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Disposizioni in materia di enti locali. (9-12-2014)
Trentino Alto Adige
Legge n.11 del 9-12-2014
n.49 del 9-12-2014
Politiche ordinamentali e statuti
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE
La legge della Regione Trentino Alto Adige n. 11/2014 recante: "Disposizioni in materia di enti locali", è stata oggetto di impugnazione governativa, giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 29/01/2015 per vari profili di illegittimità.
Tra le varie disposizioni impugnate, si censurava l'articolo 16 in materia di referendum popolari.
Tale disposizione prevede che nei Comuni della Provincia di Bolzano, la legittimità e la regolarità e quindi l’ammissibilità dei referendum popolari venga valutata da un'unica commissione composta secondo quanto previsto dall’art. 8 comma 1 della legge provinciale 18 novembre 2005 n. 11. Il citato art. 8 della legge provinciale che disciplina le consultazioni popolari di competenza Provinciale, prevede una commissione composta da:
a) un magistrato del Tribunale di Bolzano;
b) un magistrato della sezione di controllo della Corte dei Conti avente sede a Bolzano;
c) un magistrato della Sezione Autonoma della Provincia di Bolzano – Tribunale Regionale della Giustizia Amministrativa.
Tale norma viola la potestà regolamentare dei comuni in materia di consultazioni popolari all'interno dello stesso comune, in quanto la potestà statutaria dei comuni riguarda una materia di propria competenza tra cui anche l'introduzione e la regolamentazione delle forme di partecipazione popolare all'interno del territorio comunale, ponendosi in contrasto con l'articolo 114, comma 2 della Costituzione.
Inoltre, la normativa introdotta per la composizione della commissione è incostituzionale anche sotto un altro aspetto. La legge provinciale o regionale non può attribuire funzioni obbligatorie ad organi dello stato, imponendo loro di designare un rappresentante nelle diverse commissioni e di partecipare ai relativi lavori tramite il componente titolare o un suo delegato.
Pertanto, tale previsione eccede dalle competenze legislative attribuite alla regione dagli artt. 4, 5 e 6 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972) e viola la competenza esclusiva statale in materia di "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali" di cui all’art. 117, secondo comma, lett. g).
La Regione Trentino Alto Adige, successivamente, con legge regionale n. 5/2015, recante: "Modifiche alla legge regionale 9 dicembre 2014, n. 11 recante (Disposizioni in materia di enti locali)", assentita dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 23 giugno 2015, ha inteso recepire i rilievi governativi disponendo all'articolo 1, comma 1 lett. a) che, dopo le parole "dei referendum popolari" siano inserite le parole", sulla base di quanto stabilito nei singoli statuti e regolamenti comunali”. Alla lettera b) lo stesso articolo sostituisce il comma 2 dell’art. 16 della l.r. n. 11/2014. Il nuovo comma, così modificato dispone che i componenti della Commissione per i procedimenti referendari vengano nominati dal Consiglio dei comuni, previa intesa tra il Consiglio dei comuni stesso e i Presidenti del Tribunale di Bolzano, della Sezione di controllo della Corte dei Conti avente sede a Bolzano e della Sezione autonoma per la provincia di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, e, vengano individuati tramite sorteggio, a cura del segretario del Consiglio dei comuni, di un membro effettivo e di un membro supplente nell'ambito di ciascuna delle tre terne di nomi proposte rispettivamente dai Presidenti medesimi. Inoltre, dopo il comma 5 dell’art. 16 della l.r. n. 11/2014 viene inserito il comma 5-bis in base al quale, fino alla nomina della Commissione, l'ammissibilità dei referendum popolari comunali viene valutata dall'organo previsto dal rispettivo statuto e regolamento comunale.
Per i suddetti motivi, sussiste il presupposto per la rinuncia parziale all'impugnazione della legge regionale Trentino Alto Adige n. 11/2014, limitatamente all'articolo 16 citato.
Permangono ancora validi, invece, gli altri motivi di impugnativa relativi all'articolo 11 della L.r. n. 11/2014, di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 29 gennaio 2015
29-1-2015 /
Impugnata
La legge n. 11 del 2014 della regione Trentino Alto Adige intende apportare talune modifiche modifiche alle disposizioni regionali in materia di enti locali.
La legge regionale in esame presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale:
1) L’art 11, che sostituisce il comma 1 dell'articolo 58 della legge regionale n. 4 del 1993, prevede che “Dall'entrata in vigore del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari) una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al comune, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604 e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante in misura pari al settantacinque per cento e fino ad un massimo di un quinto dello stipendio in godimento.".
La norma regionale in esame contrasta con le disposizioni contenute nell’art. 10 del menzionato d.l. n. 90 del 2014, convertito in l.n. 114 del 2014, che dispone, secondo quanto recita la rubrica, l'"abrogazione dei diritti di rogito del segretario comunale e provinciale e abrogazione della ripartizione del provento annuale dei diritti di segreteria”, e prevede in particolare al comma 2-bis che “ Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento”.
La norma regionale in esame, disponendo, con previsione retroattiva, che una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettanti al Comune sia attribuita “ai segretari comunali roganti”, comprende nel novero dei segretari comunali ai quali spetta il diritto di rogito anche i segretari comunali che hanno la qualifica dirigenziale, nonché i segretari comunali che prestano la propria attività lavorativa in enti locali dotati di dipendenti con qualifica dirigenziale, categorie queste che sono invece espressamente escluse dal menzionato comma 2-bis dell’art. 10 del d.l. n. 90 del 2014.
La norma regionale in esame, pertanto, estendendo il diritto di rogito a tutti segretari comunali, siano essi dirigenti o non dirigenti, contrasta con la nuova disciplina introdotta dall’ art. 10 del d.l. n. 90 del 2014. Detta norma statale infatti, dopo aver abrogato, al comma 1, la disciplina previgente riguardante i diritti di segreteria, contenuta nell’ art. 41, quarto comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 - che, con formulazione analoga a quella contenuta nella norma regionale in esame estendeva l’attribuzione dei diritti di segreteria a tutti i segretari comunali – prevede, al comma 2, che “Il provento annuale dei diritti di segreteria è attribuito integralmente al comune o alla provincia”, specificando, al comma 2-bis, che un quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al comune sia attribuito, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento, ai soli segretari comunali con funzioni non dirigenziali o che prestino la propria attività lavorativa in enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale.
La norma regionale in esame, disattendendo tali principi e prevedendo l’attribuzione di una quota dei proventi derivanti dai diritti di segreteria spettanti al comune anche ai segretari comunali con qualifica dirigenziale in misura pari al settantacinque per cento dei proventi e fino ad un massimo di un quinto dello stipendio dei dirigenti stessi, consente l’attribuzione a questi ultimi di somme ben più cospicue di quelle che spettano ai segretari che non abbiano detta qualifica, determinando un depauperamento delle risorse comunali. Tale previsione eccede dalla competenza in materia di “ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni” attribuita alla competenza esclusiva della Regione dall’art. 4, n. 3, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972) e contrasta con i principi di contenimento della spesa pubblica contenuti nelle disposizioni statali citate, e in particolare con il comma 2-bis dell’art. 10 del menzionato d.l. n. 90 del 2014. Ne consegue la lesione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica riservati alla legislazione statale dall’art. 117, terzo comma, Cost.
Inoltre la norma regionale in esame, rubricata "diritti di rogito", consentendo l'attribuzione di detti onerosi diritti ai segretari comunali dirigenti per tutti gli atti indicati nella tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 - e pertanto anche per semplici contratti standard, di contenuto predeterminato, stipulati a seguito dell’espletamento di gare per lavori, forniture e servizi – incentiva per la loro stesura, incidendo pertanto anche sulla forma che tali atti devono assumere, la forma dell’atto pubblico cui consegue il diritto di rogito. Così disponendo la norma regionale incide sulla disciplina degli atti successivi all’aggiudicazione, invadendo la materia dell’ordinamento civile, riservata alla legislazione statale, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost. la Corte Costituzionale con rifermento alle norme relative alle procedure di gara ed all'esecuzione del rapporto contrattuale ha affermato che «la fase negoziale dei contratti della pubblica amministrazione si connota per la normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico, sostituiti dall'esercizio di autonomie negoziali e deve essere ascritta all'ambito materiale dell'ordinamento civile di competenza esclusiva del legislatore statale» (sentenze n. 411 del 2008 e n. 401 del 2007).
La norma regionale in esame infine, incentivando la forma pubblica per la stipula dei menzionati contratti, comporta un aggravio dei costi per le imprese aggiudicatarie sul territorio regionale, creando una disparità di trattamento nei confronti delle imprese che si rendano aggiudicatarie sul resto del territorio nazionale, in violazione del principio di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost.;
2) L’ art. 16 prevede che, nei Comuni della Provincia di Bolzano, la legittimità e la regolarità e quindi l’ammissibilità dei referendum popolari venga valutata da un'unica commissione composta secondo quanto previsto dall’art. 8 comma 1 della legge provinciale 18 novembre 2005 n. 11. Il citato art. 8 della legge provinciale che disciplina le consultazioni popolari di competenza Provinciale, prevede una commissione composta da:
a) un magistrato del Tribunale di Bolzano;
b) un magistrato della sezione di controllo della Corte dei Conti avente sede a Bolzano;
c) un magistrato della Sezione Autonoma della Provincia di Bolzano – Tribunale Regionale della Giustizia Amministrativa. Tale previsione viola la potestà regolamentare dei comuni in materia di consultazioni popolariall'interno dello stesso comune, in quanto la potestà statutaria dei comuni riguarda una materia di propria competenza tra cui anche l'introduzione e la regolamentazione delle forme di partecipazione popolare all'interno del territorio comunale.
L’art. 77 del testo unico delle leggi regionali sull'ordinamento dei comuni della regione Trentino Alto Adige (DPReg. 1 febbraio 2005 n. 3/L – modificato dal DPReg. 3 aprile 2013 n. 25),
modificato con le disposizioni introdotte dalla legge regionale 2 maggio 2013 n. 3, coordinando l’art. 50 della legge regionale 4 gennaio 1993 n. 1 e art. 16 della legge 22 dicembre 2004 n. 7, conferisce agli statuti comunali ed in modo particolare al consiglio comunale il potere di disciplinare le modalità del procedimento del referendum, della consultazione e dell’iniziativa popolare. Conseguentemente i comuni hanno introdotto nei propri statuti forme di partecipazione popolare e hanno emanato appositi regolamenti, prevedendo nel contesto anche la nomina della commissione alla quale va affidato il compito di valutare l’ammissibilità del quesito referendario. Pertanto, tale disposizione si pone in contrasto con l'art. 114 comma 2 della Costituzione, che garantisce la potestà statutaria dei comuni ed eccede dalla competenza legislativa attribuita alla regione dall'articolo 4, punto 3) dello statuto in materia di "ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni".
Inoltre, la normativa introdotta per la composizione della commissione è incostituzionale anche sotto un altro aspetto. Con sentenza n. 2 del 2013 la Corte Costituzionale è intervenuta su una legge della Provincia Autonoma di Bolzano in materia di immigrazione, dichiarando l'incostituzionalità della norma che attribuisce un nuovo compito ad un ufficio statale, configurando ex lege il suo rappresentante come componente necessario di un organo provinciale. Secondo la Corte Costituzionale la previsione è in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera g) della Costituzione, che demanda alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali». La legge provinciale o regionale non può attribuire funzioni obbligatorie ad organi dello stato, imponendo loro di designare un rappresentante nelle diverse commissioni e di partecipare ai relativi lavori tramite il componente titolare o un suo delegato. A giudizio della Corte Costituzionale il legislatore provinciale o regionale non può inserire tra i membri di una commissione interna, funzionari a carico di organi o amministratori dello stato, attribuendo loro specifiche nuove funzioni. Questo principio è stato confermato anche in altre sentenze (Corte Costituzionale 134/2004, 30/2006, 10/2008, 2/2013).
Pertanto, tale previsione eccede dalle competenze legislative attribuite alla regione dagli artt. 4, 5 e 6 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972) e viola la competenza esclusiva statale in materia di "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali" di cui all’art. 117, secondo comma, lett. g).
Per i motivi suesposti, si ritiene di promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte Costituzionale.
A 50 anni dall'istituzione delle Regioni a statuto ordinario, un volume approfondisce lo stato ed i tempi di sviluppo economico e sociale conseguito a livello regionale, le modalità di confronto tra Stato e Regioni, le opportunità di finanziamento da parte dell'Unione Europea e altri temi rilevanti sul ruolo delle Regioni.
Il Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie è promotore del Progetto ReOPEN SPL, finalizzato a supportare gli enti territoriali con competenze nei settori di acqua, rifiuti e trasporti, anche attraverso attività di ricerca e analisi territoriale.
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