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Indizione del referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto. (19-6-2014)
Veneto
Legge n.16 del 19-6-2014
n.62 del 24-6-2014
Politiche ordinamentali e statuti
8-8-2014 /
Impugnata
Con la legge regionale in esame, agli articoli 1, 2 e 3, la Regione Veneto disciplina l'indizione di un referendum consultivo sul riconoscimento del Veneto quale Repubblica indipendente e sovrana. La data del referendum viene rinviata ad un provvedimento del Consiglio regionale. E' dato mandato, inoltre, al Presidente del Consiglio regionale di avviare contatti con le istituzioni dell' Unione Europea e delle Nazioni Unite, a garanzia dell'effettiva indizione del referendum, il monitoraggio dello stesso e l'accertamento sull'effettiva volontà del popolo veneto nel merito di tale questione.
La legge regionale è censurabile per le seguenti motivazioni:
Il referendum non riguarda l'attivazione del procedimento previsto dall'articolo 116, terzo comma della Costituzione, ma si pone come una fase, non compatibile con l'articolo 138 della Costituzione, di un procedimento il cui obiettivo è in contrasto con i principi di unità ed indivisibilità della Repubblica sanciti dall'articolo 5 della Costituzione.
Le disposizioni della legge in esame, quindi, contrastano con il principio di unità ed indivisibilità della Repubblica (art. 5), articolata in enti territoriali tra i quali le Regioni (art. 114) che, conseguentemente, ne costituiscono parte indefettibile, atteso che l’articolo 131 della Costituzione ha provveduto a svolgerne un’elencazione puntuale.
Il carattere unitario ed indivisibile della Repubblica, infatti, condiziona e subordina le autonomie regionali.
Appare evidente che la richiesta referendaria contenuta nel provvedimento normativo va ad incidere sull’assetto costituzionale vigente, e ciò non è ammissibile alla luce degli articoli 138 e 139 della Costituzione.
Vengono in rilievo, in proposito, i principi enunciati dalla Consulta in ordine ai limiti dei referendum consultivi regionali che seppure “ sul piano giuridico formale non sono vincolanti e non concorrono a formare la volontà degli organi che li hanno indetti, restano, però, espressione di una partecipazione politica popolare (…) che ha una spiccata valenza politica ed ha rilievo sul piano della (…) connessa responsabilità politica, quale espressione di orientamenti e di valutazioni in ordine ad atti che l'organo predetto intende compiere. Il loro esito potrebbe condizionare gli atti da compiersi in futuro e le scelte discrezionali che spettano a determinati organi centrali(…). Rispetto ai referendum consultivi regionali, si pongono necessariamente dei limiti, proprio per evitare il rischio di influire negativamente sull'ordine costituzionale e politico dello Stato” (Sent. n. 256/1989).
Con questa legge regionale vengono quindi in rilievo due questioni: l'unità e l’indivisibilità della Repubblica italiana di cui all’articolo 5 della Costituzione nonché il ruolo della procedura referendaria in materia costituzionale e la sua configurazione rispetto ai termini in cui è delineato dall'art. 138 della Costituzione.
Su entrambe le questioni è già intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza 496 del 2000, che aveva dichiarato costituzionalmente illegittima la legge della Regione Veneto, riapprovata l’8 ottobre 1998, recante “Referendum consultivo in merito alla presentazione di proposta di legge costituzionale per l'attribuzione alla Regione Veneto di forme e condizioni particolari di autonomia”.
Con tale pronuncia, la Consulta ha rilevato l'illegittimità dell'attribuzione alla popolazione regionale di "un ruolo che incrina le linee portanti del disegno costituzionale proprio in relazione ai rapporti tra l'istituto del 'referendum' e la Costituzione... infatti, mentre l'art. 138 Cost. attribuisce la decisione di revisione costituzionale "primariamente alla rappresentanza politico-parlamentare", in quanto al popolo non è assegnata la funzione di "propulsore dell' innovazione costituzionale" e non può intervenire se non nelle forme tipiche, la legge regionale disegnava invece un procedimento referendario al quale era coessenziale il mutamento dell'ordinamento costituzionale. Tale mutamento si poneva in palese contrasto con i principi di unità e indivisibilità della Repubblica di cui all'articolo 5 della Costituzione che "non lasciano alcuno spazio a consultazioni popolari regionali che si pretendano manifestazione di autonomia".
La legge in oggetto presenta le stesse criticità ravvisate dalla citata sentenza in merito alla legge regionale del 1998. Infatti, anch'essa ha l'obiettivo di chiamare il popolo della Regione Veneto a intervenire su modifiche costituzionali, con l'effetto di alterare il disegno costituzionale relativo al rapporto tra referendum e modifiche costituzionali nel quale è coinvolto, solo in fase successiva all'intervento della rappresentanza parlamentare, l'intero popolo e non una parte di esso. Analogamente alla legge regionale già scrutinata dalla Corte, anche per la legge in oggetto non può invocarsi la natura consultiva del referendum e quindi un ruolo di autonomo soggetto politico del corpo elettorale più che di innovatore costituzionale in quanto "l'autonomia non può essere invocata per dare sostegno e forma giuridica a domande referendarie che investono scelte fondamentali di livello costituzionale" (sentenza 496 del 2000 cit.).
In particolare, la Corte alla domanda se il “popolo”, pur nella sua più limitata dimensione di corpo elettorale regionale, possa essere chiamato a pronunciarsi su provvedimenti intesi ad innovare l’ordinamento a livello costituzionale, ha dato risposta negativa precisando che “la decisione politica di revisione è opzione rimessa in primo luogo alla rappresentanza politico-parlamentare” (Sent. n. 496/2000).
Palesemente illegittimo è anche il riferimento, contenuto nel quesito referendario di cui all'articolo 1, comma 1 della legge in esame, al concetto di “sovranità” della Regione Veneto (art. 1).
Anche in ordine a tale profilo, deve rilevarsi il contrasto con la Costituzione (art. 114) che fa riferimento alle Regioni “sempre e solo in termini di autonomia, ma mai in termini di sovranità, essendo quest’ultima riferita esclusivamente al “popolo” inteso come intera comunità nazionale” (Corte cost. sent. n. 365/2007). “Autonomia” e “sovranità” sono “concezioni tra loro radicalmente differenziate sul piano storico e logico” e la seconda è certamente estranea alla configurazione di fondo del regionalismo quale delineato dalla nostra Costituzione.
La sovranità, in particolare è un elemento tipico di ordinamenti statuali di tipo federale, in radice incompatibili con il grado di autonomia regionale attualmente assicurato nel nostro ordinamento costituzionale.
Si soggiunge, infine, che anche il riferimento al diritto del popolo Veneto all’”autodeterminazione”, contenuto nell’articolo 3, comma 2 della legge n. 16/2014, richiama un principio di diritto internazionale che si rivolge ai popoli intesi come collettività di persone accomunate da origini, tradizioni, finalità, lingua, rapporti sociali. La Corte costituzionale ha censurato leggi regionali recanti espressioni quali “sovranità regionale” o “popolo regionale” in quanto suscettibili di determinare situazioni di privilegio limitatamente ad una categoria di soggetti invero appartenenti all’ordinamento nazionale (Sent. n. 365/2007).
Inoltre, l’articolo 3, commi 1 e 2, prevedono che: “1) Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto ed il Presidente della Giunta regionale del Veneto, in esecuzione della risoluzione n. 44 approvata con deliberazione n. 145 del 28 novembre 2012, si attivano con ogni risorsa a disposizione del Consiglio regionale e della Giunta regionale per avviare urgentemente con tutte le Istituzioni dell’Unione europea e delle Nazioni unite le relazioni istituzionali che garantiscano l’indizione della consultazione referendaria innanzi richiamata ed il monitoraggio delle procedure di voto al fine di accertare l’effettiva volontà del Popolo Veneto e convalidare l’esito del risultato finale. 2) Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto ed il Presidente della Giunta regionale del Veneto, in esecuzione della risoluzione n. 44 approvata con deliberazione n. 145 del 28 novembre 2012, sono tenuti a tutelare in ogni sede competente, nazionale ed internazionale, il diritto del Popolo Veneto all’autodeterminazione”.
Tali disposizioni si pongono in contrasto oltre che con i precedenti parametri costituzionali sopra evidenziati, anche con l’articolo 117, comma 1 e comma 2, lettera a) della Costituzione, che attribuiscono allo Stato la competenza esclusiva in materia di politica estera e rapporti internazionali dello Stato e rapporti dello Stato con l’Unione europea.
Infine, è censurabile l'articolo 4, che reca la norma finanziaria, in quanto gli interventi previsti dalla legge in esame e quantificati in euro 14.000.000,00 risultano privi della relativa copertura finanziaria - essendo incapiente lo stanziamento dell' UPB E0147 ad essa deputato - , in contrasto con l'articolo 81, comma 3, della Costituzione.
Alla luce dei motivi sopra esposti si ritiene di promuovere la questione di legittimità dinanzi alla Corte Costituzionale della legge regionale in esame.
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