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Modifica della legge provinciale 19 febbraio 2001, n. 5, “Ordinamento della professione di maestro di sci e delle scuole di sci” e di altre leggi provinciali. (8-3-2013)
Bolzano
Legge n.3 del 8-3-2013
n.11 del 12-3-2013
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
Il Governo, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 18 aprile 2013 ha impugnato alcune norme della legge della Provincia di Bolzano n. 3/2013 , recante “Modifica della legge provinciale 19 febbraio 2001, n. 5, “Ordinamento della professione di maestro di sci e delle scuole di sci” e di altre leggi provinciali.”
In particolare le censure governative si erano appuntate sugli articoli 2 e 3 della legge provinciale.
L’articolo 2 era stato censurato in quanto prevedeva un contributo a fondo perduto a favore del Comune di Badia , che appariva privo di copertura finanziaria , in violazione dell’articolo 81 della Costituzione.
Con l’articolo 2 della l.p. n. 16 /2013 è stata prevista la copertura finanziaria di tale contribuzione, facendo così venir meno, come confermato anche dal competente Ministero dell’Economia e delle Finanze, i motivi dell’impugnativa
L’articolo 3 , sostituiva integralmente l’articolo 44ter della legge provinciale n. 13/1997, così come sostituito dall’articolo 5 dalla l.p. n. 7 /2012. Il Governo aveva censurato i commi 2 e 3 del novellato articolo 44 ter , rilevando che le norme provinciali, rimettendo ai comuni territorialmente competenti la valutazione e la decisione circa l’idoneità all’esercizio del commercio al dettaglio delle aree nelle zone produttive, e stabilendo limitazioni al commercio al dettaglio nelle zone produttive si ponessero in contrasto con il le norme statali di liberalizzazione a tutela della concorrenza di cui art. 31, comma 2, del D.L. n. 201/2011, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, secondo cui costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, eccedendo così dalle competenze provinciali riconosciute dallo Statuto speciale di autonomia per violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
L’articolo 17, comma 1, lettera e) della l.p. n. 10/2014 ha integralmente abrogato la norma oggetto di impugnazione.
In considerazione quindi dell’avvenuta abrogazione della norma censurata e alla luce anche della intervenuta nuova norma di attuazione dello Statuto Speciale di autonomia, adottata con d.lgs. n. 146/2016, che ha consentito alle province autonome di Bolzano e Trento la possibilità di prevedere, in presenza di determinate esigenze, limitazioni a nuovi insediamenti commerciali al dettaglio senza disciminazioni tra gli operatori, si ritiene, su conforme parere del competente Ministero dello Sviluppo economico, che non vi sia interesse a coltivare il ricorso anche su questo punto.
Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno determinato l’impugnativa della legge in oggetto, sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso.
Si propone quindi la rinuncia all'impugnazione legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 3/2013
18-4-2013 /
Impugnata
La legge della provincia di Bolzano, che modifica alcune leggi provinciali in materia di ordinamento della professione di maestro di sci , edilizia abitativa agevolata , urbanistica , di commercio e di agevolazioni nell'ambito di imposte municipali presenta diversi aspetti di illegittimità costituzionale.
In particolare :
1 ) la disposizione contenuta nell’articolo 2 inserisce l’articolo 131-bis nella legge provinciale n. 13/1998 in materia di edilizia abitativa agevolata, concedendo un contributo a fondo perduto per i danni subiti in seguito agli eventi calamitosi nel Comune di Badia nel dicembre 2012. Tale previsione stabilisce una spesa di carattere continuativo e ricorrente che non viene quantificata e i cui relativi mezzi di copertura non vengono indicati, in violazione quindi dell’articolo 81 , quarto comma della Costituzione.
Come affermato dalla Corte Costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 26/2013, le leggi istitutive di nuove spese debbono contenere una «esplicita indicazione» del relativo mezzo di copertura, a tale obbligo non sfuggono le norme regionali e solo per le spese continuative e ricorrenti è consentita l’individuazione dei relativi mezzi di copertura al momento della redazione e dell’approvazione del bilancio annuale.
La fattispecie in esame non è ascrivibile alla categoria delle spese continuative e ricorrenti, le quali sono caratterizzate da una costante incidenza su una pluralità indefinita di esercizi finanziari, e pertanto la norma provinciale, come ciascuna legge che produce nuovi o maggiori oneri, avrebbe dovuto indicare espressamente, per ciascun esercizio coinvolto, il limite di spesa e la specifica copertura .
2)la norma contenuta nell’articolo 3 sostituisce l’articolo 44 ter della legge provinciale n.13/1997, che era stato sostituito dall’articolo 5 della legge provinciale 16 marzo 2012, n. 7, in materia di commercio al dettaglio nelle zone produttive, la cui illegittimità costituzionale è stata dichiarata di recente con sentenza dell’11 marzo 2013, n. 38 dalla Corte Costituzionale.
Al riguardo, si rappresenta che la novella introdotta con l’articolo 3 della legge in esame non risolve i problemi di incostituzionalità già eccepiti sulla norma provinciale precedente in quanto ripropone in buona parte il contenuto dell’articolo previgente dichiarato incostituzionale, confermandosi pertanto come una norma tendenzialmente restrittiva della concorrenza.
In particolare, il comma 2 rimette ai comuni territorialmente competenti la valutazione e la decisione circa l’idoneità all’esercizio del commercio al dettaglio delle aree nelle zone produttive. Tenuto conto della specifica autonomia riconosciuta alla Provincia, del riparto di competenze legislative Stato/Regioni, “stante la scarsità di aree idonee all’esercizio di attività produttive e del commercio all’ingrosso e in considerazione del prevalente interesse generale di salvaguardia delle esigenze dell’ambiente urbano, della pianificazione territoriale e del traffico, degli interessi sociali ambientali e culturali finalizzati all’integrazione del commercio al dettaglio nelle zone residenziali” ed in considerazione delle esigenze di pianificazione territoriale sovra comunale, la Giunta provinciale è quindi delegata ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge medesima, indirizzi, criteri e modalità vincolanti per la valutazione e la decisione circa l’idoneità all’esercizio del commercio al dettaglio nelle zone produttive da parte dei comuni.
Il successivo comma 3 del medesimo articolo 3, stabilisce, sino all'emanazione degli indirizzi e alla decisione circa l'idoneità delle aree, limitazioni commercio al dettaglio nelle zone produttive, riproponendo le medesime disposizioni già contenute nell’articolo 5 della legge provinciale n. 7/2012, dichiarato incostituzionale dalla citata sentenza.
La norma provinciale, dunque, pone vincoli all’apertura di un esercizio commerciale che determinano restrizioni ingiustificate della concorrenza tra gli esercenti riguardo all’insediamento dell’attività commerciale e costituiscono un ostacolo all’adozione di strategie differenziate da parte degli stessi esercenti e, quindi, in ultima analisi, all’ampliamento dell’offerta a beneficio dei consumatori. Si tratta, dunque , di disposizione tendenzialmente restrittiva che, come si desume anche dalla stessa sentenza, n. 38/2013, non può trovare giustificazione nello Statuto di autonomia, che attribuisce alla Provincia competenza primaria in tema (tra l’altro) di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, di urbanistica e piani regolatori, nonché di tutela del paesaggio. Infatti, come stabilito dalla steso Statuto, la potestà della Provincia di emanare norme legislative si esercita entro i limiti indicati dello Statuto medesimo, cioè “in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali (...) nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”.
Ne deriva che, anche in tal caso, risulta violato il disposto dell’art. 31, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il quale deve essere ricondotto nell’ambito della tutela della concorrenza, rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., norma in presenza della quale le competenze delle Regioni, anche a statuto speciale,nonché delle Province autonome in materia di commercio e di governo del territorio non sono idonei ad impedire l’esercizio della detta competenza statale (ex multis: sentenza n. 299 del 2012 della Corte Costituzionale), che assume quindi carattere prevalente.
Né, d’altra parte, le richiamate “esigenze di pianificazione territoriale sovra comunale” possono essere utili a ricondurre la norma nel novero degli interventi di governo del territorio. Come già evidenziato nella sentenza n. 38 del 2013, la normativa in esame è diretta a disciplinare le zone idonee all’esercizio di attività produttive. Tali zone, infatti, sono già in possesso di una vocazione commerciale, onde non si giustifica la compressione dell’assetto concorrenziale del mercato, realizzata attraverso la drastica riduzione della possibilità di esercitare in dette aree il commercio al dettaglio, la cui negativa incidenza sull’ambiente non è, peraltro, individuabile.
Riguardo alla previsione di cui al comma 3, essa rende temporanee (dalla data di entrata in vigore della legge fino all’emanazione degli specifici indirizzi da parte della Giunta provinciale che ha un anno di tempo per emanarli) le specifiche limitazioni merceologiche al commercio al dettaglio nelle zone produttive, che sono già state dichiarate incostituzionali dalla sentenza n.38/2013.
Seppure le linee guida vincolanti che la Giunta provinciale è demandata ad adottare non dovessero tradursi nella violazione dei principi pro-concorrenziali posti dal legislatore nazionale ed anche se in base alla nuova formulazione le specifiche limitazioni merceologiche sono state concepite come temporanee, risulta comunque il carattere restrittivo e limitativo della disposizione che, senza precise prescrizioni, demanda alla Giunta provinciale l’individuazione dì limiti e modalità vincolanti per le future decisioni e valutazioni circa l’idoneità all’esercizio del commercio al dettaglio nelle zone produttive da parte dei comuni.
Inoltre, quand’anche si voglia considerare il carattere transitorio delle disposizioni provinciali in esame, che nella sostanza, prevedono l’adozione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, di un provvedimento di Giunta recante indirizzi e criteri vincolanti per i Comuni chiamati a decidere l’idoneità all’esercizio del commercio al dettaglio delle zone produttive, applicando durante tale periodo i limiti di cui al comma 2 dell’articolo 3, si evidenzia che il termine annuale indicato, peraltro meramente ordinatorio, non appare sufficientemente supportato dalla indicazione di criteri specifici e dettagliati dei quali tenere conto ai fini dell’emanazione del provvedimento provinciale, nonché dalla prescrizione che, in assenza, entro il termine indicato del predetto provvedimento di Giunta, i limiti elencati al comma 3, della medesima norma non siano più applicabili.
Alla luce delle considerazioni esposte le norme provinciali contenute nell’articolo 3, commi 2 e 3, eccedono dalle competenze provinciali riconosciute dallo Statuto speciale di autonomia ponendosi in contrasto con il dettato normativo nazionale preposto alla tutela della concorrenza, configurando quindi la violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
Per questi motivi le norme provinciali devono essere impugnate ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
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