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Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 24 e S.M.I. (7-10-2014)
Calabria
Legge n.22 del 7-10-2014
n.51 del 16-10-2014
Politiche socio sanitarie e culturali
12-12-2014 /
Impugnata
La legge della regione Calabria n. 22 del 2014, recante “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 24 e S.M.I.”, presenta profili di illegittimità costituzionale.
E’ opportuno premettere che la regione Calabria, per la quale si è verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tali da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato, il 17 dicembre 2009, un accordo con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che individua gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
La Regione Calabria, peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all'articolo 1, comma 180, della l. n. 311/04, nonché dall'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’articolo 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta del 30 luglio 2010, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina del Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Calabria, individuando lo stesso nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
Successivamente, ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, con la delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, il Commissario ad acta ha approvato Programmi operativi con i quali ha dato prosecuzione al Piano di Rientro 2007-2009.
A seguito delle dimissioni del Presidente della Regione del 29 aprile 2014, il Consiglio dei ministri, con delibera del 19 settembre 2014, ha conferito, ai sensi dell’art. 2, comma 84-bis, della l. n. 191 del 2009, l’incarico di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro al Gen. Luciano Pezzi, fino all’insediamento del nuovo Presidente della Regione. Tale delibera attribuisce in particolare, alla lettera b), al nuovo Commissario ad acta i contenuti del mandato commissariale già affidato al Presidente pro tempore con delibera del 30 luglio 2010, tra i quali era ricompresa “ l’attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamento istituzionale, mediante adeguamento della vigente normativa regionale”.
Ciò premesso, la legge regionale in esame presenta i seguenti aspetti d’illegittimità costituzionale:
1. Gli articoli 1 e 2 della legge in esame, nel prevedere, rispettivamente, la sostituzione dell’articolo 9 e l’introduzione dell’articolo 9-bis della legge regionale n. 24/2008, recante “Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private”, apportano modifiche al regime dell’autorizzazione e dell’accreditamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, disciplinando dettagliatamente, all’art. 1, la cessione dell’autorizzazione sanitaria e dell’accreditamento, e, all’art.2, la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio di un’attività sanitaria o socio-sanitaria.
Tali disposizioni, che incidono sul regime delle autorizzazioni e degli accreditamenti delle strutture sanitarie, dispongono interventi in materia di organizzazione sanitaria che esulano dal novero degli interventi ricompresi nel menzionato Piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario di cui all’accordo del 17 dicembre 2009 stipulato tra il Presidente della regione Calabria e i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze. Esse pertanto si pongono in contrasto con le previsioni di detto Piano, nonché con l’attuazione dello stesso, realizzata attraverso il menzionato mandato commissariale.
In particolare le disposizioni sopra menzionate esulano dalle determinazioni e dagli interventi riguardanti autorizzazioni e degli accreditamenti delle strutture sanitarie contenuti nel “Programma 5” del Piano di rientro, e interferiscono con le attribuzioni commissariali di cui alla lett. a), punto 9, del mandato commissariale del 2010, citato nella premessa, che assegnano al Commissario ad acta “l’attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamento istituzionale, mediante adeguamento della vigente normativa regionale”.
In particolare si segnala che il commissario ad acta, con proprio decreto n. 65 del 17 ottobre 2014 (pubblicato sul BURC n. 51 del 16 ottobre 2014) ha invitato il Consiglio regionale a provvedere, entro 60 giorni dalla pubblicazione del proprio decreto, all’abrogazione della legge regionale, ai sensi dell’art. 2, comma 80, della l. n. 191 del 2009.
L’art. 1 della legge in esame, inoltre, configurando una fattispecie speciale di cessione di azienda invade la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. l); entrambi gli articoli, 1 e 2, infine, consentendo cessioni automatiche degli accreditamenti e indicando tassativamente i casi di decadenza dall’autorizzazione, incidono sulla spesa sanitaria regionale, ponendosi in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Pertanto le disposizioni regionali in esame che modificano la disciplina in materia sanitaria in costanza di Piano di rientro dal disavanzo sanitario, e quindi di stretta competenza del Commissario ad acta, sono incostituzionali sotto un duplice aspetto:
a) interferiscono con le funzioni commissariali di cui alla lett. a), punto 9, del mandato commissariale del 2010, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Come confermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 110/2014, la giurisprudenza "ha più volte affermato che l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E, dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell'unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali". La giurisprudenza della Corte Costituzionale al riguardo è costante ed univoca (sul punto, si vedano le sentenze nn. 2/2010, 78/2011, 131/2012, 18/2013, 28/2013 e 79/2013).
La Corte Costituzionale inoltre, con sentenza n. 79/2013, ha ulteriormente precisato che anche "la mera potenziale situazione di interferenza con le funzioni commissariali è idonea - a prescindere dalla ravvisabilità di un diretto contrasto con i poteri del commissario - ad integrare la violazione dell' art. 120, secondo comma, Cost.".
b) le stesse disposizioni regionali, inoltre, prevedendo interventi in materia di organizzazione sanitaria non contemplati dal Piano di rientro, e in particolare dal “Programma 5” del Piano, riguardante le autorizzazioni e gli accreditamenti, si pongono in contrasto con i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali gli interventi previsti nell'Accordo e nel relativo Piano "sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”. La disposizione regionale in esame pertanto viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La Corte Costituzionale, con la citata sentenza n. 79 del 2013, ha ribadito, secondo il proprio consolidato convincimento, che «“l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”, peraltro in un “quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario” (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può “legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari” (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)».
In tale contesto, la Corte ha già più volte riconosciuto all’art. 2, commi 80 e 95, delle legge n. 191 del 2009, invocato dal ricorrente come parametro interposto, la natura di principio fondamentale diretto al contenimento della spesa sanitaria, ritenuto, come tale, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis: sentenze n. 79 del 2013, n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tale norma, analogamente all’art. 1, comma 769, lettera b), della legge n. 269 del 2006, ha, infatti, reso vincolanti per le Regioni che li abbiano sottoscritti, «gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato» (sentenza n. 79 del 2013).
2. L'art. 1, inoltre, configurando una fattispecie speciale, prettamente civilistica, di cessione di azienda, deroga alle norme generali del codice civile relative a questo istituto, contenute negli artt. 2556 e 2558 cod. civ., , in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. l).
3. Gli artt. 1 e 2 contrastano infine, sotto altro profilo rispetto a quello descritto al punto 1, sub b), con i principi di coordinamento della finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. Infatti la nuova disciplina della decadenza dall'autorizzazione sanitaria, prevista dall’art. 2, è idonea ad incidere potenzialmente sulla spesa sanitaria regionale, nella misura in cui i provvedimenti di decadenza sono ordinati, anche, a garantire la corretta gestione della spesa stessa da parte dei soggetti autorizzati: la previsione tassativa dei casi di decadenza operata da detto articolo potrebbe, infatti, essere intesa nel senso di impedire all'amministrazione regionale di disporre la decadenza in casi diversi, direttamente originati da cattiva gestione delle risorse finanziarie imputabile ai soggetti autorizzati.
Considerazioni analoghe possono rivolgersi anche nei confronti dell'art. 1, in considerazione del fatto che autorizzare nei casi ivi considerati le cessioni degli accreditamenti (e, soprattutto: v. comma 2, prevedere casi di cessione automatica, non necessitante autorizzazione) attenuerebbe il controllo sulla spesa sanitaria regionale dal punto di vista della selezione dei soggetti ammessi, in quanto accreditati, ad incidere su di essa.
4. L’art. 1 della legge in esame, che sostituisce l’art.9 della legge n. 24/2008, dispone, al comma 9 del nuovo art. 9, che, fino alla scadenza della gestione commissariale della regione, le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 4, riguardanti le condizioni e le procedure per la cessione dell’autorizzazione e dell’accreditamento, sono eseguite dal Commissario ad acta.
Tale disposizione, attribuendo specifiche funzioni al Commissario ad acta, che è un organo statale, viola l’articolo 117, comma 2, lettera g) della Costituzione, che riserva la materia dell’ “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato” alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Per i motivi esposti la disposizione sopra indicata deve essere impugnata ai sensi dell’art.127 Cost.
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