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Legge di stabilità regionale 2023-2025. (22-2-2023)
Sicilia
Legge n.2 del 22-2-2023
n.9 del 1-3-2023
Politiche economiche e finanziarie
20-4-2023 /
Impugnata
La legge della regione siciliana n. 2 del 22 febbraio 2023, recante “Legge di stabilità regionale 2023-2025” presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale.
§§§
L’articolo 9 recante “Modifiche all'articolo 64 della 12 agosto 2014, n. 21", nel modificare l'art. 64 della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21 introduce, dopo il comma 4, il comma 4-bis del seguente tenore: "le disposizioni di cui al comma 4 trovano applicazione anche nei confronti degli enti pubblici regionali e delle aziende sanitarie ed ospedaliere siciliane".
Il richiamato comma 4 della legge regionale del 12 agosto 2014, n. 21 prevede che "Le società di cui al comma 1 dell'articolo 20 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11 e successive modifiche ed integrazioni nonché l' lRFIS FinSicilia S.p.A. e gli organismi strumentali della Regione, con esclusione delle società affidatarie di servizi pubblici che operano in regime di concessione regolata dalla normativa nazionale per sopperire ai propri fabbisogni di personale, non possono procedere a nuove assunzioni se non attingendo all'albo del personale di cui al comma 1 nel rispetto dell'analisi del fabbisogno e della sostenibilità finanziaria in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 20, comma 6, della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11 e successive modifiche ed integrazioni nonché in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 10, della legge regionale 29 dicembre 2008, n. 25 e successive modifiche e integrazioni e, per le qualifiche a basso contenuto professionale, dal bacino 'PIP Emergenza Palermo' di cui all'articolo 68 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9 e successive modificazioni, previo accertamento dell'avvenuto inserimento lavorativo nel Piano di Inserimento Professionale a seguito di procedura selettiva effettuata dai competenti servizi per l'impiego della Regione. Fino all'assunzione dei soggetti di cui al presente articolo da parte delle società a partecipazione pubblica regionale continuano a trovare applicazione agli stessi le misure di sostegno al reddito assicurate dalla vigente normativa in materia. Dall’applicazione della presente norma non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica rispetto alle attuali previsioni della legge regionale 25 maggio 2022, n. 14 e successive modificazioni. L'articolo 62 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3 è abrogato".
Preliminarmente, va ricordato che l'accesso ai ruoli del Servizio sanitario nazionale avviene nel rispetto di apposite procedure concorsuali in conformità alle disposizioni di cui al D.P.R 10 dicembre 1997 n. 483 e al D.P.R. 27 marzo 2001 n. 220.
In generale, l'accesso a tali ruoli è pur sempre governato dalla regola del concorso pubblico - meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito - che costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. Il concorso pubblico è posto, quindi, a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell'azione amministrativa. L'articolo 97 Cost. consente eccezioni a tale regola, purché queste siano disposte con legge e rispondano a «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» (sentenza n. 81/2006 e n. 363/2006). In caso contrario, infatti, la deroga costituirebbe un privilegio a favore di categorie più o meno ampie di persone (sentenza n. 205/2006). Perché sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall'art. 97 Cost., l'area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso.
Tanto premesso, con l’articolo 9 in esame viene introdotto l’obbligo, per le aziende sanitarie e ospedaliere siciliane, di procedere a nuove assunzioni attingendo necessariamente dall' albo del personale di cui al comma 1 dell'art. 64 della L.R. 12 agosto 2014, n. 21, nonché, per le qualifiche a basso contenuto professionale, al bacino “PIP emergenza Palermo”, in tal modo eludendo la regola generale del concorso quale criterio generale – e non derogabile se non nei casi espressamente indicati dalla legge – di accesso ai pubblici impieghi.
La norma in esame si pone, per l’effetto, in contrasto con l'art. 97, quarto comma, della Costituzione, dal momento che non presenta alcun riferimento alle ragioni giustificatrici che legittimerebbero la deroga alla regola dell'assunzione mediante pubblico concorso (cfr. per tutte Corte Cost. sent. 195/2010). Allo stesso modo, non sono sufficientemente delimitati i presupposti per l'esercizio del potere di assunzione, né, l'assunzione risulta subordinata all'accertamento di specifiche necessità funzionali dell'amministrazione, in rapporto a carenze di organico. Non risulta, infine, sempre dal dettato della norma, che siano state in alcun modo previste procedure imparziali e obiettive di verifica e di valutazione dell'idoneità, in grado di garantire la selezione dei migliori.
Si aggiunge, poi, che la prevista obbligatorietà di cui sopra per le predette strutture sanitarie, seppur diretta a sopperire i “propri fabbisogni di personale”, non risulta compatibile con le disposizioni normative in materia di spesa di personale proprie degli enti del Servizio sanitario nazionale che, come è noto, pongono il rispetto di specifici parametri definiti dall’articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 35 del 2019, nonché con la disciplina recata dal d.lgs. n. 165/2001 in materia di reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni. Si rammenta, infatti, che l’articolo 35 del citato decreto legislativo prevede che il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni avviene tramite procedure selettive volte all'accertamento della professionalità richiesta nel rispetto del principio costituzionale della obbligatorietà del concorso pubblico per l'accesso all'impiego presso le pubbliche amministrazioni (art. 97 della Costituzione).
Si fa presente, inoltre, che ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) solo le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, “in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l'utilizzo delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell'amministrazione interessata e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili […]”.
Ciò detto, tenuto conto che le aziende sanitarie ed ospedaliere destinatarie dell’intervento regionale in parola non appaiono essere titolari “di partecipazioni di controllo” delle società partecipate di cui al citato articolo 64 della legge regionale n. 21 del 2014, la norma regionale in esame deroga alle specifiche disposizioni dettate dalla normativa di settore sopra menzionata, nonché alla disciplina recata dalla richiamata normativa nazionale, ponendosi così in contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).
Va, inoltre, ricordato l’insegnamento della Corte Costituzionale secondo cui la regolamentazione dell'accesso ai pubblici impieghi mediante concorso è riferibile all'ambito della competenza esclusiva statale, sancita dall'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. (cfr sentenza n. 4 del 2004) e che le eccezioni alla regola generale del concorso pubblico debbono rispondere a «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» (sentenza n. 81/2006).
Si aggiunge, infine, che le criticità sopra rilevate non risultano superate dai chiarimenti forniti dalla Regione siciliana – secondo cui l’art. 9 in parola “disponendo l’obbligatorietà da parte degli Enti di attingere all’albo del personale di cui al Bacino PIP emergenza Palermo in casi di assunzioni di personale si riferisce, in particolare, a qualifiche a basso contenuto professionale e non certo alle qualifiche che richiedono specifiche professionalità e requisiti, per le quali dovrà essere predisposto apposito concorso pubblico”.
Invero, emerge che la Regione ha esteso alle aziende sanitarie e ospedaliere il regime assunzionale previsto dal comma 4 dell’art. 64 della LR 21/2014 per le società partecipate le quali, in deroga ai divieti assunzionali disposti per esigenze di razionalizzazione, furono poi dallo stesso legislatore siciliano autorizzate a procedere a nuove assunzioni attingendo al predetto l'albo dei dipendenti delle medesime società poste in liquidazione ed al c.d. Bacino PIP.
Pur non volendo considerare la scarsa chiarezza delle ragioni sottese all’intervento legislativo ex art. 9 in esame che equipara, quanto alle modalità di reclutamento, aziende sanitarie e società partecipate (va segnalato, oltretutto, che il regime di reclutamento previsto per queste ultime ex art. 64 cit. in ragione di contingenze a suo tempo rilevanti potrebbe dirsi non più legittimo alla luce della disciplina introdotta dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175), resta applicabile, alla fattispecie in esame, il disposto dell’art. 35 del d.lgs. 165/2001 «L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro: a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno; b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.»
Alla luce di tutto quanto sopra e per i motivi ivi indicati, l’articolo 9 della legge regionale in esame è illegittimo per violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dell’art. 117, secondo comma, lettera g) e lettera l), della Costituzione.
§§§
Articolo 26: commi 78, 79 e 80 – le disposizioni autorizzano la società Servizi ausiliari Sicilia (SAS) ad attivare le procedure per la quiescenza anticipata del personale (comma 78) e a stipulare accordi transattivi per la corresponsione di tutte le competenze contrattualmente previste e spettanti, riconoscendo ai soggetti interessati una somma una tantum a titolo di integrazione al trattamento di fine rapporto, pari al 40 per cento dell'ultimo stipendio percepito, riferito al periodo intercorrente tra la data del raggiungimento del requisito contributivo per l'accesso alla pensione anticipata e la data di conseguimento della pensione di vecchiaia (comma 79). Per tali finalità è autorizzata, per l'esercizio finanziario 2023, la spesa complessiva massima di 360 migliaia di euro.
Al riguardo, va osservato che dalle citate procedure per la quiescenza anticipata del personale SAS derivano maggiori oneri pensionistici e previdenziali per la finanza pubblica che non risultano quantificati e compensati, e, pertanto, le disposizioni in questione vanno impugnate per contrasto con l’articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
§§§
Articolo 36 - è volto, in particolare, a procrastinare al 30 aprile 2023 il termine ultimo, previsto all’articolo 1 della legge regionale 21 luglio 2021, n. 17, come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge regionale 3 agosto 2021, n. 22, per la presentazione delle istanze di proroga delle concessioni demaniali marittime, ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale 14 dicembre 2019, n. 24, il quale sancisce l’estensione delle concessioni demaniali marittime in essere al 31 dicembre 2018 fino alla data del 31 dicembre 2033 “in conformità alle previsioni dei commi 682 e 683 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145”.
Ciò posto, si evidenzia che i citati commi 682 e 683 dell’articolo 1 della legge n. 145/2018sono stati abrogati dall’articolo 3, comma 5, lettera a), della legge 05 agosto 2022, n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021), per l’incompatibilità con l’ordinamento unionale delle proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative ivi contemplate.
Pertanto - poiché attraverso il rinvio all'articolo 1 della legge regionale n. 17/2021, che, a sua volta, rimanda all’articolo 1, comma 1, della legge regionale n. 24/2019, l’articolo 36 della legge regionale n. 2/2023 in esame corrobora la proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2033 - l’articolo 36 in questione va impugnato per violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario sancito dall’articolo 117, primo comma, della Costituzione.
Da ultimo, si segnala che il 20 marzo 2023 la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) (com. n. 61) nella sentenza di cui alla causa C-348/22 (ricorso dell'Autorità garante della concorrenza ed il mercato contro il Comune di Ginosa - TA) ha ribadito che "le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente" e che "i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell'Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse". Con la sentenza in questione, la CGUE dichiara:
- in primo luogo, che "la direttiva [servizi] si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all'interno di un solo Stato membro".
- in secondo luogo, "il diritto dell'UE non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un'analisi del territorio costiero del comune in questione. E' necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati".
- in terzo luogo, "dall'esame non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Poiché, da un lato, il fondamento giuridico di un atto deve basarsi sul suo scopo e sul suo contenuto e, dall'altro, la direttiva ha l'obiettivo di agevolare l'esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, il Consiglio ha correttamente deliberato a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato", si legge nella parte che riguarda la procedura con cui è stata approvata la direttiva servizi.
Lo stato italiano nel 2018 aveva prorogato le concessioni fino al 31 dicembre 2033, disposizione dopo la quale il comune di Ginosa ha prorogato le concessioni di propria competenza. Su questo l'Agcm ha ricorso al TAR, ritenendo che il Comune violasse i principi di concorrenza e libertà di stabilimento, e il ricorso è stato oggetto di rinvio pregiudiziale alla CGUE. Per i giudici eurounitari "l'obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un'autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Poiché tali disposizioni sono produttive di effetti diretti, i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi alle stesse".
§§§
L'articolo 38 della legge regionale in oggetto introduce un nuovo comma all'art. 24 della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14 (modifiche ed integrazioni alla legge regionale 6 maggio 1981, n. 98: norme per l 'istituzione nella Regione di parchi e riserve naturali).
In particolare dopo il comma 4 dell'art. 24 della citata l.r. 14/1988 viene aggiunto il seguente comma 4-bis: "In tutto il territorio del Parco sono consentite opere finalizzate alla ricerca scientifica proposte da agenzie nazionali e dichiarate di interesse strategico dalla Giunta regionale, in deroga alle disposizioni di vincolo previste dallo Statuto del Parco".
Al riguardo, in primo luogo, si osserva che, con la norma in esame, viene introdotta, al fine di consentire la realizzazione di opere finalizzate alla ricerca scientifica, una deroga ai vincoli presenti nella disciplina del parco facendo espresso riferimento ai vincoli previsti dal suo statuto.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 9 della l. 394/1991 - legge quadro sulle aree protette, “lo statuto dell’Ente parco definisce l’organizzazione interna, le modalità di partecipazione popolare e le forme di pubblicità degli atti ".
Eventuali disposizioni di vincolo previste nello Statuto dell’Ente parco, tuttavia, non sono affatto esaustive ai fini della tutela del bene paesaggistico, rappresentando ove presenti, la mera riproposizione di disposizioni previste da altre fonti normative.
In ragione di quanto sopra, la norma in esame, nel prevedere che si possano realizzare opere " ... in deroga alle disposizioni di vincolo previste dallo Statuto del parco", può risultare priva di effetti e la sua incoerenza e ambiguità è censurabile sotto il profilo della certezza del diritto.
Si ricorda, al riguardo, come la giurisprudenza costituzionale (ex multis, la sentenza n. 107 del 2017), abbia evidenziato che ambiguità, incoerenza e opacità possono ingenerare grave incertezza e determinare un cattivo esercizio delle funzioni affidate alla cura della pubblica amministrazione.
La Corte costituzionale ha poi affermato che possono risultare costituzionalmente illegittime per irragionevolezza le «norme statali dal significato ambiguo, tali da porre le Regioni in una condizione di obiettiva incertezza, allorché a norme siffatte esse debbano attenersi nell'esercizio delle proprie prerogative di autonomia». Secondo la Corte costituzionale, questa considerazione vale, a maggior ragione, nel caso in cui l'ambiguità riguardi una disposizione regionale «foriera di sostanziali dubbi interpretativi che rendono concreto il rischio di un'elusione del principio fondamentale stabilito dalla norma statale» perché in questo caso l'esigenza unitaria sottesa al principio fondamentale è pregiudicata dal significato precettivo non irragionevolmente desumibile dalla disposizione regionale.
Sotto altro profilo, la disposizione in esame, introducendo una generica deroga alle disposizioni di vincolo insistenti sui parchi, presenta ulteriori profili di incostituzionalità, dal momento che si pone in contrasto con la previsione del vincolo ex lege di cui all'art. 142 del d.lgs. 42/2004 - Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Infatti, per quanto la regione Siciliana abbia competenza legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio, nonché di conservazione delle antichità e delle opere artistiche, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lett. n), dello Statuto di autonomia, tale competenza si esplica, secondo lo stesso Statuto "nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano".
Il particolare grado di autonomia riconosciuto in materia alla regione Siciliana trova un preciso limite nell'art. 9 della Costituzione e nelle previsioni del d.lgs. 42/2004, qualificabili come "norme di grande riforma economico-sociale", che si impongono anche alle Autonomie speciali (Corte Cost., n. 238 del 2013).
La disciplina statale volta a proteggere il paesaggio funge quindi da "limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza", salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevata nell'esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che concorrano con quella dell'ambiente (Corte Cost. n. 199 del 2014; nello stesso senso, Corte Cost. n. 246 e n. 145 del 2013, n. 67 del 2010, n. 104 del 2008, n. 378 del 2007)
Alla luce di tutto quanto sopra e per i motivi ivi indicati, l’articolo 38 della legge regionale in esame è illegittimo per violazione dell’articolo 3 della Costituzione e dell’art. 9 Cost con riferimento alla violazione del parametro interposto di cui all'art. 142 del d.lgs. 42/2004, in relazione all'art. 14, comma 1, lett. n), dello Statuto di autonomia.
§§§
Articolo 48 - La disposizione in esame prevede l’istituzione, presso il Museo regionale dei relitti greci sito a Gela, del Centro di restauro del legno bagnato, laboratorio tecnico-scientifico del Centro regionale per la progettazione, il restauro e per le scienze naturali ed applicate ai beni culturali di cui all'articolo 9, comma 2, della legge regionale 1° agosto 1977, n. 80, specializzato nel trattamento e nel restauro dei legni imbibiti di interesse archeologico e culturale, che esplica attività di studio, di ricerca scientifica e tecnologica, di conservazione e di restauro attraverso la realizzazione di interventi altamente qualificati.
Al riguardo, si osserva che la norma in esame è suscettibile di comportare oneri aventi carattere continuativo e permanente nel tempo non quantificati e privi della relativa copertura finanziaria, e, pertanto, va impugnato per contrasto con l’articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
§§§
Articolo 55 - La disposizione modifica il comma 9 dell’articolo 36 della legge regionale n. 9/2021, concernente "Norme in materia di stabilizzazione e fuori uscita personale ASU", finalizzate a favorire l'assunzione a tempo indeterminato delle categorie di lavoratori di cui all'articolo 2, comma 1, del d.lgs. 81/2000 (soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili), nonché all’articolo 3, comma 1, del d.lgs. n. 280/1997 (soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità). La modifica introdotta fa venire meno la delibera della Giunta regionale, preventiva al decreto del Ragioniere generale regionale, che, su proposta del dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attività formative, dovrebbe operare le variazioni di bilancio conseguenti all’intervento previsto dal citato articolo 36.
Al riguardo, si rappresenta che l’articolo 36 della legge regionale n. 9/2021 è stato impugnato con Delibera del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2021 dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell’articolo 127 della Cost. per la violazione di alcuni parametri costituzionali.
Si rammenta che la diposizione impugnata, al comma 1, intendeva estendere l'applicazione delle misure di cui all'articolo 1, commi da 292 a 296, della legge 30 dicembre 2020 n. 178, ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'articolo 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, sconfinando apertamente al di fuori della competenza legislativa riservata alla Regione, con violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. Inoltre, con riferimento alla copertura finanziaria dell’intervento, di cui successivo comma 7 del medesimo articolo 36, è stato rilevato il contrasto con l'articolo 38 del d.lgs. n. 118/2011 e la conseguente violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione in materia di “armonizzazione dei bilanci pubblici” e dell’articolo 117, terzo comma, in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Orbene, la disposizione in esame afferisce un aspetto meramente procedurale nell’ambito del procedimento autorizzatorio delle variazioni di bilancio previste dal già menzionato articolo 36 della legge regionale n. 9/2021.
Sul punto, stante la correlazione tra il predetto procedimento autorizzatorio delle variazioni di bilancio e l’intervento censurato dinanzi la Corte Costituzionale, la sopravvivenza della modifica normativa in esame risulta subordinata alla definizione del giudizio costituzionale, che involge l’intero articolo 36 della legge regionale n. 9/2021 e l’articolo 55 in esame va impugnato per ragioni di connessione con il giudizio pendente innanzi alla Corte Costituzionale.
§§§
Articoli: 1,comma 4 e 5; 5; 10; 60; 61; 62; 63; 66; 67; 68; 69; 70; 71; 74; 76; 79; 81; 82; 84; 85; 92; 94, comma 3; 95; 101; 102; 103; 104; 105; 106; 107; 108; 109; 110; 111 commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10; 112; 113; 114; 115 e 116, comma 1; nonchè articoli 72; 73; 75 e 116, comma 4.
L’art. 116 della legge regionale in esame detta disposizioni in materia di procedure per l'attuazione degli interventi a valere su risorse extra-regionali. In particolare, il comma 1 stabilisce che: “1. Ai fini dell'attuazione degli interventi di cui agli articoli 1, 5, 10, 60, 61, 62, 63, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 74, 76, 79, 81, 82, 84, 85, 92, 94 comma 3, 95, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111 commi 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, e 10, 112, 113, 114 e 115, il Governo della Regione provvede, entro centoventi giorni dalla delibera CIPESS di attribuzione delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027, ad avviare la relativa programmazione, previa verifica di coerenza degli interventi medesimi con le procedure di gestione, le linee di intervento e le finalità previste dalla normativa di riferimento”.
A tal proposito, con riguardo alle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027, la Regione Siciliana risulta assegnataria di risorse pari a 237.096.977,23 - giusta delibera CIPESS n. 79/2021 - destinate alla realizzazione degli specifici interventi elencati nella delibera medesima.
Tanto premesso, taluni tra gli interventi per i quali la Regione intende utilizzare le risorse relative al citato Fondo di Sviluppo e Coesione potrebbero presentare criticità, in quanto andrebbe verificata la conformità della natura della spesa con gli stanziamenti di conto capitale di cui al Fondo di sviluppo e coesione (a titolo esemplificativo: le spese per il personale alle dipendenze del dipartimento regionale Azienda regionale foreste demaniali e del Comando del Corpo forestale; i contributi alle imprese per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato nel corso dell'anno 2023; l’abbattimento degli interessi passivi dei finanziamenti delle aziende agricole di produzione e trasformazione).
Circa l’articolo 116, comma 1, in esame, si fa in particolare presente che le misure ivi previste sono imputate genericamente al Fondo sviluppo e coesione 2021-2027 senza specificazioni circa lo strumento di programmazione attuativo, a titolarità della Regione Sicilia, che assicuri la copertura delle predette misure, nonché la coerenza degli interventi menzionati.
Infatti, le disposizioni in argomento indicano, a copertura della spesa quantificata, risorse del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027 non ancora nella disponibilità dell’Amministrazione, atteso che i Piani di sviluppo e coesione afferenti al periodo di programmazione indicato non sono stati ancora approvati. In proposito, si evidenzia inoltre che le risorse assegnate in base a Delibera CIPESS n. 79/2021 risultano già vincolate ai progetti specificati che non risultano riconducibili alle destinazioni indicate dalle disposizioni. Nel merito, quindi, le richiamate disposizioni risultano prive della necessaria copertura finanziaria in quanto stabiliscono delle spese e assegnano risorse a molteplici soggetti, prevedendo la copertura finanziaria su risorse nazionali (FSC 2021- 2027) allo stato stanziate su un capitolo del bilancio dello Stato, non programmate, né tantomeno assegnate alle Amministrazioni titolari del Piani di sviluppo e coesione (PSC). Tali risorse, peraltro, devono essere necessariamente assegnate agli interventi nell’ambito degli strumenti amministrativi di programmazione e gestione dei piani di interventi previsti dalla normativa nazionale vigente e in coerenza con gli obiettivi strategici complessivi che saranno stabiliti in sede CIPESS. Pertanto, tali risorse non possono essere considerate nella disponibilità della Regione Siciliana e non può essere fatta gravare sulle stesse una condizione sospensiva di utilizzo.
Per quanto innanzi rappresentato, va proposta l’impugnativa delle disposizioni in esame: articolo 1, commi 4 e 5, articoli 5, 10, 60, 61, 62, 63, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 74, 76, 79, 81, 82, 84, 85, 92, 94, comma 3, 95, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111 commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, 112, 113, 114, 115 e 116, comma 1, per violazione dell’articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
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Con particolare riferimento all’articolo 1, commi 4 e 5, sopra indicato, si fa più in particolare presente quanto segue.
Articolo 1, comma 4 – ridetermina la dotazione del fondo per investimenti dei comuni previsto dalla legge regionale n. 5 del 2014, articolo 6, comma 5, in 115.000 migliaia di euro per l'anno 2023, in 120.000 migliaia di euro per l'anno 2024 ed in 125.000 migliaia di euro per l'anno 2025, indicandone la relativa copertura a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021- 2027 (Missione 18, programma 1). In relazione a tale disposizione nel prospetto allegato di cui all’articolo 119 della legge regionale in oggetto - che indica gli effetti della manovra finanziaria regionale per il triennio 2023-2025 - vengono quantificate minori spese per 110 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 considerate a copertura degli oneri derivanti dalla legge in esame, di prevalente natura corrente. Nello specifico, la Regione, rispetto alla precedente dotazione del Fondo di cui trattasi, pari a 110 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, procede all’azzeramento dello stanziamento di bilancio in quanto prevede che alla relativa copertura si provveda a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027 (Missione 18, programma 1) e non più con le risorse regionali, con ciò facendo venir meno peraltro il requisito di aggiuntività delle risorse FSC.
Al riguardo, come in precedenza rappresentato, si segnala che la disposizione risulta priva della necessaria copertura finanziaria in quanto stabilisce la spesa e assegna risorse, prevedendo la copertura finanziaria su risorse nazionali (FSC 2021-2027) allo stato stanziate su un capitolo del bilancio dello Stato, non programmate, né tantomeno assegnate alle Amministrazioni titolari del Piani di sviluppo e coesione (PSC). Tali risorse, peraltro, devono essere necessariamente assegnate agli interventi nell’ambito degli strumenti amministrativi di programmazione e gestione dei piani di interventi previsti dalla normativa nazionale vigente e in coerenza con gli obiettivi strategici complessivi che saranno stabiliti in sede CIPESS. Pertanto, tali risorse non possono essere considerate nella disponibilità della regione Siciliana e non può essere fatta gravare sulle stesse una condizione sospensiva di utilizzo.
Per quanto rappresentato, la disposizione in esame va impugnata per violazione dell’articolo 81, terzo comma, della Costituzione. Peraltro, si segnala che la norma in esame, distraendo risorse regionali destinate agli investimenti dei comuni per dare copertura a spese di natura corrente, non risulta coerente con l’Accordo Stato-Regione Siciliana del 14 gennaio 2021, il quale prevede l’obbligo per la Regione di adottare specifici impegni di contenimento e di riqualificazione della spesa regionale mediante la riduzione strutturale della spesa corrente.
Articolo 1, comma 5 – dispone che il contributo sulle spese in conto capitale, di cui al comma 1 dell'articolo 7 della legge regionale n. 5/2014 per garantire il funzionamento delle province, è finanziato a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027 ed è determinato in 50.000 migliaia di euro per l'anno 2023, in 55.000 migliaia di euro per l'anno 2024 e in 60.000 migliaia di euro per l'anno 2025 (Missione 18, programma 1), di cui 5.000 migliaia di euro per ciascun anno da destinare ai liberi Consorzi comunali che alla data del 30 dicembre 2021 risultano in dissesto finanziario.
Al riguardo, si rappresenta che la disposizione risulta priva della necessaria copertura finanziaria in quanto stabilisce la spesa e assegna risorse, prevedendo la copertura finanziaria su risorse nazionali (FSC 2021-2027) allo stato stanziate su capitolo del bilancio dello Stato, non programmate, né tantomeno assegnate alle Amministrazioni titolari del Piani di sviluppo e coesione (PSC). Tali risorse, peraltro, devono essere necessariamente assegnate agli interventi nell’ambito degli strumenti amministrativi di programmazione e gestione dei piani di interventi previsti dalla normativa nazionale vigente e in coerenza con gli obiettivi strategici complessivi che saranno stabiliti in sede CIPESS. Pertanto, tali risorse non possono essere considerate nella disponibilità della regione Siciliana e non può essere fatta gravare sulle stesse una condizione sospensiva di utilizzo.
Per quanto rappresentato, la disposizione in esame va impugnata per violazione dell’articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
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Il successivo comma 4 dell’articolo 116 in esame stabilisce che: “4. Ai fini dell'attuazione degli interventi di cui agli articoli 72, 73 e 75, il Governo della Regione provvede, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad avviare la riprogrammazione delle linee di intervento a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, previa verifica di coerenza dei medesimi interventi con le procedure di gestione, le linee di intervento e le finalità previste dalla normativa di riferimento”.
In relazione ai predetti articoli 72, 73 e 75 prevede interventi per i quali la legge regionale medesima dispone una riprogrammazione a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 per complessivi 2,1 milioni di euro.
Tale forma di copertura non risulta assentibile, in quanto, oltre a quanto di seguito evidenziato in ordine alle procedure di programmazione, ai sensi dell’articolo 44, commi 7, lett. b), e 7-bis), del decreto legge n. 34 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, allo spirare dei termini ivi previsti sulle risorse FSC 2014-2020 relative ad interventi privi di obbligazioni giuridicamente vincolanti che risultano definanziati sono imputate le riduzioni degli stanziamenti recate dall’articolo 58 del decreto legge n. 50 del 2022. A tale finalità, qualora i definanziamenti risultino inferiori alle riduzioni, sono destinate anche le risorse FSC 2014-2020 ancora non programmate. Allo stato, pertanto, non è più possibile procedere a rimodulazioni dei PSC.
Per quanto rappresentato, va proposta l’impugnativa delle disposizioni di cui agli articoli 72, 73, 75 e 116, comma 4, in esame, per violazione dell’articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
Sotto altro profilo, le disposizioni di cui commi 1 e 4 dell’art. 116, nel prevedere l’avvio della riprogrammazione delle risorse per strumenti di intervento finanziario e incentivi economici in favore delle imprese siciliane, per trasferimenti in favore degli enti locali e, in generale, per iniziative di sostegno all'economia regionale previsti dalle norme ivi richiamate, si pongono anche in contrasto:
a) con la disciplina relativa alle finalità perseguibili mediante le risorse del fondo e le modalità di impiego dello stesso, come definite dall’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, dall’articolo 33, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183, nonché dall’articolo 44 del decreto – legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58;
b) relativamente all’utilizzazione delle risorse relative al Fondo di Sviluppo e Coesione 2014 – 2020, con la normativa nazionale che contiene sia l’indicazione del termine (31 dicembre 2022) entro il quale devono essere assunte le c.d. obbligazioni giuridicamente vincolanti a pena di definanziamento dell’intervento, con alcune eccezioni specificamente individuate1, sia la disciplina delle modalità attraverso cui assicurare, a valere sulle risorse della nuova programmazione FSC 2021 – 2027, il completamento degli interventi già finanziati dalla precedente programmazione purché alla data del 31 dicembre 2022, “risultino pubblicati i bandi o avvisi per l'affidamento dei lavori ovvero per l'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, siano stati inviati gli inviti a presentare le offerte per l'affidamento dei lavori ovvero per l'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori”.
L’evidenziato contrasto, è ancor più evidente, in quanto il riferimento, rispettivamente, al Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) 2021-2027, da parte del comma 1, e al Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, da parte del comma 4, risulta del tutto generico, avuto riguardo alla necessità di una precisa imputazione delle spese; del resto, anche la condizione, quale formula posta in entrambi i commi, della “previa verifica di coerenza dei medesimi interventi con le procedure di gestione, le linee di intervento e le finalità previste dalla normativa di riferimento”, non chiarisce espressamente quali saranno gli effetti di un esito negativo della verifica stessa.
Alla luce delle considerazioni che precedono, la sopra menzionata disciplina regionale è incompatibile con la disciplina relativa alle finalità e alle modalità di impiego delle risorse del Fondo di sviluppo coesione, contenuta nell’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, nell’articolo 33, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183, nonché nell’articolo 44 del decreto – legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e, per quanto concerne l’utilizzazione, oltre il termine del 31 dicembre 2022, delle risorse relative al Fondo FSC 2014 – 2020 anche con quelle contenute nell’articolo 44, commi 7 – bis, 7 – ter e 7 – quater, del citato decreto – legge n. 34 del 2019 e nell’articolo 53 del decreto – legge n. 13 del 2023, tutte recanti principi fondamentali in materia di coordinamento di finanza pubblica (con conseguente violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione) e attuative della riserva di legge statale di cui agli articolo 117, secondo comma, lettera e) e articolo 119, quinto della Costituzione, in materia di finanziamento degli interventi finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni da parte dei Comuni o agli altri enti parimenti indicati dalla norma costituzionale.
Al riguardo, si richiama la giurisprudenza della Corte costituzionale che, “per un verso, ha elaborato una nozione ampia di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, per altro verso, ha precisato come la piena attuazione del coordinamento della finanza pubblica possa far sì che la competenza statale non si esaurisca con l'esercizio del potere legislativo, ma implichi anche «l'esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo» (sentenza n. 376 del 2003; in senso conforme, sentenze n. 112 del 2011, n. 57 del 2010, n. 190 e n. 159 del 2008). Questa Corte ha messo pure in rilievo il carattere "finalistico" dell'azione di coordinamento e, quindi, l'esigenza che «a livello centrale» si possano collocare anche «i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento» venga «concretamente realizzata» (sentenza n. 376 del 2003, già citata). Si deve pure ricordare come questa Corte abbia ritenuto, con giurisprudenza costante, che i principi fondamentali fissati dalla legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica siano applicabili anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome (ex plurimis, sentenze n. 120 del 2008, n. 169 del 2007).” (cfr. Corte cost., 22 luglio 2011, n. 229; si vedano anche, nel senso dell’applicabilità delle norme di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica anche alle Autonomie speciale, le sentenze della Corte costituzionale n. 172 del 2018 e n. 201 del 2022 (quest’ultima relativa alla Regione Siciliana).
Alla luce di tutto quanto sopra e per i motivi ivi indicati, gli articoli 1 (limitatamente al comma 4 ed al comma 5), 5, 10, 60, 61, 62, 63, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 74, 76, 79, 81, 82, 84, 85, 92, 94, comma 3, 95, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111 commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, 112, 113, 114, 115 e 116, comma 1, da un parte, e gli articoli 72, 73, 75 e 116, comma 4, della norma regionale in esame si pongono in contrasto con l’articolo 81, terzo comma Cost, ed in contrasto con la disciplina relativa alle finalità e alle modalità di impiego delle risorse del Fondo di sviluppo coesione contenuta nelle disposizioni legislative sopra citate, tutte recanti principi fondamentali in materia di coordinamento di finanza pubblica (con conseguente violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione) e attuative della riserva di legge statale di cui agli articolo 117, secondo comma, lettera e) e articolo 119, quinto comma, della Costituzione, in materia di finanziamento degli interventi finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni da parte dei Comuni o agli altri enti parimenti indicati dalla norma costituzionale.
All’uopo, conclusivamente, si ricorda che, proprio in relazione ad un ricorso proposto in via principale dalla Regione Siciliana relativamente al fondo FSC, la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare quanto segue: “Sostituendosi al "Fondo per le aree sottoutilizzate" di cui all'art. 61 della L. 27 dicembre 2002, n. 289, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)", il FSC trova la sua disciplina istitutiva nel D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della L. 5 maggio 2009, n. 42), attraverso cui il legislatore statale si è proposto, "in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione", di "promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona" (art. 1).
Specifico obiettivo del FSC è dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale appunto rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Esso è perciò da considerarsi, come peraltro afferma la stessa disciplina istitutiva, strumento per l'attuazione dell'art. 119, quinto comma, Cost., a tenore del quale "per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni".
Questa Corte ha già avuto modo di indicare le condizioni al ricorrere delle quali un finanziamento statale può correttamente ricondursi all'ambito di applicazione della disposizione costituzionale ricordata, condizioni "la cui assenza renderebbe il ricorso a finanziamenti statali ad hoc "uno strumento indiretto ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi
governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza"" (sentenza n. 189 del 2015).
Anzitutto, deve trattarsi di interventi "aggiuntivi rispetto al finanziamento normale delle funzioni amministrative spettanti all'ente territoriale (art. 119, quarto comma, Cost.)"; in secondo luogo, tali interventi "devono riferirsi alle finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o comunque a "scopi diversi" dal normale esercizio delle funzioni". Infine, è richiesto che le risorse in questione siano indirizzate "non già alla generalità degli enti territoriali, bensì a determinati enti territoriali o categorie di enti territoriali" (sentenza n. 189 del 2015; in senso conforme, sentenze n. 79 del 2014, n. 273, n. 254 e n. 46 del 2013 e n. 176 del 2012).
Il fondo di cui si discute presenta le caratteristiche in parola. Le sue finalità sono senza dubbio riconducibili a quelle indicate dall'art. 119, quinto comma, Cost., perché ricorre il carattere aggiuntivo delle risorse che esso mette a disposizione, mirate a finanziare "interventi speciali dello Stato e l'erogazione di contributi speciali" (così l'art. 4 del D.Lgs. n. 88 del 2011). Gli interventi a valere sul fondo, inoltre, non sono indistintamente indirizzati a tutte le amministrazioni territoriali: il fondo stesso è infatti ripartito in modo diverso tra le aree del Paese, anzitutto al fine di consentire specifici interventi nelle Regioni del Mezzogiorno.
L'art. 119, quinto comma, Cost. assegna genericamente allo "Stato" il compito di soddisfare le esigenze di riequilibrio economico e sociale in esso indicate e di destinare allo scopo le necessarie risorse di carattere aggiuntivo e speciale. È invece l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ad attribuire al solo legislatore statale il compito di disciplinare tali forme di finanziamento, nell'ambito delle "competenze statali in materia di perequazione finanziaria" (sentenze n. 143 del 2017 e n. 16 del 2010). In definitiva, le due disposizioni costituzionali si integrano, componendo una chiara cornice di riferimento costituzionale. ” (cfr. Corte cost., 24 settembre 2021, n. 187).
§§§
Articoli 64; 86; 87; 88; 26, comma 15; 65; 77; 78; 90; 91; 94, commi 1 e 2; 96; 97; 98; 99; 100; 11; 80; 83; 111, comma 2; e 116, commi 2, 3 e 5.
Articolo 116, commi 2, 3 e 5 – i commi in esame richiamano le disposizioni della legge regionale in oggetto che stabiliscono assegnazioni di risorse e determinano oneri, alla cui copertura finanziaria si provvede:
- comma 2: avviando, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la riprogrammazione sui Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) 2021-2027, previa verifica di coerenza dei medesimi interventi con le procedure di gestione, le linee di intervento e le finalità previste dalla normativa dell'Unione europea, con riferimento all’attuazione degli interventi di cui agli articoli 64, 86, 87 e 88;
- comma 3: avviando, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la riprogrammazione del Programma Operativo Complementare 2014-2020, previa verifica di coerenza dei medesimi interventi con le procedure di gestione, le linee di intervento e le finalità previste dalla normativa di riferimento, ai fini dell'attuazione degli interventi di cui agli articoli 26 comma 15, 65, 77, 78, 90, 91, 94 commi 1 e 2, 96, 97, 98, 99 e 100;
- comma 5: individuando, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, nell'ambito della politica unitaria di coesione, il programma operativo o il fondo nazionale attraverso cui attuare gli interventi previsti agli articoli 11, 80, 83 e 111, comma 2 e avviando, previa verifica di coerenza con le procedure di gestione, la programmazione o la riprogrammazione di linee di intervento avviate.
Al riguardo, non risultando elementi per valutare la idoneità e la congruità della copertura finanziaria degli oneri recati dai citati articoli 64, 86, 87, 88, 26, comma 15, 65, 77, 78, 90, 91, 94, commi 1 e 2, 96, 97, 98, 99, 100, 11, 80, 83, 111, comma 2, e 116, commi 2, 3 e 5, individuata dalla Regione mediante programmazione o riprogrammazione dei richiamati fondi, le disposizioni appena richiamate, in quanto determinano oneri non quantificati, o comunque, la cui copertura sia certa, precisa e attendibile, vanno impugnate per violazione dell’articolo 81, comma 3, della Costituzione.
§§§
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, la legge regionale in parola, negli articoli sopra indicati, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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