzazione paesaggistica rilasciata ai sensi dell’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, prescinde dalla conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia vigente, essendo volta esclusivamente ad attestare “la conformità dell'intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici” (art. 146, comma 7, d.lgs. n. 42/2004), e “la compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2” (art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42/2004).
Al riguardo, la Regione ha offerto elementi che consentono di dare alla disposizione impugnata una lettura costituzionalmente orientata. È stato infatti affermato dalla regione che la fattispecie introdotta al comma 2, lettera b), rappresenta lo sviluppo del presupposto statale stabilito per il ricorso alla DIA alternativa al permesso di costruire, in quanto a seguito dell’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’interessato, e, quindi, dell’avvenuta definizione in tale procedimento di tutte le caratteristiche dimensionali, tipologiche, formali-architettoniche e dei materiali da osservare nell’intervento, la relativa soluzione progettuale di dettaglio assume valore vincolante anche ai fini edilizi, dovendo il Comune limitarsi a valutare se, a fini edilizi, residuino altri aspetti ulteriori da verificare per l’esecuzione dei lavori.
L’articolo 14, comma 3 era ritenuto in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale nella materia “governo del territorio” (art. 117, comma 3, Cost.). Le disposizione censurata (di modifica dell’art. 43, comma 5, l.r. n. 16/2008), prevedeva la formazione del silenzio assenso sull’istanza di accertamento di conformità presentata per alcuni interventi soggetti a SCIA (in particolare, nel caso di interventi di cui all'articolo 21-bis, comma 1, lettere a), b), c), g), m) ed n). La norma era stata ritenuta in contrasto con l’articolo 36, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, che prevede la formazione del silenzio rifiuto sulle richieste di permesso in sanatoria. Successivamente, la Regione Liguria ha provveduto a modificare la disposizione impugnata, sostituendo il silenzio assenso con il silenzio rifiuto (art. 16, comma 2, l.r. n. 14/2013). Considerato che la Regione ha fornito rassicurazioni in merito al fatto che la disposizione impugnata non ha trovato applicazione nel periodo di vigenza, si ritiene che siano venuti meno i presupposti per l’impugnazione e che, pertanto, sia possibile rinunciare al ricorso.
Era stata parimenti impugnata la disposizione contenuta all’articolo 28, comma 1, contenente le Disposizioni transitorie. Tale norme, nel prevedere l’applicabilità della disciplina previgente “nei confronti delle istanze di permesso di costruire, delle SCIA e delle DIA già presentate e dei procedimenti edilizi e sanzionatori già avviati” alla data di entrata in vigore della legge in esame, consentiva trovassero applicazione, ancorché in via transitoria, alcuni articoli abrogati dalla l.r. n. medesima l.r. 3/2013 per i quali il Governo, in data 7.6.2012, aveva deliberato l’impugnativa ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. Si trattava, in particolare, degli articoli 37, comma 3; 43, comma 8 e 49, comma 5, L.R. n. 16/2008, come modificati dalla l.r. Liguria n. 9/2012, che erano stati ritenuti in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio e quindi con l’art. 117, co. 3, della Costituzione. Con legge regionale n. 14/2013 la disposizione impugnata è stata modificata tramite l’aggiunta di un nuovo comma (comma 1-bis, poi ulteriormente modificato dalla l.r. n. 40/2013) volto a garantire l’inapplicabilità delle disposizioni abrogate, ancorché in via transitoria. Considerato che la Regione ha fornito rassicurazioni in merito al fatto che le disposizioni della l.r. n. 9/2012 che hanno formato oggetto di impugnativa non hanno trovato applicazione nel periodo di vigenza, si ritiene che siano venuti meno i presupposti per l’impugnazione e che, pertanto, sia possibile rinunciare al ricorso.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritengono venuti meno i motivi di illegittimità costituzionale rilevati con riferimento all’art. 14, comma 3, e all’art. 28, comma 1, della l.r. n. 3/2013. Di conseguenza, si propone la rinuncia all’impugnativa presentata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
8-3-2013 /
Impugnata
La legge regionale, che detta modifiche alla legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell’attività edilizia) e alla legge regionale 5 aprile 2012, n. 10 (Disciplina per l’esercizio delle attività produttive e riordino dello sportello unico), presenta aspetti di illegittimità costituzionale relativamente agli artt. 5, comma 2; 14, comma 3 e 28, comma 1, che , ponendosi in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di “governo del territorio”, e con la normativa statale in materia di tutela dei beni culturali, violano il comma 3 e il comma 2, lettera s), dell’art. 117 della Costituzione.
Pertanto, devono essere impugnati per i motivi di seguito specificati:
1) L’articolo 5, comma 2, modificando l’art. 23, comma 2, lettere a) e b), della l.r. n. 16/2008, consente il ricorso alla DIA alternativa al permesso di costruire per gli interventi “disciplinati da strumenti urbanistici attuativi o piani urbanistici operativi efficaci ovvero regolati da specifiche previsioni di dettaglio contenute nel vigente strumento urbanistico generale o nel PUC” (lettera a), ovvero, ALTERNATIVAMENTE, per gli interventi “già assentiti sotto il profilo paesistico-ambientale mediante rilascio di autorizzazione a norma dell'articolo 146 del D.Lgs. 42/2004 e successive modificazioni ed integrazioni alla data di presentazione della DIA”.
Tale previsione contrasta con la disposizione statale di principio contenuta all’articolo 22, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 che consente di realizzare con DIA alternativa al permesso di costruire: “a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c); b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti (…); c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.”
La norma regionale censurata, configurando in termini di alternatività i requisiti previsti all’articolo 23 della l.r. n. 16/2008, amplia l’ambito di applicazione della DIA alternativa al permesso di costruire al di là di quanto consentito dalla normativa statale. Nei casi di interventi assentiti sotto il profilo paesistico-ambientale, infatti, non si richiede, per il ricorso alla DIA alternativa al permesso di costruire, che vi siano “precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti”. La previsione appare irragionevole e non rispondente alla tutela degli interessi urbanistici ed edilizi posto che l’autorizzazione paesaggistica rilasciata ai sensi dell’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, prescinde dalla conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia vigente, essendo volta esclusivamente ad attestare “la conformità dell'intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici” (art. 146, comma 7, d.lgs. n. 42/2004), e “la compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2” (art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42/2004).
Il carattere alternativo dei requisiti previsti alle lettere a) e b) dell’articolo 23 della l.r. n. 16/2008, come modificato dalla disposizione censurata, si pone in contrasto con la normativa statale anche perché il previo rilascio della autorizzazione paesaggistica deve sussistere, nel caso di interventi su aree vincolate, ANCHE qualora sussistano i requisiti previsti dalla lettera a) dell’art. 23. L’art. 22, comma 6, del testo unico dell’edilizia di cui al d.p.r. n. 380/2001, infatti, prevede che “La realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell'ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490”.
Per le ragioni evidenziate, la disposizione regionale in questione viola l’articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione (tutela dei beni culturali, dell’ambiente e dell’ecosistema), nonché l’art. 117, comma 3, con riferimento alla materia “governo del territorio”.
2) L’articolo 14, comma 3, che modifica il primo periodo del comma 5 dell'articolo 43 della L.R. n. 16/2008, prevede - nel termine di 30 giorni - la formazione del silenzio assenso sull’istanza di accertamento di conformità presentata per alcuni interventi soggetti a SCIA (in particolare, nel caso di interventi di cui all'articolo 21-bis, comma 1, lettere a), b), c), g), m) ed n). Così disponendo, la norma si pone in contrasto con l’articolo 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 che, al comma 3 prevede che: “3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende respinta.”, concretizzando una ipotesi di silenzio rifiuto.
La predetta norma regionale, pertanto, viola l’articolo 117, comma 3, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale nella materia “governo del territorio”.
3) L’articolo 28, comma 1, contenente le Disposizioni transitorie, è incostituzionale nella parte in cui prevede l’applicabilità della disciplina previgente “nei confronti delle istanze di permesso di costruire, delle SCIA e delle DIA già presentate e dei procedimenti edilizi e sanzionatori già avviati” alla data di entrata in vigore della legge in esame. Così disponendo, infatti, finiscono per trovare applicazione, ancorché in via transitoria, alcuni articoli abrogati dalla l.r. n. 3/2013 per i quali il Governo, in data 7.6.2012, aveva deliberato l’impugnativa ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. Si tratta, in particolare, degli articoli 37, comma 3; 43, comma 8 e 49, comma 5, L.R. n. 16/2008, come modificati dalla l.r. Liguria n. 9/2012, che erano stati ritenuti in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio e quindi con l’art. 117, co. 3 della Costituzione.
In particolare, l’art. 37, comma 3, della l.r. n. 16/2008, come sostituito dalla l.r. n. 9/2012, era stato ritenuto incostituzionale nella parte in cui, contrastando con la norma statale di principio sul certificato di agibilità di cui all’art. 24, d.P.R. 380/2001 (e quindi in violazione dell’art. 117, co. 3 della Costituzione), prevedeva che, per alcuni interventi edilizi soggetti a DIA obbligatoria o a SCIA, il certificato di agibilità fosse sostituito dal certificato di collaudo finale o dalla comunicazione di fine lavori.
L’art. 43, comma 8, in materia di accertamento di conformità, prevedeva che, in caso di interventi realizzati in assenza o in difformità dalla SCIA e di interventi di restauro e risanamento conservativo eseguiti in assenza o in difformità dalla DIA obbligatoria, la sanatoria fosse ammessa anche nel «caso in cui la conformità urbanistico-edilizia al momento della presentazione dell’istanza di accertamento in conformità sia conseguita alla approvazione di un nuovo piano urbanistico comunale» (art. 43, co. 8, l.r. 16/2008, come modificato dalla l.r. 9/2012). Ciò in contrasto con quanto previsto all’art. 36, comma 1, D.P.R. n. 380/2001, che condiziona il rilascio del permesso in sanatoria alla sussistenza della cosiddetta “doppia conformità”.
Identiche censure erano state mosse dal Governo con riferimento all’art. 49, comma 5, come modificato dall’art. 37, comma 1, della l.r. n. 9/2012, che consentiva, nel caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, DIA alternativa a permesso di costruire o a DIA obbligatoria, la sanatoria anche nel «caso in cui la conformità urbanistico-edilizia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria sia conseguita all’approvazione di un nuovo PUC.».
Poiché la disposizione transitoria conferma la applicabilità delle citate disposizioni, già oggetto di impugnativa, si ripropongono con riferimento alla stessa disciplina transitoria di cui all’art. 28 le censure di incostituzionalità già formulate con riferimento alla disciplina previgente ora richiamata.
Per questi motivi le norme regionali devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione .
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