Dettaglio Legge Regionale

Sardegna
n.32 del 11-7-2013
Politiche ordinamentali e statuti
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA IMPUGNATIVA

Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 2 agosto 2013 è stata impugnata, da parte del Governo, la deliberazione statutaria, pubblicata in seconda lettura sul BUR n. 32 dell'11luglio 2013, recante: "Legge statutaria elettorale ai sensi dell'art. 15 dello Statuto speciale per la Sardegna".

E' stata sollevata questione di legittimità costituzionale in quanto la disposizione di cui all'articolo 22, 3° comma, prevedendo che "Il Presidente della Regione che si sia dimesso dalla carica determinando la cessazione anticipata della legislatura non può in ogni caso essere nuovamente candidato al successivo turno elettorale regionale", viola, oltre al principio di ragionevolezza costituzionalmente garantito, gli articoli 3 e 51 della Costituzione, in relazione al principio di uguaglianza, nella importante materia della accessibilità alle cariche elettive, dal momento che determinerebbe una disparità di trattamento rispetto alle altre regioni, tenute ad una sostanziale uniformità secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Successivamente la Regione Sardegna, con il testo di legge statutaria, approvata ai sensi dell'articolo 15 dello Statuto speciale in data 28 agosto 2013, a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio regionale, pubblicato sul BUR n. 40 del 5 settembre scorso, ha inteso adeguarsi ai rilievi formulati dal Governo, abrogando la norma censurata (art. 1).

Si ritiene quindi, che siano venuti meno i motivi oggetto del ricorso avanti la Corte Costituzionale e che, pertanto, ricorrano i presupposti per rinunciare all'impugnativa.
2-8-2013 / Impugnata
La legge statutaria elettorale in esame presenta vizi di illegittimità costituzionale in riferimento all'articolo 22, comma 3, ove prevede che "Il Presidente della Regione che si sia dimesso dalla carica determinando la cesazione anticipata della legislatura non può in ogni caso essere nuovamente candidato al successivo turno elettorale regionale".

Tali disposizioni violano, oltre al principio di ragionevolezza costituzionalmente garantito, gli articoli 3 e 51 della Costituzione, in relazione al principio di uguaglianza, nella importante materia della accessibilità alle cariche elettive, dal momento che determinerebbe una disparità di trattamento rispetto alle altre regioni, tenute ad una sostanziale uniformità secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale.

L'articolo 51 della Costituzione, infatti, "garantisce a tutti i cittadini… il diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. "

La Corte Costituzionale ha - in numerose sentenze - ribadito che l'eleggibilità è la regola, l'ineleggibilità l'eccezione (cfr. sent. N. 143/2010, 283/2010). Ciò ha comportato la pronuncia di illegittimità di numerose fattispecie restrittive del diritto di elettorato passivo (vedi sentenza n. 344/1993, sent. 376/2004 Corte Costituzionale). La Corte Costituzionale, inoltre, con specifico riferimento alla potestà legislativa esclusiva di una regione a statuto speciale , proprio in tema di ineleggibilità ed incompatibilità, ha in più occasioni affermato che la disciplina regionale d'accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale a causa della esigenza di uniformità in tutto il territorio nazionale (sentenza n. 288/2007). Con la medesima sentenza sopra citata, nondimeno la Corte ha richiamato anche il proprio orientamento secondo cui discipline legislative differenziate possono essere ammissibili, ma solo "in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti le quali siano esclusive, per le regioni a statuto speciale ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli e finalizzati alla tutela di un interesse generale".

Infatti, l'obiettivo è quello di "assicurare la primaria esigenza dell'autenticità della competizione elettorale" (sentenza n. 5/1978 Corte Costituzionale). Deve, dunque, sussistere un nesso di necessarietà e proporzionalità fra la limitazione e questi obiettivi, accertando che la ineleggibilità sia proporzionata al fine e "non finisca piuttosto per alterare i meccanismi di partecipazione dei cittadini alla vita politica". In sostanza è necessario un "bilanciamento tra il diritto individuale di elettorato passivo… e la tutela delle cariche pubbliche" onde evitare indebite influenze sulla par condicio della competizione elettorale (sentenza n. 306/2003)

Invero è ammessa la possibilità di introdurre deroghe alla normativa vigente su tutto il territorio dello Stato purchè avvenga "nei limiti strettamente necessari alla tutela di altro interesse costituzionalmente protetto e secondo la regola della necessità e della ragionevole proporzionalità" (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 141/1996).

Detti limiti devono essere osservati anche dalle Regioni a statuto speciale. Infatti la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ripetutamente messo in luce che: "la disciplina regionale sui requisiti d'accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa dell'esigenza di uniformità su tutto il territorio nazionale… quale che sia la Regione di appartenenza… In realtà è proprio il principio di cui all'articolo 51 della Costituzione a svolgere il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con il carattere dell'inviolabilità (ex art. 2 Cost.), sicchè il principio si propone come riserva di legge rinforzata che obbliga il legislatore statale ad assicurarne il godimento in condizioni di uguaglianza" (sent. N. 288/2007).

Nella fattispecie in esame, l'ineleggibilità e incandidabilità del Presidente della Regione al successivo turno elettorale in caso di dimissioni rassegnate dalla stesso, non è ragionevolmente giustificabile, considerato che deve comunque sussistere un nesso di necessarietà e proporzianalità tra la limitazione e l'obiettivo prefissatosi, in quanto nella materia dell'elettorato passivo la regione può introdurre deroghe, soltanto in relazione a situazioni peculiari della Regione, e in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela dell'interesse generale, che tuttavia mancano nel caso di specie.
Pertanto, le disposizioni regionali apparendo prive delle suddette argomentazioni giustificatrici, nell'operare il restringimento del diritto di elettorato passivo, finiscono per violare il precetto costituzionale contenuto negli articoli 3 e 51 della Costituzione.

Si ritiene pertanto di promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale della legge statutaria.

« Indietro