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Disposizioni straordinarie per la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (26-3-2015)
Molise
Legge n.3 del 26-3-2015
n.7 del 27-3-2015
Politiche socio sanitarie e culturali
18-5-2015 /
Impugnata
La legge della regione Molise 26 marzo 2015, n. 3, recante “disposizioni straordinarie per la garanzia dei Livelli essenziali di assistenza”, presenta profili d’illegittimità costituzionale per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute e di coordinamento di finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. e per violazione dell’art. 120 Cost.
La legge regionale in esame detta disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato a garanzia dei livelli essenziali di assistenza. In particolare l’articolo 2 della legge regionale citata, al comma 1, prevede che “[….] l’Azienda sanitaria del Molise (ASReM) e gli enti del Sistema sanitario regionale (SSR), in relazione al proprio effettivo fabbisogno e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia nonché dal Decreto del Commissario ad acta n.4 del 1 febbraio 2010, in attuazione di quanto disposto dal decreto-legge del 31 agosto 2013, n.101, convertito con modificazioni dalla legge del 30 ottobre 2013, n.125, possono disporre la proroga, anche fino al 31.12.2016, dei contratti di lavoro a tempo determinato in scadenza nel periodo di vigenza della presente legge. Tale disposizione si applica esclusivamente ai soggetti che hanno maturato alla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge del 31 agosto 2013, n.101, almeno tre anni anche non continuativi alle proprie dipendenze”.
Il comma 2 del medesimo articolo 2 dispone che “la proroga dei contratti di cui al comma 1 non è considerata nuova assunzione”.
Il comma 3 dell’articolo 2 aggiunge che “[….] l’ASReM e gli enti del SSR possono disporre la proroga degli incarichi originari di collaborazione coordinata e continuativa, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico, nei limiti della disponibilità complessiva dei finanziamenti assegnati ai sensi dell’articolo 1, comma 34 e 34 bis, della legge 23 dicembre 1996, n.662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale”.
Infine il comma 4 dell’articolo 2 prevede che “[…] i contratti libero professionali in essere del personale infermieristico operante presso gli istituti penitenziari del Molise possono essere prorogati con oneri a carico del progetto “Sanità Penitenziaria e territorio”, approvato con decreto del Commissario ad acta n.88 del 2 novembre 2011, fino a concorrenza della disponibilità dei finanziamenti assegnati per la realizzazione di detta linea progettuale”.
Premesso quanto sopra in ordine ai contenuti della legge regionale in esame, occorre rilevare che la regione Molise è sottoposta a piano di rientro dal disavanzo sanitario, per l’attuazione del quale è stato, peraltro, nominato apposito Commissario ad acta, ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione.
Occorre, soprattutto, evidenziare che per la regione Molise opera il blocco automatico del turn-over del personale del servizio sanitario regionale, ai sensi dell' art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (come modificato dall’art. 2, comma 76, della Legge n. 191/2009 - Legge finanziaria 2010 e, da ultimo, dall’articolo 1, comma 583 della legge n. 190/2014 – legge di stabilità 2015).
Tale disposizione statale prevede, infatti, il blocco automatico del "turn over" del personale del SSR, in caso di disavanzo nel settore sanitario, accertato in esito al monitoraggio trimestrale. In particolare, ai sensi della predetta normativa, qualora venga accertata dagli organismi di verifica e monitoraggio una situazione di squilibrio economico-finanziario del settore sanitario, non tempestivamente ed adeguatamente “corretta”dalla Regione medesima, si applicano: il blocco automatico del turn over fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di verifica (dunque, nel caso di specie, come si vedrà, fino al 31 dicembre 2016); il divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo; nella misura massima prevista dalla vigente normativa l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive. Viene altresì specificato che i contratti stipulati in violazione del blocco automatico del turn over sono nulli e che, in sede di verifica annuale degli adempimenti, la Regione interessata è tenuta ad inviare una certificazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell’ente e dal responsabile del servizio finanziario, attestante il rispetto dei suddetti vincoli.
In ragione della citata normativa, nella Regione Molise, impegnata dal 2007 nel Piano di Rientro dai disavanzi del settore sanitario, il blocco automatico del turn-over è scattato nell’anno 2012. La predetta Regione ha rappresentato agli organismi di monitoraggio dei Piani di rientro (Tavolo adempimenti e Comitato Lea) di volersi avvalere della facoltà di ottenere la deroga reintrodotta dall’articolo 4-bis del Decreto -legge n. 158/2012, convertito nella Legge 189/2012, secondo cui: “nelle regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari nelle quali sia scattato per l'anno 2012 il blocco automatico del turn-over ai sensi dell'articolo 1, comma 174, della medesima legge n. 311 del 2004, e successive modificazioni, ovvero sia comunque previsto per il medesimo anno il blocco del turn-over in attuazione del piano di rientro o dei programmi operativi di prosecuzione del piano, tale blocco può essere disapplicato, nel limite del 15 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, qualora i competenti tavoli tecnici di verifica dell'attuazione dei piani accertino, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il raggiungimento, anche parziale, degli obiettivi previsti nei piani medesimi. La predetta disapplicazione è disposta con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport”.
La Regione Molise ha richiesto di poter usufruire della suindicata deroga, ma non ha, tuttavia, fornito alcuna documentazione a sostegno della “necessità di garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza”.
Nella riunione di verifica sullo stato di attuazione del piano di rientro dello scorso 9 aprile 2015, è stato accertato dai competenti tavoli tecnici che si sono realizzate, con riferimento al risultato di gestione dell’anno 2014 e precedenti, le condizioni per l’applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla legislazione vigente, vale a dire l’ulteriore incremento delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF per l’anno d’imposta in corso, rispettivamente nelle misure di 0,15 e 0,30 punti, l’applicazione del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello in corso e l’applicazione del divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo.
Di conseguenza, in ragione di quanto previsto dal richiamato articolo 1, comma 174, della legge 311/2004, come modificato, da ultimo, dall’articolo 1, comma 583 della legge n. 190/2014, nella Regione Molise il blocco automatico del turn over, in vigore dapprima fino al 31 dicembre 2015 (come accertato nella riunione di verifica del 19 febbraio 2014), vige fino al 31 dicembre 2016 (come attestato dai tavoli tecnici, nelle riunioni di verifica del 27 giugno e del 22 luglio 2014).
Per le predette ragioni, la disposizione contenuta nell’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge regionale in oggetto, in cui viene data la facoltà agli enti del SSR di “disporre la proroga, anche fino al 31 dicembre 2016, dei contratti di lavoro a tempo determinato in scadenza nel periodo di vigenza della presente legge”, nonché di prorogare gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, si pone in contrasto con le disposizioni normative nazionali sopra richiamate (il più volte citato articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004), che, è da ritenere, trovano specifica applicazione con riferimento a tutte le assunzioni di personale del Servizio sanitario regionale, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato.
Stante quanto sopra, è da ritenere che il più volte citato articolo 2, commi 1 e 3, della legge regionale in esame violi l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e di tutela della salute, rappresentati dal richiamato articolo 1, c. 174, della legge n. 311/2004, nonché dall’articolo 2, commi 82 e 85 della legge n. 191/2009. secondo i quali “gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la Regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne dei nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”.
A sostegno di quanto sopra esposto si fa presente che la giurisprudenza della Corte costituzionale è ormai consolidata nel censurare le norme adottate dalle Regioni sottoposte al Piano di rientro in violazione del blocco automatico del turn over.
A tale proposito appare utile richiamare la giurisprudenza in materia, in particolare la sentenza n. 77 del 2011, relativa proprio ad una norma, del tutto analoga, della stessa Regione Molise (art. 19, commi 1 e 2, L.R. n. 3/2010), che prevedeva la possibilità di prorogare i contratti in essere con il personale precario. In essa, il Giudice delle leggi ha rilevato come tale previsione disponesse “una proroga talmente ampia dei contratti di lavoro in essere con il personale precario (essa concerne, infatti, i contratti del personale di tutto il servizio sanitario regionale utilizzato con modalità di lavoro flessibili o assunto a tempo determinato o con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa) da comportare il serio rischio di pregiudicare l’obiettivo dei programmi operativi finalizzati all’attuazione del Piano di rientro”, e ne ha, pertanto, sancito l’incostituzionalità.
Di rilievo anche la sentenza n. 2 del 2010. che ha dichiarato l'illegittimità di una norma della Regione Lazio (art. 69, della L.R n. 14/2008), che pur essendo stata emanata in dichiarata attuazione degli obiettivi del piano di rientro, in realtà prevedeva forme di incentivazione economica non compatibili con il blocco del turn over; la sentenza n. 79 del 2013, con la quale è stata censurata la disciplina istitutiva del "registro tumori" della Regione Campania (L.R. n. 19/2012) nella parte in cui prevedeva, tra l'altro, il conferimento di nuovi incarichi professionali, in violazione del blocco delle assunzioni.
Si richiama inoltre la sentenza n. 110 del 2014 che ha dichiarato incostituzionali diverse disposizioni di una legge calabrese (art. 1, commi 1, 2 e 3, della L.R. n. 12 del 2013), che prevedevano la stabilizzazione di personale assunto a tempo determinato, in violazione delle norme sul blocco del turn over. In tale caso, oltretutto, il commissario ad acta per l’attuazione del Piano di Rientro aveva chiesto di avvalersi della deroga al blocco, ma al momento dell'adozione della legge, dichiarata illegittima, la deroga non era ancora operativa, non avendo la Regione completato alcune attività preliminari, quali la redazione della documentazione esplicativa.
Si deve, peraltro, ricordare che, nonostante la nomina del Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, la Regione Molise è stata ritenuta, in sede di verifica, inadempiente dal tavolo tecnico per la verifica degli inadempimenti regionali e dal comitato per la verifica dei livelli essenziali, a causa del permanere di criticità ed inadeguatezze nella gestione del servizio sanitario. La Regione, infatti, versa in una situazione di grave squilibrio finanziario. Le predette criticità hanno assunto dimensioni di tale importanza che recentemente il legislatore nazionale ha ritenuto opportuno intervenire per attenuare il disavanzo. Invero, la legge 23 dicembre 2014, n.190 (legge di stabilità), all’art.1, comma 604, ha previsto in favore della regione Molise lo stanziamento di 40 milioni di euro al fine di ricondurre la gestione nell’ambito dell’ordinata programmazione sanitaria e finanziaria nonché al fine di ricondurre i tempi di pagamento al rispetto della normativa dell’Unione europea, subordinatamente alla sottoscrizione dello specifico Accordo tra lo Stato e le regioni concernente l’intervento straordinario per l’emergenza economico-finanziaria del servizio sanitario della regione medesima e per il riassetto della gestione del servizio sanitario regionale.
Più in generale, occorre evidenziare che la norma regionale in esame prevede disposizioni in materia sanitaria che, nella Regione Molise, in virtù del predetto commissariamento, sono sottratte agli organi istituzionali regionali.
Come confermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 110/2014, la giurisprudenza "ha più volte affermato che l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E, dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell'unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali".
Di recente, inoltre, la Corte ha ulteriormente precisato che anche "la mera potenziale situazione di interferenza con le funzioni commissariali è idonea - a prescindere dalla ravvisabilità di un diretto contrasto con i poteri del commissario - ad integrare la violazione dell' art. 120, secondo comma, Cost.".
La giurisprudenza della Corte Costituzionale al riguardo è costante ed univoca (sul punto, si vedano le sentenze nn. 2/2010, 78/2011, 131/2012, 18/2013, 28/2013 e 79/2013).
Con riferimento al caso di specie, il Consiglio regionale del Molise, intervenendo in materia di contratti di lavoro a tempo determinato, ha interferito con le precipue competenze assegnate all’attuale commissario ad acta dal Governo con delibera del Consiglio dei Ministri del 21 marzo 2013. Quest’ultima, infatti, nel conferire l’incarico al predetto commissario, gli ha attribuito le funzioni che le precedenti delibere del 20 gennaio 2012 e del 7 giugno 2012 attribuivano, rispettivamente, al precedente Commissario ad acta, nominato nella persona del Presidente pro-tempore della Regione, e al successivo Commissario ad acta nominato, ai sensi dell’articolo 2, comma 84, della legge n.191/2009 in conseguenza della non completa attuazione degli obiettivi affidati al medesimo Presidente pro-tempore della Regione con la citata delibera 20 gennaio 2012. In particolare, la delibera del 20 gennaio 2012 attribuiva al Commissario ad acta, al punto 13, lettera a), l’obiettivo di “razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale con particolare attenzione: all’effettiva attuazione, da parte dell’ASREM, del blocco totale del turn-over per il personale a tempo indeterminato ai sensi dell’articolo 1, comma 174, della legge n.311 del 2004 e successive modificazioni”. La lettera b) del medesimo punto affida al Commissario l’obiettivo specifico dell’attuazione “da parte dell’ASREM di quanto previsto dall’articolo 9 del decreto-legge n. 78/2010”. E’ appena il caso di anticipare, riservandosi di approfondire tale profilo più avanti, che il decreto-legge n. 78/2010, all’articolo 9 detta proprio i limiti di spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Inoltre la delibera del 7 giugno 2012, nell’affidare al nuovo Commissario ad acta, nominato ai sensi dell’articolo 2, c. 84, della legge n. 191/2009 gli obiettivi prioritari del Piano di rientro e dei successivi Programmi operativi, non compiutamente realizzati dal Presidente pro-tempore in funzione di Commissario ad acta, richiama la precedente delibera di nomina del 24 luglio 2009 che, al punto 5, prevede “la realizzazione e il contenimento della spesa per il personale, con particolare riferimento al blocco del turn-over (comprensivo di tutte le forme di lavoro, ivi inclusa quella interinale), alla rideterminazione dei fondi per la contrattazione integrativa aziendale e alla diminuzione delle posizioni organizzative e di coordinamento”.
Per le ragioni su esposte, considerato che il Commissario ad acta è titolare del mandato ad attuare gli obiettivi di contenimento della spesa per il personale, comprensivo di quello a tempo determinato o con convenzioni, o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, la legge regionale in esame, consentendo la proroga di tali tipologie di contratto, interferisce con i predetti poteri commissariali, in violazione dell’articolo 120 Cost.
Quanto alla circostanza che la legge regionale in esame si qualifica come attuativa del decreto-legge n. 101/2013, che disciplina le procedure e le condizioni per la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, occorre evidenziare che tale auto-qualificazione è da ritenersi inammissibile e che, anzi, la predetta legge regionale contrasta anche con i limiti e le condizioni previste dal richiamato decreto-legge, come di seguito illustrato.
L’articolo 4, comma 6, del citato decreto-legge n. 101/2013, prevede che a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, e fino al 31 dicembre 2016 (termine poi prorogato al 31 dicembre 2018 dall’art. 1, c. 426 della legge n. 190/2014), le pubbliche amministrazioni “[…] possono bandire, nel rispetto del limite finanziario fissato dall'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, nonché dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, procedure concorsuali, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale riservate esclusivamente a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto hanno maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando […]”.
Occorre subito rilevare che tale disposizione prevede che le procedure di stabilizzazione ivi consentite devono essere effettuate nel rispetto, oltre che di altre condizioni, dei “vincoli assunzionali previsti dalla normativa vigente”. Tra questi è certamente da ritenere che rientri il blocco del turn-over previsto dal richiamato articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004.
Il comma 9 del medesimo articolo 4 del decreto-legge n. 101/2013, poi, prevede che, fino alla conclusione delle procedure concorsuali finalizzate alla stabilizzazione del predetto personale precario, le pubbliche amministrazioni possano prorogare i contratti a tempo determinato dei soggetti in possesso di determinati requisiti. Tuttavia, anche in tal caso la facoltà di proroga è subordinata ad una serie di condizioni. La disposizione citata, infatti, recita testualmente che “le amministrazioni pubbliche che nella programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, riferita agli anni dal 2013 al 2016, prevedono di effettuare procedure concorsuali ai sensi dell'articolo 35, comma 3-bis, lettera a) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o ai sensi del comma 6 del presente articolo [ovvero del comma che prevede la richiamata procedura di stabilizzazione], possono prorogare, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia e, in particolare, dei limiti massimi della spesa annua per la stipula dei contratti a tempo determinato previsti dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che hanno maturato, alla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto, almeno tre anni di servizio alle proprie dipendenze. La proroga può essere disposta, in relazione al proprio effettivo fabbisogno, alle risorse finanziarie disponibili e ai posti in dotazione organica vacanti, indicati nella programmazione triennale di cui al precedente periodo, fino al completamento delle procedure concorsuali e comunque non oltre il 31 dicembre 2016”.
Si deve notare, a tal riguardo, che l’eventuale proroga prevista dalla citata disposizione è una proroga “finalizzata”, cioè strumentale all’effettuazione delle procedure di stabilizzazione. Di conseguenza, ove le predette procedure di stabilizzazione non possano essere poste in essere, a causa dei richiamati vincoli derivanti dalla normativa vigente – come è da ritenere avvenga nel caso di specie – anche le proroghe in questione non possono essere disposte.
Occorre, in ogni caso, evidenziare che la richiamata disposizione di cui all’articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 101/2013, sancisce che anche l’eventuale proroga debba avvenire nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia e, in particolare dei “limiti massimi della spesa annua per la stipula dei contratti a tempo determinato previsti dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78”. Quest’ultimo prevede che a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche “[…] possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.”
Tali limiti e condizioni sono richiamati anche dal DPCM 6 marzo 2015, che ha attuato, nel settore sanitario, le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 6, 7, 8 e 9, del più volte richiamato decreto-legge n. 101/2013, ai sensi del comma 10 del medesimo articolo 4.
In particolare, l’articolo 2 del citato DPCM, nel disciplinare, con riferimento egli enti del SSN, le procedure concorsuali finalizzate alla stabilizzazione, prevede che queste possano essere effettuate nel rispetto “dei vincoli di contenimento della spesa di personale previsti dalla legislazione vigente, così come richiamati in premessa”. A tal proposito, si osserva che nelle premesse del DPCM in questione viene richiamato, espressamente, il più volte citato articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004, disposizione che, come ampiamente illustrato, prevede il blocco automatico del turn-over, alle condizioni e nei casi ivi indicati.
Tale vincolo, dunque, rende illegittima, per la regione Molise, la proroga dei contratti, atteso che, come detto, tale proroga è finalizzata alle procedure di stabilizzazione, che però, nella regione Molise, in virtù del blocco del turn-over, instauratosi in applicazione dell’articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004, non possono essere effettuate, per tutta la permanenza del blocco stesso.
In ogni caso, l’articolo 4 del citato DPCM, prevede che le eventuali proroghe dei contratti a tempo determinato, che possono essere disposte sino all’espletamento delle procedure concorsuali e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, ove consentite – ma, come visto, è da ritenere che, per le ragioni illustrate, tale facoltà di proroga, proprio in quanto finalizzata alle procedure di stabilizzazione, non possa essere esercitata dalla Regione Molise – debbano comunque avvenire nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78/2010, relativo ai vincoli di spesa sul personale a contratto a tempo determinato, più sopra illustrati. Si deve peraltro evidenziare che le norme recate dal citato articolo 9, comma 28, come espressamente previsto dallo stesso – e come ribadito dal DPCM – costituiscono “principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale”. Lo stesso articolo 4 del richiamato DPCM, inoltre, fa espressamente salvi, per le regioni sottoposte a piano di rientro, i vincoli previsti in detti piani.
Né, peraltro, può ammettersi che la regione sia legittimata ad adottare norme finalizzate a dare attuazione al richiamato articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78/2010, atteso che, come illustrato più sopra, tale attuazione è affidata al Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, ai sensi della lettera A), punto 13), lettera b), della delibera del Consiglio dei Ministri del 20 gennaio 2012, richiamata dalla delibera del 21 marzo 2013 (lettera C).
In ogni caso, quindi, la regione non è abilitata a dettare norme che interferiscano con i poteri del Commissario in materia di contenimento della spesa del personale a tempo determinato.
Per tutte le predette ragioni, è da ritenere che la legge regionale in esame sia illegittima, anche per contrasto con i principi fondamentali di cui all’articolo 4, commi 6 e 9 del decreto-legge n.101/2013 (da intendersi come principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica e di tutela della salute, atteso lo stretto legame tra qualità dei servizi resi ed efficienza degli stessi), nonché con gli articoli 2 e 4 del richiamato DPCM 6 marzo 2015, con conseguente violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Si ribadisce, inoltre, che la legge regionale in esame interferisce coi poteri del Commissario ad acta in materia di contenimento della spesa del personale, ostacolando l’attuazione degli obiettivi ad esso affidati dal Governo, con conseguente violazione dell’articolo 120 della Costituzione. Tale violazione è ravvisabile anche con riguardo all’articolo 2, comma 4, della legge regionale in esame, che prevede la proroga dei contratti libero-professionali in essere del personale infiermeristico operante presso gli istituti penitenziari regionali. Anche nei confronti di tale disposizione regionale si ravvisano infatti i profili d’incostituzionalità sopra formulati in ordine all’art. 2, commi 1, 2 e 3.
Per i motivi esposti l’intera legge regionale, avente contenuto omogeneo e recante disposizioni strettamente connesse tra loro, o, in subordine, gli articoli specificamente indicati e le disposizioni ad essi collegate debbono essere impugnati dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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