Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per l’esercizio del trasporto pubblico non di linea e norme concernenti il ruolo dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di linea. (7-8-2023)
Calabria
Legge n.37 del 7-8-2023
n.175 del 8-8-2023
Politiche infrastrutturali
5-10-2023 / Impugnata
La legge regionale, che detta disposizioni volte a regolamentare l’esercizio del trasporto pubblico non di linea e il ruolo dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di linea, eccede dalle competenze regionali ed è quindi censurabile relativamente alla disposizione contenuta nell’articolo 2, comma 4, che, per le motivazioni di seguito illustrate, si pone in contrasto con la disciplina statale interposta e viola la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. In particolare:

L’articolo 2, comma 4, della legge regionale in esame riconosce ai Comuni la facoltà di prevedere, in via sperimentale, forme innovative di servizio all’utenza, con obblighi di servizio e tariffe differenziate, ai fini del rilascio di apposite autorizzazioni, su richiesta dei titolari di licenza del servizio di taxi o dei soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere b) e c), della legge 15 gennaio 1992, n. 21.
In merito si evidenzia che, ai sensi dell'articolo 2 della legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), al comma 3-bis, inserito dal legislatore nazionale con decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, è consentito “ai Comuni di prevedere che i titolari di licenza per il servizio taxi possano svolgere servizi integrativi quali il taxi ad uso collettivo o mediante altre forme di organizzazione del servizio”.
Analogamente, l’articolo 6, comma 1, lett. e), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, recante interventi per il potenziamento del servizio di taxi, ha previsto che i Comuni possono adottare “in via sperimentale forme innovative di servizio all’utenza, con obblighi di servizio e tariffe differenziati, rilasciando a tal fine apposite autorizzazioni ai titolari di licenza del servizio di taxi o ai soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, lett. b) e c), della citata legge n. 21 del 1992”.
Le citate disposizioni statali sono il frutto di una disciplina in tema di concorrenza, il cui effetto è quello di consentire una configurazione del servizio taxi aperta a forme di mobilità collettiva di recente sviluppo o, comunque, dotata di una duttilità tale da garantire esigenze specifiche dell’utenza, con connessa possibilità di differenziazione delle tariffe e degli obblighi di servizio. Una possibile modulazione, quindi, la cui concreta organizzazione e operatività è rimessa ai Comuni, direttamente o per il tramite di una specificazione normativa a livello regionale, sul presupposto che il “servizio pubblico” (id est il servizio taxi connesso ad obblighi di servizio e a regolamentazione tariffaria) debba tendenzialmente adeguarsi alle peculiari esigenze territoriali e al locale fabbisogno di mobilità.
Nulla ha invece previsto per il servizio di noleggio con conducente, il quale rimane presidiato da principi di uniformità su tutto il territorio.
A conferma della limitazione del perimetro soggettivo ai soli titolari di licenza taxi, si osserva che l’art. 6 comma 1 lett. e) è interamente dedicato al servizio taxi, come si evince univocamente dalla rubrica dello stesso, e coerentemente non richiama le forme organizzative che sono proprie del noleggio con conducente (lett. d dell’art. 7 comma 1 della legge 21/92).
Trattasi di un assetto che individua anche un punto di equilibrio (per usare le parole della Corte costituzionale cfr. sentenza n. 56/2020) dell’assetto concorrenziale in cui operano i diversi operatori economici (tassisti e noleggiatori).
Da tali disposizioni, che rappresentano, come sopra detto, espressione dell’applicazione della tutela della concorrenza la cui competenza è esclusiva dello Stato, discende che la possibilità di prevedere, in via sperimentale, forme innovative di servizio all’utenza è concessa solamente con riferimento al servizio di taxi.
In questo quadro ordinamentale, la Regione Calabria, con l’articolo 2 comma 4 della legge regionale in esame, ha, invece, riferito le innovative modalità organizzative, non solo agli esercenti il servizio taxi, ma anche agli NCC, così consentendo anche a questi ultimi di essere destinatari di provvedimenti che autorizzano forme innovative di servizio.
La disposizione regionale, infatti, richiama, quando individua il perimetro dei soggetti legittimati a richiedere l’autorizzazione all’esercizio delle forme innovative di gestione del servizio, anche i soggetti di cui all’articolo 7 comma 1, lettere b) e c) della legge 21 del 1992 (ossia cooperative di produzione e lavoro o servizi, composte da noleggiatori; ovvero consorzi tra imprese artigiane costituite da noleggiatori). La norma regionale, dunque, pur riportando testualmente quanto enunciato nell’articolo 6, comma 1, lettera e), del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, non prevede espressamente che tale disposizione si riferisca solo al servizio taxi, ma delinea un ambito di applicazione più ampio, coinvolgendo anche il servizio di noleggio auto con conducente, così ledendo la prerogativa statale in materia di tutela della concorrenza, ex art. 117, co. 2, lett. e), della Costituzione.
Diverse pronunce della Corte costituzionale, da ultimo la sentenza 56 del 2020, chiariscono che anche se il trasporto pubblico locale rientra nella competenza regionale residuale (sentenze 5/2019; 137/2018; 78/2018; 30/2016; 452/2007), in tale settore, lo Stato può esercitare la propria competenza esclusiva in materia di concorrenza, stante la natura trasversale della stessa. Inoltre, la Corte si sofferma sul carattere prevalente della tutela della concorrenza rispetto alla disciplina regionale, concorrente o residuale (sentenze 83/2018; 165/2014; 38/2013; 299/2012). È lo Stato, pertanto, che definisce «il punto di equilibrio tra il libero esercizio dell’attività di NCC – che si colloca a sua volta nel suo proprio mercato – e l’attività di trasporto esercitata dai titolari di licenze per taxi» (in tali termini la richiamata sentenza n. 56/2020).
La nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lett. e), dell'art. 117 Cost., nell'ambito dell' individuazione delle materie di esclusiva attribuzione legislativa dello Stato, dunque, pacificamente include gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, ed in particolare quelli che disciplinano le modalità di esercizio delle attività economiche, il regime di accesso al mercato e il libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese.
Tale competenza è stata esercitata dallo Stato con le disposizioni di rango primario di cui all’articolo 2, comma 3-bis della citata legge n. 21 del 1992, “Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”, e all’articolo 6, comma 1, lettera e) del decreto-legge n. 223 del 2006.
La normativa regionale in esame appare dunque all'evidenza lesiva della predetta competenza statale, nella misura in cui riconosce ai Comuni la facoltà di prevedere, in via sperimentale, forme innovative di servizio all’utenza, riferendosi sia al servizio taxi che al servizio di noleggio con conducente, ponendosi in contrasto con i principi di regolazione del mercato relativo al settore dei trasporti pubblici non di linea, espressione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.

Per le ragioni esposte, l’articolo 2, comma 4 della legge regionale deve essere impugnato ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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